Dopo “Accattone” a Pasolini era stata mossa una critica: il film mostrava il mondo degli emarginati, delle persone fuori della storia, ma non mostrava il mondo della gente normale. Con Mamma Roma Pasolini ha voluto rimediare a questa mancanza, e infatti la Magnani è una prostituta che, per amore del figlio, cerca di entrare nella buona società. Non ci riesce, ovviamente.
Ettore morto viene ripreso in un modo da ricordare il Cristo morto del Mantegna, quasi a dire: guardate che questa è una morte sacra, questo è un sacrificio, questo qui è una vittima. Vittima di chi o di cosa?
“Di chi è la colpa” se le cose vanno male, se qualcosa non va? E’ una domanda che è stata fatta nel corso del film. Mi richiama alla mente l’intento de “La rabbia”, il documentario scritto con Guareschi.
Pasolini era un uomo che sentiva tremendamente la nostalgia del passato (“io sono una forza del passato” dirà in una delle poesie composte durante le riprese del film), avvertiva la perdita del sacro e l’avvento della modernità e del consumismo come una profanazione. Se a ciò si aggiunge l’amore per il mondo contadino, davvero ci si chiede come mai si sono beccati lui e Guareschi. Partivano da un comune sentire, ma si sono scontrati sulle modalità per raggiungere l’obiettivo comune, l’essere umano. Paolo ha rimproverato a Guareschi di essere, come ogni umorista, un reazionario, e Giovannino ha rimproverato a Pasolini di essere un comunista, e pertanto di non pensare con la sua testa. Se ritornassero a vivere ai giorni nostri penso che si darebbero la mano e si metterebbero a piangere.