Alonso e i visionari (Anna Maria Ortese)

Rispetto a “Poveri e semplici”, la lettura è più piacevole. Intanto non è inficiata da tutti i vezzeggiativi del libro che ha vinto lo Strega; e poi, la storia è più avvincente.

Si inizia con un omicidio, che però forse è un suicidio: siamo alla fine degli anni Cinquanta e la vittima è Julio Decimo, un giovane scapestrato a capo di una banda di malviventi. Julio è il figlio del professor Decimo, che ha passato la vita a dimostrare la necessità di un approccio razionale alla vita.

La vicenda è narrata trent’anni dopo dal professor Op, l’amico americano di Decimo, mentre si trova in vacanza in Italia dalla compatriota Stella Winter.

Oltre ai personaggi umani, la vicenda ruota attorno al puma Alonso. L’animale è stato portato in Italia dal professor Decimo per accontentare il figlio più piccolo, e subito si rivela un essere fuori dall’ordinario per dolcezza e attaccamento al bambino.

Ma la storia si ingarbuglia quando la figura del puma si sovrappone a quella di alcuni esseri umani, in primis, il custode del professor Decimo, che viene descritto a volte un sempliciotto e a volte un criminale; e poi si sovrappone ad altri animali che saltano fuori nel corso della storia e scombussolano molte menti.

Perché ad un certo punto, il puma muore. O forse muore due volte. O forse non è mai esistito, o forse è immortale… la vicenda si mescola con il vaneggiamento e il puma diventa il simbolo del mondo degli umili, o forse Dio stesso.

E’ un libro immaginifico con una prosa esigente, che solo nelle ultime pagine cede all’abitudine dell’autrice di eccedere con i vezzeggiativi (ne ho trovati solo tre: capino, gambina, grembiuletto, che per me sono comunque tanti).

L’invito è di lasciare sempre una ciotola piena d’acqua a disposizione del puma o di quello che esso rappresenta.

L’interpretazione è personale.

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