Ovvero, come scrivere un bel libro parlando di vite squallide.
“Fine” narra la storia di cinque amici a Rio de Janeiro partendo dalla fine: sono morti. Lo sappiamo fin dall’inizio, che sono morti, e, personaggio dopo personaggio, assumendo ogni volta il punto di vista di uno di loro, riviviamo gli eventi fondamentali delle loro vite.
Inizia Alvaro, che da anni non sa insieme ad Irene, e che muore investito sulla strada: non so chi sia più cinico tra i due. Quando Irene scopre che il marito è morto, ne brucia perfino i vestiti, e se va al funerale è solo per accontentare la figlia.
Poi c’è Ribeiro, che non si sposerà mai, e che vive con la sorella Celeste: fa un uso continuativo del Viagra, e sembra che sia proprio la pasticca blu a causare la sua morte. Non riuscirà mai a realizzare il suo sogno: Ruth.
Ruth infatti è la moglie di Ciro, quello che è considerato il migliore tra i cinque amici: avvocato, colto, innamoratissimo della moglie fin dal primo incontro. Tutto fila a meraviglia per i primi dieci anni, poi, una mattina, Ciro si sveglia e si accorge che è stanco della vita matrimoniale. Ruth ne farà una vera e propria malattia.
Il colmo è che Ciro, pur continuando ad essere innamorato della moglie, finirà con avere relazioni con decine e decine di donne, tutte storie di poco più di una notte, fino all’ultima, Maria Clara, l’infermiera che lo accudirà sul letto di morte.
Poi c’è Silvio, che è quasi un pedofilo, considerata l’età delle ragazzine che frequenta; e Neto, mulatto come la moglie Celia: l’unico matrimonio che funziona.
Sono cinque personaggi abbastanza normali, le cui vite assumono un senso solo con la morte, a posteriori, anche se resta un senso di amarezza perché dei cinque non resterà più nessuno ad avere un bel ricordo.
Non sopravviverà neanche il prete che celebra i funerali, di cui conosciamo a brevi linee l’iniziale passione religiosa, il suo successivo disincantamento e il finale abbandono della tonaca. Nell’ultimo funerale da lui celebrato, ormai preso dalla burocrazia del suo lavoro, urlerà una frase molto fuori luogo: “Chi è il prossimo?”
Cinque vite che non interessano a nessuno.