La grande traversata (Miura Shion)

Non è un libro che parla di mare e navi. La Grande Traversata è il nome dato a un vocabolario della lingua giapponese a cui lavorano, per anni, i protagonisti.

Sono tutti particolari: ognuno di loro ha la sua fissazione per la lingua giapponese. Chi si ferma nel mezzo di un discorso per riflettere su un’espressione, chi si porta sempre dietro un block-notes per appuntarsi parole da riportare nel vocabolario…

Majime è il protagonista della prima parte del romanzo: è timidissimo e imbranato, non ha né TV né cellulare, ed è appena entrato a far parte della redazione. Nishioka, che è in redazione da più tempo di lui, all’inizio non sa come classificarlo.

Nishioka è, infatti, il suo contrario: chiacchierone, pieno di battute, estroverso. Ma pian piano, frequentandolo giorno per giorno, impara ad apprezzarlo e ad affezionarsi a lui, tanto da sentire di dover proteggerlo dal mondo esterno.

Stilare un dizionario è una gran responsabilità: la scelta delle parole deve riflettere i tempi che cambiano, ma non può prescindere da alcuni termini obsoleti che necessitano di venir ricordati. Perfino la scelta della carta si trasforma in una missione in cui tutti mettono il meglio di se stessi.

La tragedia esplode quando si accorgono che – mancando poco per la stampa – manca una parola! Ne viene fuori una questione di importanza vitale: tutti sono confinati in redazione giorno e notte, con la biancheria appesa ad asciugare tra i faldoni, per ricontrollare tutti i lemmi raccolti fino a quel momento…

Insomma, un ambiente che non ha eguali. E che è difficile da capire per chi preferisce fare le cose alla carlona, o lavorare solo per guadagnarsi lo stipendio.

Si parla di passione per un’attività, un amore sviscerato per quello che si sta facendo. Per anni.

Qui in Italia sarebbe difficile trovare esempi del genere, non tanto perché manchino persone appassionate: piuttosto, perché l’ambiente attorno ad esse, qui, non è così compiacente come i comprimari di questo romanzo. I personaggi secondari del romanzo, pur ritenendo Majime e gli altri delle persone strane, alla fine li ammirano e ne riconoscono i pregi.

In Giappone l’attenzione alla qualità è quasi un tratto nazionale. In Italia lo è in certe bolle protette che devono difendersi dalla sciatteria generale. O almeno questa è l’impressione che ne ho io.

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