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Chesil Beach – Ian McEwan

Ottimo romanzo psicologico.

La prima scena si apre nel 1962 in una suite nuziale, in un albergo sulla spiaggia inglese di Chesil Beach.

Florence ed Edward, ventiduenni, entrambi vergini, si sono sposati poche ore prima e ora stanno timidamente mangiando un pasto di cui non interessa nulla a nessuno dei due.

Con sapienti cambi del punto di vista, McEwan ci mostra le paure dell’uno e dell’altra di fronte all’evento che li aspetta nella camera accanto, dove il letto matrimoniale incombe con il suo baldacchino.

Edward ha atteso questo momento con trepidazione (è stato addirittura capace di astenersi dal “piacere solitario” per una settimana!), ma ora la sua paura principale è quella di “concludere troppo in fretta”. Florence, invece, è terrorizzata: il contatto fisico non le è mai interessato, non le piace il bacio alla francese e l’atto sessuale in sé, di cui ha letto in un libro considerato, ai tempi, moderno, la ripugna.

Eppure si amano. Si amano a dispetto delle loro personalità così diverse, che impariamo a conoscere nei lunghi flash-back: Florence, di famiglia ricca, vive per il violino e la musica classica, di cui a Edward, amante del rock, non interessa un fico secco, se non per compiacere la sua compagna. Edward viene da una famiglia modesta e problematica, con una madre che, in seguito a una caduta, ha problemi comportamentali e di memoria.

Le parte del libro in cui McEwan ci mostra le case dei protagonisti è emblematica delle differenze tra i due. Ma la distanza di mentalità ed esperienze è ancora più evidente quando Edward, ospite dei futuri suoceri, deve mangiare cibi che non ha mai assaggiato né visto:

Quell’estate assaggiò per la prima volta l’insalata condita con olio e limone e, una mattina, lo yogurt (alimento fiabesco a lui noto soltanto dalla lettura di un romanzo di James Bond). La modesta cucina del padre e il regime a base di pasticcio di carne e patate dei suoi anni studenteschi non l’avevano di certo preparato per le stravaganti verdure – melanzane, peperoni sia verdi sia rossi, zucchine e taccole – che gli venivano regolarmente proposte.

Insomma, ve lo immaginate lo yogurt… fiabesco? E le melanzane… stravaganti?

Ma la notte di nozze incombe e la cena arriva alla fine. Devono decidersi a compiere… l’atto!

Ovviamente, con due tipi così, le paure di Edward diventano realtà.

E qui scoppia il dramma: entriamo nella testa prima dell’uno e poi dell’altra e vediamo come cambiano le loro emozioni, come la paura lascia il posto alla vergogna e alla rabbia, come l’incapacità di parlarsi li induce a ragionamenti che ingigantiscono e travisano i fatti realmente accaduti.

Però il romanzo è ben costruito: l’epilogo finale non poteva essere diverso.

Il tema chiave della storia è l’incomunicabilità dettata dai tempi, tuttavia, l’elemento psicologico individuale non cessa mai di svolgere il proprio ruolo: in fondo, non tutte le coppie che si sono sposate nel 1962 sono finite come Edward e Florence!

Mi piace molto McEwan: anche questo romanzo, al di là della storia e del tema, ci illumina all’improvviso con frasi quasi… confuciane, nella loro saggezza e brevità:

Ecco come il corso di tutta una vita può dipendere… dal non fare qualcosa.

E poi ci sono quelle frasi in cui, con poche parole, ti condensa tutto il libro:

Si conoscevano pochissimo, e non avrebbero fatto grandi progressi in tal senso data l’imbottitura di premuroso silenzio con cui smussavano le rispettive identità.

Romanzo introspettivo con pochi dialoghi e accadimenti, ma la sua ricchezza va cercata altrove.

Voto: 4/5.

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Alessandro Magno e…#Povia

Sembra che Povia abbia dichiarato che gay si diventa in base alle frequentazioni, alle amicizie, agli ambienti in cui si vive o si sceglie di vivere. Sembra che la sua affermazione fosse denigratoria, come per dire: essere gay è una scelta, non si nasce gay.

Beh, non è un argomento che di solito mi interessa, ma sto leggendo “Io, Alessandro” di Steven Pressfield, e qualche giorno ho visto “Alexander”, con Colin Farrel, Angelina Jolie e Val Kimer… e tempo fa avevo letto l’Adriano della Yourcenar… insomma, ho fatto dei collegamenti mentali, pensando ai soldati greci e ai loro amori omosessuali.

Premessa: non è scientificamente provato se si nasce o se si diventa omosessuali: è un po’ come la malattia mentale, la scienza considera malattie certe espressioni a seconda del periodo storico in cui si esprime, perché di scientifico, dimostrabile e ripetibile nell’uomo c’è davvero poco, ma poco poco.

Personalmente, non mi interessa: che sia una scelta di vita o una caratteristica congenita, non cambia il fatto che la dignità di una persona si definisce da ben altre doti, non da quello che fa nell’intimità (e, qui, Povia, con le sue uscite offensive nei social è solo un poveraccio che non sa attirare l’attenzione con le sue canzoni e dunque ci prova in altro modo).

Quello che mi ha colpito, è la reazione dei media e dei social: l’attacco al Povia è stato politicamente strumentalizzato.

Perché gli attacchi non vertevano sui contenuti della sua frase (“Gay si diventa, non si nasce”): se fosse stato così, gli si poteva semplicemente ribattere che ci sono casi di omosessuali nati e casi di omosessuali “diventati” e tanti, tanti, casi misti, di cui non si potrà mai scindere le due componenti.

Ma gli attacchi a Povia non sono andati in questa direzione, perché la sollevazione popolare nei social è stata una semplice caciara. Casino. Insomma: tanto per far vedere che si attacca Povia perché è omofobo, ma senza spiegare, senza argomentare. Solo per mostrare che si è contrari.

Ignorarlo non gli avrebbe dato più fastidio?

Non acquistare le sue canzoni non lo avrebbe fatto riflettere di più?

Ho l’impressione che la gente esterni opinioni solo perché ritiene che certe opinioni siano di un certo schieramento politico.

In concreto: sono omofobo se sono di destra e sono pro-omosessuali se sono di sinistra.

Ma si può fare lo stesso discorso con molti altri argomenti: sono a favore dell’immigrazione se sono di sinistra e sono contrario all’immigrazione se sono di destra.

A favore della Tav o contrario alla Tav.

A favore dei vaccini o contrario ai vaccini.

A favore del reddito di cittadinanza o contrario al reddito di cittadinanza.

Guardate che non dovrebbe mica funzionare così, un cervello…

Al di là della semplificazione che queste prese di posizione comportano, e al di là del fatto che non ci sono più partiti di sinistra e di destra: non vi sentite privati di una certa libertà di pensiero?

Uno si mette in testa di essere di sinistra, e allora si convince che ridurre le tasse alle aziende è il Male. O viceversa. E si convince ascoltando e rielaborando messaggi che vengono da chi la pensa come lui.

Signori, vi dirò una cosa: la ragione, il puro intelletto, può spiegare e giustificare qualunque cosa. Una volta i sofisti lo facevano: si allenavano volgendo i discorsi in modo da argomentare prima a favore, e, poi, contro certe decisioni.

Se una persona, dentro di sé, ha già scelto, il puro cervello (anche quando è piccolo e poco allenato) confermerà tutto.

E’ il “dentro di sé” che fa la differenza.

Tornando a Povia: gli atteggiamenti sono due.

O si ignora (e secondo me sarebbe questa la soluzione più fastidiosa per lui), o si ribatte, si argomenta, si spiega.

A voi la scelta.

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I quarantuno colpi – Mo Yan

Cina, giorni nostri.

Luo Xiaotong, prima di prendere i voti, racconta ad un monaco buddista la sua storia.

Luo Xiaotong è sempre stato un carnivoro: per lui la carne è sempre stata il valore supremo, era convinto addirittura di capirla, di sentirla parlare.

Figlio di un buono a nulla, resta ben presto senza padre, perché l’uomo abbandona la famiglia per andarsene con un’altra donna.

La madre tira avanti con la raccolta e la compravendita di stracci, fino a comprarsi una grande casa e a saziare in parte il suo desiderio di rivincita contro il marito. Poi, ad un certo punto, il marito torna a casa con una figlia piccola e la coda fra le gambe: l’amante è morta.

Questa svolta si rivela positiva per la famiglia, perché, grazie all’alleanza con il capo villaggio, diventeranno i ricchi e importanti responsabili di un enorme stabilimento per la macellazione.

Macellazione sana, dicono.

Perché dovete sapere che il villaggio in cui Luo Xiaotong viveva era famoso per l’adulterazione della carne: insufflazione di acqua, formaldeide e altre belle cosette. Tutto all’insegna del guadagno e in spregio alle più elementari regole sanitarie.

Senza raccontarvi la fine, andiamo a vedere l’ambiente in cui Luo Xiaotong, dieci anni dopo, racconta la sua storia da grande: si tratta di un tempio buddhista fatiscente che ormai sta cadendo a pezzi. E’ dedicato ai WuTong, i cinque Dei della sessualità.

Mentre lui racconta la storia, fuori imperversano i preparativi per la sagra della carne. E qui viene il bello: perché è tutto assurdo. Statue che prendono il volo, donne sconosciute che lo fanno bere al proprio seno, faide che vengono portate a compimento, gente che si sente male, struzzi impazziti, statue dedicate al Dio della Carne…

Perché questa differenza di toni tra il passato e il presente?

Mi sono data questa risposta: siamo in un tempio buddhista, dove il Karma regola la vita di ognuno. Ebbene, ad ogni azione, corrisponde una conseguenza. E il passato di Luo Xiaotong è la causa del presente onirico, stravolto, fuori asse, grottesco e a rischio di crollo in cui ora si trova a vivere con tutti i suoi compaesani.

Di carne si muore, vuole dirci l’autore; come è morta la piccola sorellina di Luo Xiatong, avvelenata dal botulino. Ma la carne diventa la metafora di qualcosa di ben più grave, nella Cina moderna, qualcosa che disgrega le famiglie e i valori morali.

Mi piacerebbe sapere come è stato recensito questo libro dai critici cinesi!

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Maria Callas e Onassis

Certi libri non dovrei leggerli. Perché mi incazzo.

Onassis l’ho sempre sentito nominare, come armatore e libertino. Questa biografia della Callas me lo descrive più nei dettagli.

Di donne ne aveva avute molte. Soprattutto in gioventù, non si è fatto remore a portarsi a letto donne più vecchie e più potenti di lui per sfruttarne le conoscenze influenti. E’ un uomo che per alcuni può essere un modello, perché metteva al primo posto (e li otteneva) due obiettivi principali: soldi e potere.

Maria Callas lo ha incontrato in un momento in cui era molto fragile: aveva appena scoperto che suo marito Battista Meneghini le svuotava il conto corrente per investire i soldi e distribuirli tra i suoi parenti, ma da anni la coppia si stava allontanando.

E Maria non è capace di stare sola; soffre di una insicurezza cronica, alla quale contribuisce anche il ruolo di Divina che ha raggiunto: ogni minima défaillance le viene fatta pagare a colpi di titoli di giornali e sarcasmo velenoso.

Quando arriva questo multimiliardario che dà filo da torcere a capi di stato (il principato di Monaco era ai ferri corti con lui) e che la riempie di attenzioni, lei ci casca come una pera cotta.

Ma la cosa che mi ha fatto incazzare, non è questo atteggiamento da tombeur de femme che cerca di appropriarsi dell’aura di una donna fragile e famosissima.

Quello che mi ha fatto montare il sangue alla testa, è stato il suo yatch, il Christina.

Posso soffrire d’invidia quando leggo che aveva una sala cinematografica, pareti ricoperte di opere d’arte e una biblioteca di 3000 volumi tra cui molti classici e libri antichi (che magari lui non leggeva mai, perché era sempre occupato a far soldi).

Mi fa rabbia, perché lui poteva chiacchierare con Winston Churchill e personaggi del ghota culturale di tutto il mondo.

Resto indifferente leggendo di rubinetti in oro e di caminetti tempestati di pietre preziose.

Ma vado fuori di testa quando leggo di pomelli delle porte in avorio e di sgabelli in pelle di prepuzio di balena bianca…

No, davvero.

L’essere (non lo chiamo neanche “uomo”), che smaniava per accerchiarsi di personaggi famosi e di classe, è passato nella storia anche per aver fatto la seguente battuta a Greta Garbo: Signora, lei è seduta sul più grande pene che si possa trovare al mondo.

Un signore, non c’è che dire.

Ma al di là della cafonaggine da arricchito…

Come ti permetti, tu, solo perché non sai dove buttare i soldi, di defraudare l’ecosistema mondiale di balene ed elefanti? Specie che da decenni sono a rischio di estinzione??????????

CHE SCHIFO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

Sì, lo so, non serve a niente prendersela, il mondo è pieno di gentaglia del genere.

Ma lasciatemi sfogare.

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