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La stanza del vescovo, Piero Chiara

Un autore molto venduto, una ventina di anni fa, ora caduto un po’ in sordina.

Donne, vi avviso: le femministe si armino di pazienza, prima di leggere questo libro. Perché è pieno di protagonisti maschili che trattano le donne come bambolette: se le portano a letto, prima una, poi l’altra, senza farsi problemi se sposate o meno, se incinte o meno.

Ho avuto le mie difficoltà a passare il mio tempo con uomini del genere, ma una volta capito che l’intento di Chiara era proprio quello di mettere in scena personaggi vuoti (o svuotati?), sono riuscita a finirlo.

La storia è ambientata nel 1946 sul lago Maggiore. Tutti stanno cercando di riprendersi dalla guerra, eppure non se ne parla mai nel dettaglio, non si spiega mai davvero cosa è successo ai protagonisti, come quasi per mostrare che stanno cercando di dimenticare.

Il protagonista ha una barca e si sposta qua e là in cerca di donne. Durante una delle sue soste conosce l’avvocato Orimbelli, e cominciano le scorrerie insieme: le donne sono poco delineate, tutte sciocchine, tutte pronte a farsi prendere al laccio passando da uno all’altro; sono senza personalità né spessore.

Anche Matilde, l’avvenente cognata di Orimbelli, che dovrebbe essere la donna più importante, oggetto di contesta tra il protagonista e l’Orimbelli stesso, non ha caratteristiche caratteriali che ce la fissino bene in testa.

Poi la moglie di Orimbelli viene trovata morta annegata.

C’è una specie di svolta in giallo, ma si capisce già chi l’ha uccisa e perché.

Un romanzo senza plauso né pena, che poteva portare avanti le stesse tematiche in modo più appassionante e con personaggi femminili più caratterizzati.

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Nel guscio, di Ian McEwan @Einaudieditore

(Attenzione: spoiler!)

Non ho studiato l’Amleto ma ho visto che in questo romanzo ci sono molti richiami al dramma shakesperiano. Dal tradimento, ai nomi della madre a quello dello zio, dal tema dell’omicidio del fratello, al dubbio se convenga essere o non essere, nascere o non nascere.

La storia ci viene narrata da un feto nel terzo trimestre di gravidanza. Questo essere, che scopre solo ad un certo punto di essere un maschio, assiste alle trame della madre e di suo zio per uccidere suo padre.

Durante tutta la lettura, dentro di me, pensavo: non possono ucciderlo. Prima o poi verranno scoperti. Forse la madre sta fingendo, di voler uccidere il suo ex. Oppure: qualcosa andrà storto, il bicchiere col veleno verrà rovesciato, oppure John, il padre, raggiungerà un ospedale in tempo.

E anche quando scopro che in effetti il padre viene davvero ucciso, ho continuato a ripetere dentro di me: non può essere. Vedrai che è tutta una messinscena, che John si era accorto di cosa stavano tramando alle sue spalle e che non è morto davvero, fa finta, per portarli allo scoperto.

E invece no, mettetevela via: John muore. E la madre del bambino è davvero una stronza che mette le corna a John col fratello, insipido e insensibile ma… priapico, come dice il feto. E alla fine giustizia trionferà. Ma tu intanto hai letto questo romanzo come se fosse un giallo, girando pagina dopo pagina per vedere come va a finire, ascoltando questo feto  che parla come un neolaureato di Harvard e che non vede l’ora che sua madre si beva un vinello di un certo tipo per godersene gli effetti.

Le cose brutte accadono. Accade che la propria madre sia ingiustificabile, che sia un’omicida, e che non consideri proprio il figlio che ha in pancia (non è neanche mai entrata in un negozio a comprargli i vestitini!).

Ma accade anche che un feto, dopo tutto quello che ha imparato sui suoi parenti e sullo stato del mondo, decida di nascere.

Non è roba da poco.

(PS: ma cos’è ‘sta fissa dello spoiler??)

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