Sconcertante.

All’inizio ero combattuta e mi sono chiesta se continuare a leggerlo fino alla fine: ha delle parti che sfiorano la pornografia. Però se sai tener duro e arrivare alla conclusione, ne trovi altre, di parti, dove ti scende la lacrima.
Perché Mickey Sabbath, ex burattinaio con l’artrosi alle dita, è un essere che molti definirebbero pervertito: la prima moglie Nikki è scomparsa nel nulla; la notte in cui è scomparsa, lui era con un’altra donna che poi è diventata la seconda moglie, e che è finita in un centro a disintossicarsi dall’alcool; continua a restare con lui per motivi non meglio definiti, ma per sopportare questa situazione ha bisogno di stordirsi di volantini e riunioni dell’Anonima Alcolisti.
Quando lo incontriamo, all’inizio del libro, Sabbath è nel pieno di una relazione con l’immigrata croata Drenka, moglie del proprietario di un ben avviato albergo: è una relazione ai limiti del perverso, dove arrivano perfino a urinarsi addosso.
Ma Drenka muore e Sabbath cade in depressione. O per lo meno così dico io, lui non lo ammetterebbe mai. Anche se ammette che vuole suicidarsi, non si parla mai della sua depressione: semmai di perversione. Vive per il sesso e in ogni donna trova un’attrattiva che giustifichi un rapporto.
Ci prova perfino con la moglie dell’amico che cerca di aiutarlo, e va al funerale di un altro amico tenendo in tasca gli slip della figlia del primo amico…
Ma alle storie con le donne di oggi, si affiancano i ricordi del passato, soprattutto quelli di Morty, il fratello maggiore morto durante la seconda guerra mondiale a soli vent’anni. E quelli della madre, che dopo la morte del figlio si è chiusa nel suo dolore e non è più stata né madre né moglie, salvo poi riapparirgli davanti mentre lui sta facendo sesso con Drenka.
Sono ricordi che si fanno via via sempre più strazianti e verso la fine del libro si comincia quasi a capire Sabbath e il suo bisogno di perdersi nel sesso.
Sapete perché Roth è un grande scrittore? Perché se uno di noi comuni mortali incontrasse uno come Sabbath si limiterebbe a etichettarlo come pervertito. Ma Roth no. Roth riesce a tirarne fuori l’umanità. E sebbene le scelte di Sabbath possano essere molto diverse dalle nostre, sebbene le sue reazioni alle disgrazie umane possano – secondo la morale imperante – considerarsi vergognose, Roth sa che in fondo Sabbath è tutti noi.
E’ insopportabile perché non usa veli: dice le cose come stanno. Non ha il minimo senso del pudore, la minima delicatezza. Dire cinico è dire poco. A modo suo, è un estremista della Verità. Anche lui si abbassa a qualche compromesso, certo, ma lo fa quasi compiacendosi di questo cedimento che, per lui, è una perversione alla rovescia.
E’ un romanzo disturbante proprio perché ci mette davanti al nostro perbenismo.
Non mi piacerebbe frequentare un tipo come Sabbath, no, assolutamente no.
Ma leggerlo è un’altra cosa.