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Il dolore innocente (Vito Mancuso)

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Se Dio è onnipotente, perché permette il dolore innocente e, in particolare, l’handicap? Forse non lo impedisce perché non è onnipotente?

Sono domande che teologi e credenti si pongono dall’alba delle religioni.

Secondo l’OMS, nel mondo nascono circa 8.000 bambini al giorno con qualche forma di handicap, dalle più lievi alle più gravi. E Dio che fa?

Mancuso, teologo laico, ha affrontato il problema dopo la morte di quello che, se fosse nato, sarebbe diventato suo figlio: cercando una risposta tra gli scritti cristiani, si è accorto che mancava un testo che approfondisse direttamente la questione.

Mancuso si dedica prima a una carrellata storica, esaminando le varie risposte che sono state date nei secoli e tra le religioni principali.

Esaminiamo le varie possibilità.

O Dio vuole la sofferenza innocente, o non la vuole.

Se la vuole, ci possono essere varie ragioni, così riassumibili:

  • punizione: per secoli la nascita di un figlio disabile viene fatta risalire a qualche malefatta dei genitori, soprattutto di natura sessuale
  • previsione: per secoli, in varie religioni, la nascita è considerata il segnale di qualcosa che doveva succedere
  • salvezza: la sofferenza diventa un ostacolo da superare per mondare dai peccati, propri o altrui.

Se Dio non vuole la sofferenza innocente, allora la stessa si verifica a dispetto (o con il permesso) divino (ma non approfondisco qui le varie ipotesi).

L’analisi storica delle varie risposte alla domanda iniziale occupa gran parte del saggio, fino a pag. 141 (su 209 pagine totali).

Quando poi Mancuso arriva alla sua conclusione, a mio modesto parere, non convince del tutto.

Prima ricorre al concetto di Contraddizione, che é un elemento essenziale della natura e della religione cristiana: pensate a una cellula che deve morire per permettere la sopravvivenza dell’organismo (apoptosi), o a una stella che deve esplodere per espandere nell’universo gli elementi chimici che renderanno possibile la vita, o a Gesù che era Dio e uomo, e che muore per far vivere… (e già qua, mi si chiede di tornare ai dogmi, dunque si abbandona il ragionamento logico seguito fino a poche pagine prima).

la legge che governa lo svolgersi della vita sulla terra è basata sulla morte

Poi considera l’handicap come la notte dello spirito, un passaggio necessario per far tabula rasa di nozioni e false credenze prima di arrivare alla vera conoscenza/illuminazione.

E infine si aggrappa alla Libertà, sommo concetto che, sembra, il nostro Dio ha tenuto in massima considerazione: il Dio cristiano sarebbe un dio impersonale che al momento della creazione ha dato delle informazioni top-down ma che poi si è ritirato per lasciar lavorare l’uomo e la natura in completa libertà.

L’unica condizione è che Dio, per far nascere la libertà della natura, rinunci a manifestarsi come persona, ma si manifesti solo come deitas, come principio divino impersonale, che agisce solo immettendo informazione top-down.

Sbaglio o questa frase si sconfessa da sé? Se Dio è impersonale, se non ha individualità, allora come fa a “rinunciare” a manifestarsi come persona? La rinuncia è una decisione che presume una persona che prende atto di varie opzioni tra cui scegliere. Dunque la persona c’era prima, e poi è scomparsa perché ha deciso di fare così?

Forse non ho una formazione sufficiente per capire certi passaggi.

Riassumendo: la natura tende alla Vita in un processo di prove ed errori.

Ma allora, perché continuiamo a parlare di Dio e a tenere in piedi istituzioni enormi come le gerarchie ecclesiastiche?

Continua a sfuggirmi qualcosa.

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Ciò che credo – Hans Kueng

Hans Kueng, uno dei teologi più controversi (per la chiesa cattolica, che prende in malo modo molte delle sue critiche), con questo libro ci racconta in cosa crede davvero, al di là della dottrina ufficiale e dei litigi che si è trovato ad affrontare in decenni e decenni di lavoro.

Perché Hans Kueng, nonostante tutto, rimane cristiano-cattolico.

Credo – e anche lui lo afferma – che gran parte della sua fede sia fatta di un nocciolo duro composto dalla sua Fiducia di fondo: nella vita, nelle persone, nel mondo. E’ una fiducia che viene messa alla prova, ma che è sempre là. Tuttavia, non la può spiegare, e queste 344 pagine di libro non mi hanno convinta.

Come si può nutrire ancora fede in un mondo che non fornisce nessuna prova a favore dell’esistenza di un Dio? Ebbene: Kuengle prove se le cerca. Nelle scienze naturali, nella musica, nella matematica…

Ci convince?

No, perché, più che di prove, si tratta di indizi e deduzioni personali, e perché, come non si possono fornire prove dell’inesistenza di Dio, non si possono fornire neanche prove per la sua inesistenza. Niente di nuovo, dunque, qui.

Non ci convince neanche quando passa alla Teodicea, quella branca della teologica che si occupa della… giustificazione di Dio. Cioè: se c’è così tanto male nel mondo, come può essere Dio onnipotente? Se è onnipotente, allora non è buono, perché non ci protegge da uragani e olocausti. E se è davvero buono, allora non è onnipotente, perché comunque non ci aiuta.

Devo dire però che ho ammirato la sincerità di Kueng, quando ammette, semplicemente, che la teodicea non si può spiegare.

Il suo modello, è il Gesù storico: è un modello da seguire soprattutto per quanto riguarda la sua capacità di accettazione del male inevitabile e la sua capacità di amare anche i nemici. Secondo Kueng, la figura storica di Gesù (attenzione: storica, non “tradizionale, ortodossa”) è ciò che lo fa restare cristiano.

Non capisco.

Non è necessario essere un cristiano cattolico per prendere Gesù come modello: è un personaggio la cui grandezza è riconosciuta anche la di fuori della nostra religione. E il messaggio di amore che viene portato avanti dalla chiesa cattolica, non è esclusivo (senza parlare di tutti gli scandali in merito a pedofilia e denaro).

Non capisco neanche bene la sua scelta tra un Dio persona e impersonale. Una volta accettato che Dio esiste, la distinzione non è oziosa: se dio è personale, allora ha senso rivolgersi a lui con la preghiera. Se non lo è, acquista più significato un atteggiamento simile alle meditazioni/contemplazioni orientali.

Voglio dire: per Kueng Dio non è persona (non nel senso comune del termine, perché non ci si può sempre riferire all’esperienza quotidiana), tuttavia, lui prega (anche se si adatta le preghiere a modo suo).

Se poi voglio finire la lista dei punti su cui sono in disaccordo, eccone altri due:

  • Kueng dice che non esistono gli extraterrestri. Lo dice in una frase molto perentoria, dopo aver specificato che lui si è anche dedicato all’astronomia. Ma ho l’impressione che ne escluda l’esistenza per elevare il significato dell’esistenza dell’uomo, più che per reali deduzioni scientifiche (come puoi escludere che la vita esista in galassie e pianeti lontanissimi? E’ una questione statistica, di probabilità…).
  • Dice che non si potrà mai eliminare la sofferenza animale, perché, alla fine, l’uomo deve mangiare. Falso. Si può vivere benissimo senza mangiare gli animali.

Direte: ma se non sei d’accordo su quasi niente di quello che dice, per cosa lo leggi?

Beh, è una persona colta, che ha studiato per una vita intera. Magari è fuorviato dalle sue credenze (questa benedetta fiducia di fondo…), ma si è dato da fare.

E poi, è stato coraggioso: quando qualcosa non va nella chiesa cattolica, lui lo dice.

Ad esempio: ho visto un’intervista di recente, in cui ammetteva di essere malato di Alzheimer. Ha dichiarato che quando sarà il momento, lui vorrà decidere come morire.

Si è dichiarato contro l’infallibilità papale e ha spiegato l’inconsistenza dell’immacolata concezione e del peccato originale. Non condivide che la chiesa cattolica sia ancora contraria all’entrata delle donne nel clero e ribadisce che la resurrezione di Cristo non va intesa come rianimazione di cadavere, ma in senso più profondo.

(…) mi rifiuto categoricamente di sostenere, sulla base di una comprensione maschile di Dio tipicamente romana, l’impossibilità e l’inadeguatezza dell’ordinazione delle donne, che ritengo conforme alle scritture e ai tempi.

Tra due giorni è Pasqua: quanti di quelli che andranno a messa sono ancora convinti che il cadavere di Gesù sia uscito coi propri piedi dal sepolcro? La maggioranza, temo.

Parliamo di aborto?

Oggi (…) si sostiene – appunto più in base ad argomenti teologico-dogmatici che non medico-biologici – che anche la cellula-uovo fecondata è già persona, concezione che ha avuto come conseguenza un inasprimento circa la questione dell’aborto.

E poi ci sono alcuni passaggi in cui se la prende con lo sfruttamento mediatico della personalità papale e delle (presunte) reliquie (Notre-Dame: tutti preoccupati per la corona di spine di Cristo, mi raccomando): tutti sintomi di una fede ancora infantile, non adulta né responsabile.

Insomma, non andrò a messa neanche questa Pasqua, ma le persone che “cercano” mi piacciono.

Anche se alla fine giungono alla conclusione che qualcosa esiste solo perché

Io sono convinto che la mia vita è stata più felice con Dio piuttosto che senza.

Forse la mia è solo invidia.

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Storia del Cristianesimo, dalle origini a Teodosio, Panfilo Gentile

E’ un testo che risente, nello stile, degli anni in cui è stato scritto (1969). La parte relativa alla diffusione del cristianesimo post-Gesù è descritta in modo più appassionante da Carrère ne “Il Regno”.

Per quanto riguarda la vita di Gesù, invece, il libro risente, come quasi tutti i testi sull’argomento, di una grossa limitazione: si rifà quasi prevalentemente alle fonti cristiane.

Eppure, Panfilo Gentile, filosofo e giornalista laico, ci è utile per integrare o sottolineare alcuni punti.

a) Il sermone della montagna, come molte altre cose dette da Gesù, non è davvero “suo”. Sembra che questo discorso sia stato preso dal Hillel, un rabbino illuminato, forse maestro di Gesù stesso. Ce n’erano, di rabbini illuminati, a quei tempi: erano studiosi che cercavano di far staccare gli ebrei dalla lettera dei testi (ricciolini vari, divieti alimentari, ecc…) e di dare più importanza all’aspetto umanitario nella vita quotidiana.

b) L’ebraismo era una religione terrena, non prevedeva la resurrezione della carne. In realtà, secondo alcuni, neanche Gesù ne ha parlato. L’idea della resurrezione è di provenienza persiana.

c) Gesù è sempre stato ebreo. Era uno dei tanti ebrei che si staccavano dalla lettera della Legge, ma non ha mai preteso di creare una nuova religione (questo al 99% dei cattolici non è ancora chiaro).

d) Paolo giustifica la morte di Gesù in senso espiatorio, in linea con la tendenza ebraica, secondo cui Dio non perdona se qualcuno non viene sacrificato: che ad essere sacrificato sia chi ha commesso il peccato o un altro completamente innocente, secondo le tesi ebraiche era ininfluente.

e) Si può parlare della nascita di una nuova religione quando viene abbandonata la Legge e quando si accetta che anche i non ebrei possano essere salvati.

f) E’ Paolo che ha fondato il cristianesimo e ci è riuscito, in disaccordo dottrinario con Giacomo, Pietro e Giovanni, perché gli apostoli rimasti a Gerusalemme erano persone semplici, non in grado di controbattere alle argomentazioni di Paolo; senza contare il fatto che non ne avevano capito l’innovazione e che credevano di essere loro i veri depositari della storia di Gesù, perché loro, e non Paolo, lo avevano conosciuto di persona.

g) La distinzione che Paolo faceva tra carne e spirito era una metafora per le azioni cattive e quelle buone. E’ stata l’influenza ellenistica a travisare e a introdurre la contrapposizione tra corpo e anima.

h) I cristiani delle origini non sentivano il bisogno di dire che Gesù era nato da una vergine. E’ sempre l’influenza greca che si fa sentire, e che, abituata a ragionare in termini di Dei e semidei generati da un dio e da un/a umano/a, cambia le carte in tavola. Poi, siccome il dio ebraico non era antropomorfo, per risolvere il problema si è fatto entrare in campo lo spirito santo.

i) All’inizio i cristiani non sentivano il bisogno di una struttura gerarchica perché credevano davvero che il Regno fosse imminente. Poi si sono accorti che il regno non arrivava, e si son detti: “Beh, intanto che aspettiamo…”

l) Per circa 300 anni i cristiani non sono proprio considerati. Non se li filavano. L’impero era tollerante, gli andavano bene tutti gli dei pagani, bastava che non creassero casini. I primi cristiani erano considerati una setta interna all’ebraismo e gli imperatori volevano restare fuori dalle beghe dottrinarie. Non se ne occupavano neanche per perseguitarli e sembra che Nerone li abbia mandati a morire nel Colosseo solo perché sobillato da consiglieri ebrei (preoccupati da quella che consideravano una frangia blasfema), e solo in quanto convinto che i cristiani avevano dato fuoco alla città (cioè non li perseguitava in quanto cristiani).

m) Costantino voleva una religione unica per motivi di unificazione dell’impero. Per il resto, era superstizioso e non ci capiva nulla del cristianesimo. Non capiva neanche che il cristianesimo-ebraismo delle origini aveva un Dio geloso, che non ammetteva altri dei al di fuori di lui. Poi, una volta entrato a corte, il clero seppe come influire e brigare e dispensare favori ai propri fini.

Se è certo che da parte degli scrittori ecclesiastici si iniziò una campagna diretta ad ottenere dai principi una politica di sterminio del paganesimo e se è certo che un fanatismo sanguinario circolò fra le plebi cristiane, non è altrettanto certo che gli eredi di Costantino si ponessero al servizio di queste passioni sfrenate.

n) In generale, nell’impero anche dopo l’editto di Milano i riti pagani tra le folle convivevano con i riti cristiani:

Fino alla metà del V secolo a Roma si mantennero sempre i galli sacri per i presagi. I calendari di quest’epoca indicano sempre tutte le feste pagane e i giochi che le celebravano.

Fa bene leggere libri del genere, ogni tanto. Così non si danno per scontate istituzioni e credenza che vogliono farci credere universali nel tempo e nello spazio (e questo non ha niente a che fare con la fede).

 

 

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Gesù dell’Apocalisse, Barbara Thiering

Ragazzi, pensavo che gli estremisti fossero ridicoli, ma devo dire che anche certuni che si fanno passare per Esperti non sono da meno…

Lettura sospesa quando ho trovato questo passo (trad. mia):

Gesù si è svegliato da una morte apparente. (…) quando Gesù ha gridato “ho sete”, gli è stata dato, come da lui organizzato, un veleno per commettere suicidio. Ma il veleno aveva bisogno di diverse ore per agire, e quando i due ‘ladri” (zeloti) sono stati portati nella grotta con lui, gli hanno dato la medicina che i suoi amici avevano fornito: una enorme quantità di aloe, il succo che ha agito come purgante.

La tesi di questa dottoressa (?) è che il libro dell’Apocalisse non è un insieme di immagini teologiche, ma una vera e propria raccolta storica di fatti accaduti dopo la morte di Gesù, che non è morto, ma è diventato un capo militare che ha lottato riprendere i territori conquistati dai romani.

Dunque, sempre secondo questa Thiering, i quattro cavalieri dell’apocalisse, i sette sigilli, la bestia del 666 ecc… andrebbero reinterpretati in modo totalmente diverso dalla teologica ufficiale, rifacendosi a un codice scoperto da lei nei codici di Qumran.

Dunque Gesù sarebbe morto nel 70 d.C. e la sua missione sarebbe stata poi presa in mano dal figlio.

No, davvero, non ce la faccio a continuare.

Che delusione.

 

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La Bibbia non l’ha mai detto, Mauro Biglino e Lorena Forni

Mauro Biglino è un cultore di storia delle religioni e, molto importante, traduttore dall’ebraico antico. Lorena Forni è professoressa di filosofia del diritto.

Si sono messi insieme per scrivere questo libro che tratta di bioetica e dei fondamenti delle regole bioetiche nel diritto italiano.

Mettiamola in questi termini: la religione cattolica si sente in dovere di intervenire sullo stato italiano indirizzandone la legislazione in materia di bioetica e lo fa dicendo che si basa sul suo libro sacro, la Bibbia.

Ma la Bibbia è davvero un testo adatto per ispirare una legislazione statale su materie così delicate come l’aborto, l’eutanasia, l’interruzione volontaria di gravidanza e il testamento biologico?

Cerchiamo di essere pratici.

Pensiamo alle lunghissime liste di ammazzamenti, stragi, stupri e atti di pedofilia elencati nell’Antico Testamento. Come si può giustificare tutto dicendo che questi elenchi di efferatezze erano necessari per mostrarci il grande salto operato con il Nuovo Testamento?

Pensiamo a quante migliaia di persone (donne e bambini inclusi) sono state passate a fil di spada per garantire al popolo eletto un territorio su cui vivere. Era Dio che ordinava di ammazzare tutti. O per lo meno, così la storia ci è stata tradotta.

A messa ogni tanto propongono letture in cui compare la parola Elohim. E noi, pecoroni timorosi di chiedere, crediamo che Elohim sia Dio. E nessuno sull’altare si premura di spiegarci che non è proprio così.

Gli Elohim (al plurale) probabilmente erano dei capi militari.

Yahweh era uno di questi capi militari. Il più forte. Il più efferato. Il più vittorioso.

I capi militari hanno un compito: far guerra per conquistare territori. E ammazzare in via preventiva donne e bambini, se c’è il rischio che un giorno questi si sveglino e si mettano a far guerra a chi li ha conquistati.

Per nostra fortuna, molta parte dell’etica contemporanea e della legislazione che ne è espressione non ha nulla a che vedere con la morale e la giustizia bibliche.

Ecco in soldoni di cosa parla la Bibbia secondo Biglino: non parla di Dio, ma della storia di una famiglia per conquistare il suo spazio vitale.

E’ dunque dura appoggiarsi a un testo del genere per negare il diritto all’aborto e la necessità di una legislazione sul fine vita, visto che nella Bibbia non c’è un diritto assoluto alla vita in quanto tale.

La argomentazioni di Biglino sono complesse e difficili da riassumere in un post. Però sono convincenti, perché, giustamente, per interpretare un testo puoi sì sfruttare riferimenti extratestuali, però per prima cosa devi analizzare il testo scritto così com’è, non puoi interpretarlo prescindendo dalla sua lettera.

Quello che mi convince meno è il salto logico che Biglino compie quando parla della creazione.

Ci sta che il verbo utilizzato dal testo originale non parli di vera e propria creazione dal nulla; ci sta che il verbo originario parli di trasformazione, di costruzione con materiali preesistenti. Quello che mi lascia perplessa è che Biglino affermi che il materiale preesistente con cui gli elohim hanno creato l’uomo possa essere il DNA. In un punto arriva a definirli “ingegneri genetici”. E, sempre attenendosi alla lettera del testo in ebraico antico, dice che gli elohim hanno creato gli uomini per compiere il lavoro che era troppo gravoso per loro: hanno progettato e costruito degli schiavi, insomma; e ci sono riusciti dopo vari tentativi andati male.

Ecco: la tesi creazionista fa ridere, al giorno d’oggi; ma anche questa è un po’ stiracchiata.

Per quanto nella mia ignoranza non mi senta di escludere alcuna ipotesi, credo che per indagare la nascita dell’uomo siano più affidabili gli strumenti scientifici che un testo scritto migliaia di anni fa basandosi su racconti orali ancora più vecchi.

 

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Questa vita – Vito Mancuso

Vito Mancuso, teologo cattolico, è diventato vegetariano.

Grazie alle risorse di cui ora maggiormente disponiamo, io credo sia giunto il tempo di superare l’antropocentrismo alimentare della tradizione occidentale. (…) la possibilità di mitigare il tasso di violenza insito nella vita esiste e l’alimentazione più adeguata al riguardo è quella vegetariana.(…) per la Bibbia la dieta originaria degli esseri umani non prevedeva l’uccisione di animali, come appare dalle parole del Dio biblico ai primi uomini: “Ecco, io vi do ogni erba che produce seme e che è su tutta la terra, e ogni albero fruttifero che produce seme: saranno il vostro cibo” (Genesi, 1,29). (…) rimane indiscutibile che il regime alimentare vegetariano contribuisce a diminuire il tasso di violenza nel mondo perché non sparge sangue e perché elimina le sofferenze degli animali sottoposti a macellazione (…).

Questo non vuol dire che se al mondo diventassimo tutti vegetariani/vegani, sarebbe eliminata la violenza. La violenza è ineliminabile: anche i jainisti che si mettono un velo davanti alla bocca per evitare di inghiottire per sbaglio degli insetti, poi si ritrovano un corpo che volente o nolente uccide i batteri nocivi che entrano nell’organismo.

L’alimentazione però non è il tema centrale del libro. Sulla scia delle sue altre opere, Mancuso ribadisce che esiste un Disegno, che Qualcosa o Qualcuno (Dio? Natura?), a partire dal Big Bang ha fatto sì che il creato si organizzasse in maniera sempre più evoluta: si parla di un orientamento verso la crescita dell’informazione, fino alla mente.
Già le probabilità per la nascita della vita erano infinitesimali (e lui riporta le parole e i dati statistici di scienziati/Nobel, credenti o meno). Ma, se ragioniamo in termini di semplice vita che tende a riprodurre se stessa, allora si va anche oltre: perché si è passati dagli organismi unicellulari a quelli pluricellulari se questo comporta addirittura una perdita di vitalità? Cioè: i batteri tra tutti i viventi risultano i più adatti alla sopravvivenza.

Ci sono sì il caso e la selezione naturale a regolare l’evoluzione, ma, secondo Mancuso, c’è anche una logica aggregatrice,

una tendenza intrinseca della natura verso la crescita dell’informazione in un universo bioamichevole.

Poi c’è un’altra parte del libro che mi piace un casino: quando dice che ogni corpo fisico esistente è dato da energia + informazione (tener conto che energia e materia sono solo due diversi stadi della stessa cosa).
L’energia è la capacità di compiere un lavoro. E il primo lavoro che compie un ente è quello di… essere! Che collegamento stratosferico con la cultura orientale, che con tutte le tecniche meditative mira all’Essere e basta.

L’informazione costituisce l’identità di un oggetto in quanto tale. Ognuno di noi, ben prima della sua componente materiale, è la sua informazione. La nostra materia infatti è pressoché identica a quella di tutti gli esseri viventi.

Come tutti i libri di Mancuso, ridurlo a poche righe in un post è limitativo: leggetelo!

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Io amo, Vito Mancuso

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Volevo aggiungere il mio primo video in assoluto, ma è stato ignominiosamente interrotto dal bambino che deve fare la cacca… evabbè. Inserisco una mia foto recente, visto che qui non mi conosce nessuno.

Conoscete l’autore? Penso che questo sia uno dei suoi libri più commerciali, il che non è sempre un difetto. Mancuso auspica che la chiesa cattolica si apra sotto almeno tre punti di vista, concedendo un “Sì” a:
– contraccezione (ma solo precedente e contestuale al rapporto, non postuma, con pillole & C, secondo lui)
– rapporti prematrimoniali (visto che i divieti cattolici sono del tutto o quasi disattesi)
– riconoscimento delle coppie omosessuali/omoaffettive.

Qualcuno a questo punto si chiederà se si possa ancora parlare di etica cattolica. E io rispondo che in realtà non esiste una specifica etica cattolica, l’etica è la scienza teorica e pratica del bene e il bene, per definizione, è universale (…). Se è veramente tale, l’etica è una e unica, vale per tutti, e la coscienza la riconosce immediatamente.

Ultimo appunto…parliamo del teologo spagnolo Fernando Sebastian Aguilar, arcivescovo emerito di Pamplona. Questo signore ha scritto:

L’omosessualità è una maniera deficitaria di manifestare la sessualità perché questa ha una struttura e un fine che è quello della procreazione.

Bè, questo signore è stato fatto cardinale da papa Francesco nel concistoro del 22 febbraio 2014.
Ma Francesco, che gente mi fai cardinale??

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Inchiesta su Maria, Corrado Augias e Marco Vannini

Anche se non credo più a certi dogmi e all’istituzione Chiesa, libri del genere sono sempre interessanti da leggere: un confronto tra un ateo e un religioso/mistico/teologo. Lo stesso libro per qualcuno darà la “vittoria” all’ateo, per qualcun altro la darà al religioso… la bellezza dei libri.

Tra le tante cose che ho scoperto, c’è il discorso del censimento di cui parla Luca per incuneare temporalmente la nascita di Gesù nell’impero e nel mondo.
Un censimento, se c’è stato, si è svolto solo nel 6-7 d.C. sotto Quirino, cioè quando Gesù avrebbe avuto circa dodici anni. Dunque non tornano i conti.
Non solo: la Giudea era formalmente indipendente, come si poteva giustificare un vero e proprio censimento romano??
E infine: i censimenti romani erano residenziali, non etnici, dunque non c’era nessun bisogno di spostarsi per andare a farsi registrare…

Insomma, i vangeli non fanno testo, ma questo per chi crede non cambia nulla.

Una cosa che ho scoperto, invece, riguarda proprio Maria: la verginità fisica di Maria non è più riconosciuta dalla Chiesa. La si intende solo in senso spirituale, di verginità dai peccati. Ma dico io: qualcuno ha avvisato i credenti? Perché queste informazioni se le tengono solo i teologi?
Sì, lo so, neanche questo cambia nulla a un credente. Ma io sto qua a guardare quanti anni devono passare prima che l’infame notizia (povera Maria, ragazza ebrea…) arrivi alle masse.

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La vita che volevo, Maribeth Fischer

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Grace ha un bambino di tre anni che soffre di una malattia mitocondriale (difficoltà di trasformare il cibo in energia) e dunque è destinato a morire da un momento all’altro, ogni crisi potrebbe essere quella decisiva. Come se non bastasse, lei viene accusata di soffrire di sindrome di Munchausen per procura, un disturbo della personalità a causa del quale sarebbe lei a indurre i sintomi nel figlio, tutto al fine di attirare l’attenzione su di sé, sulla sua bravura e abnegazione.
Lei è innocente e tuttavia la allontanano dal figlio negli ultimi giorni della sua vita, e il bambino, lungi dal migliorare in assenza della madre presunta carnefice, muore.

Tristissimo.
Pieno di lacrime e sensi di colpa e separazioni e bambini che soffrono e… di domande sul “cosa resta?”
Ma la cosa che mi ha colpito di più è che il romanzo porta questa dedica:
In memoria del mio paperottolo.
Come cavolo ha fatto a scrivere su una tale disgrazia? Non biasimo, intendiamoci! Solo, davvero mi chiedo dove ha trovato la forza di andare avanti dopo una cosa del genere (che io neanche nomino) e fare un gesto così intimo, così confessionale, così… autolesionistico come scriverci un romanzo sopra.

Questa lettura mi ha portata a “Il caso o la speranza?” di D’arcais e Mancuso, incredibile come i libri si leghino tra loro.
Mancuso e D’arcais intavolano un duello serrato. io ciondolo da una parte all’altra e non mi deciso mai del tutto.
“Cosa resta?”

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Religione vs spiritualità

Domenica scorsa stavo leggendo “Breve storia delle religioni” di Donini mettendola a confronto con Mancuso (“Io e Dio”).
Suona il campanello e vado ad aprire. Due signore anziane, testimoni di Geova.

Io sono stupida. Nonostante tutte le riprove contrarie, penso ancora che con gente del genere si possa instaurare un dialogo.

Cominciano loro:
– Ma se secondo lei Dio non esiste, tutto il male che c’è nel mondo che scopo ha?
Io ci provo:
– Guardi, stavo provo leggendo Mancuso a riguardo. Però se prendo in mano Monod…
Loro mi interrompono:
– Sì, i terremoti, le guerre, le malattie…
Io:
– Bè, secondo Donini le religioni sarebbero…
Loro:
– Secondo lei è tutto frutto del caso? Questo male, questo dolore…
– Ok, grazie, ho capito. Non mi interessa.

Sgrunt!
Io dicevo qualcosa, e loro continuavano a ripetere la loro poesia.

Mancuso è convincente con la sua idea di Dio non personale e di fede come sentimento; però, visto che ormai è scomunicato di fatto, non capisco perché continui a vivere all’interno della Chiesa Cattolica; e poi leggo Donini, che dice che la religione è solo un portato delle caratteristiche materiali della società, e mi si ribalta tutto.
Alla fine Gesù come personaggio storico non è esistito. I Vangeli si contraddicono l’un l’altro, non si capisce chi ha detto cosa, se la traduzione è corretta, se le intenzioni erano limitate alla sfera spirituale o se si ampliavano a quella politica…
La cosa strana è che mentre leggevo Donini, ho sognato un paio di volte che la mia casa si fratturava o che si capovolgeva. Sono le credenze che mi porto dietro fin dall’infanzia che si sfaldano?

Di solito sono educata, ma c’è mancato poco che mandassi a quel paese le anziane testimoni di Geova con le loro frasette imparate a memoria.

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