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La dieta del digiuno, Umberto Veronesi @libriMondadori

Chiedo ufficialmente alla Mondadori di rimborsarmi gli 11 Euro spesi per acquistare questo libro.

Motivazione: promessa al pubblico non rispettata.

Perché, lasciando da parte i romanzi, dove i titoli possono sconfinare nella poesia, nei saggi non si può mettere un titolo e poi parlare di un argomento che è esattamente l’opposto!

Questo libro non parla di digiuno, se non di striscio: parla di alimentazione!

Ti spiega i macroelementi, i microelementi, l’alimentazione ottimale per bambini ed adulti, il vegetarianesimo, la necessità di esser magri per vivere a lungo… ma poi, quando si tratta di spiegarti nei dettagli come digiunare, Veronesi si limita a dirti che lui fa un pasto al giorno (faceva, scusate).

Non ti dà suggerimenti su come fare per superare le voglie che ti possono afferrare nei primi giorni di digiuno, non ti parla di autofagia o concetti similari, non ti parla di gradualità, non ti sottopone nessuna delle ricerche scientifiche in cui è stato dimostrato quanto bene faccia il digiuno intermittente.

Non dico che sia un male leggerlo: dico che il titolo è uno specchietto per le allodole (o le allocche, come me).

Posso esser d’accordo quando suggerisce: niente carne! Poche calorie! Ma poi… mi dice di bere latte…! Di mucca!? senza parlare del punto in cui definisce il tofu come “soia fermentata” (grave errore: il tofu non è soia fermentata; casomai, soia cagliata: procedimento di preparazione e reazione chimica sono completamente differenti).

Dunque: comprate questo libro solo se volete farvi un ripasso dei concetti chiave dell’alimentazione e del vegetarianesimo etico.

PS: lancio l’esca alla Mondadori: non serve che mi rimborsiate il valore di questo libro. Potete anche mandarmene un altro; diverso, però…

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Come scegliere un tè verde di qualità

Fonti bibliografiche del post

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Dove va la gente, va il business, dice Gary Vay Ner Chuk. Purtroppo ci vanno anche gli incompetenti, o, peggio, gli imbroglioni. Il tè verde negli ultimi anni ha sollevato grande interesse per le sue caratteristiche salutari, dunque sono aumentati gli acquirenti e, di conseguenza, l’offerta si è moltiplicata. Ma molti dei tè verdi che trovo in commercio non sono degni di stare sullo scaffale di un appassionato.

Parliamo dei tè in foglia, perché quelli in bustina li considero un ripiego per le volte in cui sono in posti dove il tè verde non lo trovo (tipo da mia suocera). Ecco alcuni consigli per scegliere un buon tè verde:

  • Annusalo. L’aroma si deve sentir bene. Se è sovrastato dall’odore della carta del sacchetto in cui è contenuto, lascia stare.
  • Prova delle foglie: devono essere asciutte e offrire una certa resistenza allo schiacciamento. Se sono morbide, hanno assorbito umidità.
  • Tè in germogli: sono i tè più pregiati (pensate al c.d. tè bianco) e delicati. Se il tuo presenta una specie di polvere bianca, quasi una lanugine, è un buon tè (a patto che non sia la polvere caduta dallo scaffale, ovvio).
  • Prova del 9: è quella che taglia la testa al toro, l’infusione e l’assaggio. Se possibile, bisognerebbe provare il tè prima di acquistarlo, magari in negozio (sì, magari, se ne trovi uno che offre questo servizio) o facendosi regalare dei campioncini. Il colore dell’infusione di un buon tè verde deve essere verde chiaro o grigio verde. Se tende al giallo o all’ambra, lascia perdere. A proposito: se prepari un tè di qualità e poi lo lasci raffreddare, il liquido cambia colore, hai notato? Colpa dell’ossidazione, che intacca una parte delle proprietà. Meglio berlo subito, compatibilmente col grado di ustione che puoi sopportare (magari soffia prima di perdere le papille gustative).

Infine, il tè verde è un alimento vivo, e col tempo perde aroma e freschezza. Acquista tè raccolti al massimo un anno prima. Oppure, chiedi uno sconto per quelli più vecchi… io non sono così sborona.

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Mangiar sano e naturale con alimenti vegetali integrali, Michele Riefoli

Sostanzialmente non posso che trovarmi d’accordo con Riefoli sul tipo di alimentazione che fa bene alla salute, nonostante – lui è il primo ad ammetterlo – non esiste un’alimentazione perfetta in senso assoluto. Interessante la sua proposta di invertire il pranzo con la colazione (ma per conoscerne i motivi, dovete leggere il libro 🙂

Mi trova un po’ meno d’accordo sul consiglio di moderare l’assunzione di frutta perché con essa aumenterebbero le calorie ed il carico glicemico: c’è gente che vive di sola frutta e non soffre di diabete né di sovrappeso. Non mi trova neanche d’accordo sul fatto che si debba ridurre l’apporto di tè, senza distinzione. Io bevo circa un litro di tè verde al giorno, e sono innumerevoli i testi che parlano dei benefici che apporta questa bevanda (anche se devo evitare di berla dopo le 16, e questo varia da persona a persona, perché qualcuno, come la sottoscritta, può avere difficoltà ad addormentarsi).
Non mi piace neanche che citi Wikipedia, non lo trovo scientificamente serio.

Nonostante il testo sia molto articolato e tocchi un po’ tutti i punti dell’alimentazione (dalla conformazione dell’apparato digestivo allo stile di vita, dalle conseguenze per l’ecosistema e alle proprietà dei vari alimenti naturali), a volte pecca di ironia nei confronti di chi resta tra le braccia dell’alimentazione occidentale tradizionale. Ma soprattutto non mi piace, a pelle, che si debba inventare un nuovo “sistema alimentare”, il Veganic, appunto: cioè un sistema VEG di Alimentazione Naturale Integrale Consapevole.
Cioè: il vegano non basta più, perché anche un vegano può mangiar male, se per esempio abbonda in grassi, ma perché rendersi promotori di un nuovo TM? Questo TM sul logo del Veganic mi disturba. Tutti vogliono diventare guru alimentari. Non basta auspicare un miglioramento dell’alimentazione per la popolazione, bisogna sottolineare che quel miglioramento è stato fatto in nome del proprio logo.

Marketing.

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Insalatona antiossidante vegan

Lasciatemi postare per la prima volta sul blog, una ricetta appena testata.
Ho unito avanzi e alimenti che mi fanno abbastanza schifo ma che non butto via e che, insieme nel pastone, rendono bene.
Unite tutti i seguenti ingredienti insieme:

Insalatina verde.

Zucchine trifolate.
Mio padre me ne ha dati 5 kg ieri, li ho fatti tutti trifolati e ora li metto qua e là. Tra un po’ le userò come crema idratante…

Semi di sesamo

Semi di canapa
Li ho comprati a Postumia. Chissà se li semino… che nascano le piantine? Così poi mi arrestano. Forte!

Pomodorini datterini
Ricchi di licopene, buon antiossidante. Oltre che di vitamina C, che aiuta l’assorbimento del ferro (chi è vegano dovrebbe sempre assumerne durante i pasti, perché il ferro delle verdure è di più difficile assorbimento).

Qualche bacca di Goji.
Ma a voi piace? A me no. Ma mischiata col resto offre una piacevole nota dolce. Antiossidantissima.

Tè verde.
In questo periodo bevo Long Jing. E’ una buona qualità, si potrebbe utilizzare per più infusioni, ma io lo uso una volta sola. Siccome non mi piacciono gli sprechi, e non mi piace fare la sborona che si permette di buttar via del buon tè verde ancora utilizzabile, dopo la prima infusione lo lascio seccare e infine lo polverizzo col pestello. Si può usare ovunque. Antiossidante, abbassa il colesterolo, ecc… e mangiandolo, sfrutti le sue qualità al 100% (un po’ come il matcha, però a costo inferiore).

Mezzo hamburger di spinaci.
Orribili. Sarà il tofu che contiene, o l’associazione col riso e le patate, insomma, bleah, da solo non si può mangiare. Così l’ho tagliato a dadini. Il tofu apporta proteine.

Mi sento brava.

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Il libro del tè verde, Diana Rosen

Diana Rosen è una scrittrice giornalista poetessa e amante del tè verde. E’ redattrice di un settimanale americano dedicato al tè.
Questo libro è apprezzabile perché non si dilunga sui miracoli del tè verde, sebbene includa una sezione sull’argomento, ma perché ci sono informazioni che non ho trovato in altri testi.
Ad esempio, la parte sulle teiere Yixing:

“Dopo aver preparato per anni lo stesso tè nella stessa teiera, è veramente possibile versarvi dentro solo acqua: il gusto e l’aroma di anni di tè si diffonderanno nell’acqua senza alcun bisogno di aggiungere foglie”.

Oppure la distinzione per tè in base ai paesi, includendo non solo i giapponesi e i cinesi, ma anche quelli di paesi di solito meno considerati per il tè verde.

Seguono le ricette ma anche consigli di utilizzo del tè per la casa (profumazioni, pulizia, giardinaggio, zanzare…), sebbene non tutti possano permettersi il gyokuro o il matcha per certi usi.

Consiglio per qualcuno che non sa apprezzare il tè verde perché… lappante: lasciatelo meno in infusione! Max 1 minuto. E, per favore, non usate acqua bollente.

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Il tè verde, Hu Hsiang-Fan, Marion Zerbst

Libro non recentissimo, pubblicato in Germania già nel 1998, breve, con il vantaggio di alcune belle foto di tè in foglia riprese prima dell’infusione, nell’effetto in tazza e come rimanenza.
Certo, leggendolo a volte si ha l’impressione che sia stato commissionato dai produttori di tè, visto che riporta magie e miracoli di questa bevanda sorvolando velocissimamente sulla possibile interferenza con l’assimilazione del ferro.

Ci sono poi due tabelle che mi lasciano perplessa: una perché indica il contenuto di vitamine senza indicare l’unità di misura; l’altra perché non si capisce proprio cosa voglia spiegare (anche se si può dedurre che parli dell’effetto stimolante e della sua durata nel corso della giornata in confronto al caffè).

A parte questo, l’ho letto volentieri.
Ho trovato particolarmente interessanti le ricette alla fine e i consigli sulla scelta della teiera: le teiere migliori sono in argilla; quelle di migliore qualità sono quelle che non odorano di argilla. L’argilla deve cuocere ad alte temperature: per riconoscere le teiere giuste, bisogna togliere il coperchio e dare dei colpettini all’interno, più il suono è alto, maggiore è lo spessore, più alta è la qualità.
Il coperchio deve chiudersi ermeticamente (si possono fare le prove antirovesciamento tappando il foro di sfiato dell’aria). Il manico e il beccuccio devono essere allineati.
Col tempo e l’uso queste teiere diventano sempre più lucide.
Le teiere in argilla sono indicate per i tè dal sapore marcato perché lasciano traspirare gli aromi. Per i tè aromatizzati, vanno bene anche le teiere in porcellana che, essendo rivestite di smalti, non traspirano e lasciano uscire i vapori solo dall’apertura superiore.
Per quanto riguarda le teiere in metallo, sono sconsigliate quelle in ferro (e te pareva che ce l’avevano con me…) perché compromettono l’aroma.
OK anche le teiere in vetro, soprattutto per i germogli e i fiori che si aprono e offrono un bello spettacolo.

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