Tranquilli, non sono regredita alle mie giovanili credenze cattoliche, ma dovevo leggere un libro in tedesco, mi serviva una extensive reading (Stephen Krashen docet) e non ho sempre testi di mio gusto in libreria. Dunque, come faccio spesso (forse troppo spesso) nella vita, mi sono accontentata.

E poi inutile negarlo: fino ai vent’anni sono stata una cattolica immersa in un ambiente cattolico, ero convinta che i cattolici fossero almeno un poco migliori dei non cattolici, e più messe mi sorbivo (pur pensando ai cavolacci miei) più a posto con la coscienze mi sentivo. Dunque, Giovanni Paolo II è stato il mio papa, e leggere di lui mi ha riportato indietro nel tempo.
Ma questa non è una biografia classica.
Andreas Englisch è un giornalista che ha fatto parte per molti anni del pool che accompagnavano il papa nei suoi viaggi: saliva sugli aerei con i colleghi, fumava, litigava per afferrare una frase papale in più degli altri, correva a telefonare alla propria redazione per informarla se il pontefice aveva fatto una battuta o se era inciampato nella tonaca.
E a differenza delle biografie che piacciono a me, quelle con dettagli intimi trasmessi di prima mano, l’autore non è mai riuscito a fare una vera intervista a quattr’occhi col papa. Englisch scrive di quello che vede, di quello che legge, e di quello che pensa. E anche di com’è difficile la vita del giornalista al seguito del pontefice, che forse è la parte più interessante, per i non credenti, come quando sono venuta a sapere che è usanza, tra quei professionisti così compiti, portarsi a casa più souvenirs possibili, che siano portatovaglioli in argento con lo stemma papale o fogli di carta scritti a mano dal pontefice e recuperati dal cestino; molti di questi souvenirs si trovano anche oggi nei mercatini dell’usato in giro per l’Italia e sono venduti a prezzi folli.
Andreas Anglisch non è cattolico. Quando ha iniziato a seguire il pontefice nei suoi viaggi, non nascondeva a nessuno i suoi dubbi nei confronti della chiesa cattolica: dalle enormi ricchezze, agli scandali finanziari, alla pedofilia, al mancato aiuto agli ebrei durante la seconda guerra mondiale, al divieto di utilizzare protezioni durante i rapporti sessuali anche in periodo di AIDS ecc…
Ma questa esperienza doveva metterla per iscritto se non altro per farci sapere com’è la vita dietro le quinte di un giornalista (e comunque, i libri sul papa vendono sempre piuttosto bene).
Andreas Englisch, durante gli anni, ha visto il papa come un soldato che si poneva dei compiti da assolvere. Ogni volta che ne aveva compiuto uno, Englisch pensava che il papa avesse perso il suo obiettivo, e invece Woytila lo sorprendeva sempre con una nuova battaglia.
All’inizio si trattava di combattere il blocco sovietico, poi di unire i cristiani (evangelici, ortodossi…), poi di unire tutte le religioni monoteiste, poi di riappacificarsi con ebrei, poi di riappacificarsi con i musulmani, poi ammettere le colpe della chiesta nel caso Galilei, poi di chiedere scusa per l’inquisizione…
Insomma, un lavoro non indifferente per un uomo che aveva i suoi acciacchi di salute.
L’autore non cambia idea su certi argomenti: il rifiuto degli anticoncezionali in India e in altri paesi ad alti tassi di AIDS è un punto su cui la chiesa non ammette deroghe, così come sul ruolo delle donne, sul celibato, sull’aborto. Ma negli anni ha imparato ad apprezzare la resilienza del papa, la sua capacità di andare avanti anche se chi gli stava attorno non approvava (vedi Ratzinger in merito ai miracoli di padre Pio).
Mi ha colpito un episodio che non ricordavo.
Il Papa non ha mai accettato l’affermazione statunitense secondo cui Dio è dalla parte degli USA anche (e soprattutto) se attaccano militarmente altri paesi. Quando Woytila è andato in visita in America, Clinton, per affermare la supremazia dell’idea americana su quella del pontefice, ha fatto qualcosa che nessun altro capo di stato aveva mai osato.
Con il peggioramento della salute di Woytila, i presidenti, all’arrivo dell’aereo papale, si presentavano subito davanti alla scaletta, per evitare al papa di camminare troppo, visto che era molto affaticato e dolorante. Clinton no. Ha fatto preparare un lungo tappeto rosso che univa la scaletta alla tenda sotto cui lui è rimasto ad aspettare, costringendo il vecchio a trascinarsi fino a lì.
Perché non mi ricordavo questo episodio?
Non mi pare di aver trovato traduzioni in italiano di questo libro e credo che non farebbe comunque successo. Non svela nulla di nuovo, non si lascia andare a teorie complottiste né a improperi verso i grandi peccati vecchi e attuali della chiesa cattolica. Non sappiamo davvero cosa pensasse Woytila in certi frangenti, sappiamo solo cosa ne pensa Andreas Englisch (che, per la cronaca, continua a pubblicare in Germania libri sulla chiesa romana).
Manca insomma quell’elemento piccante che attira le grandi folle di lettori in Italia.
Ma qualche punto interessante ce l’ha, per lo meno per me che fino a una certa età nella vita ho sempre accettato pedissequamente come vero e giusto quello che mi dicevano i miei genitori.
Nella vita, non si dovrebbe mai rinnegare niente ma sfruttare tutto, almeno come lezione.