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Limonov (Emmanuel Carrère)

Sono contenta di aver letto adesso questo libro che bramavo da tempo.

Adoro l’autofiction di Carrère, e questo volume è utile anche per capire la Russia, al di là degli schemi mentali semplificativi che ci vengono imposti dalla politica e dai media.

Limonov è morto a marzo del 2020, dopo che Carrère ha pubblicato la biografia.

Su Wikipedia viene presentato come scrittore, ma dopo aver letto la biografia di Carrère si capisce che la scrittura è stata solo il modo da lui utilizzato per guadagnare qualche soldo raccontando le sue esperienze; non è mai stato afferrato dal demone dell’arte.

In realtà, Limonov è difficilmente definibile.

Fin da piccolo è stato attratto dalle personalità forti: e nell’Ucraina della sua infanzia (siamo negli anni Cinquanta e inizio Sessanta) i più forti erano i criminali di strada. Il suo scopo era essere rispettato, venir considerato come un uomo forte da uno stuolo di sottoposti. Per tutta la sua vita Limonov odierà passare in secondo piano, anche se sopra di sé ci saranno uomini che rispetta.

A Mosca entra in un ambiente letterario, ma la Russia tra gli anni Sessanta e Settanta gli sta stretta e si trasferisce negli Stati Uniti, dove inizia a lavorare per una rivista culturale russa. La moglie lo lascia e lui finisce sulla strada: vivrà alcuni mesi da senzatetto e avrà delle esperienze omosessuali, prima di diventare il maggiordomo di un miliardario.

Ma come, direte voi: uno che non sopporta la figura del comprimario si riduce a fare il maggiordomo modello di un miliardario? Beh, Limonov è un maggiordomo modello solo quando il suo padrone è a casa, ma il miliardario viaggia parecchio ed è interessante leggere cosa fa il maggiordomo quando il padrone non c’è!

Soprattutto è molto limonoviano l’odio che il sottoposto prova nei confronti del padrone, per quanto liberartario questi possa essere. Non disdegnerà di tenerlo sotto tiro una sera, fantasticando di far fuori il padrone e tutta la sua cricca che se la gode – ignaro – ad una festa dal vicino di casa.

Negli anni Ottanta il nostro (anti)eroe si trasferisce in Francia con la nuova moglie.

Ecco, il capitolo delle relazioni intime di Limonov è fuori dagli schemi (per lo meno dai miei, non so quanti di voi si ritrovino in queste esperienze). Ha sempre sognato donne di categoria A, ricche, affascinanti, longilinee, bombe sexy, ma la prima donna con cui va a vivere è una malata mentale obesa, e neanche le compagne successive sono un esempio di femmine alfa: drogate, ninfomani, alcolizzate, bipolari…

Ma Limonov è un tipo passionale, non ha mezze misure: geloso della propria donna, invidioso di quelle degli altri uomini, passerà brutti periodi (e dire “brutto” è un eufemismo) ogni volta che verrà mollato, e si ritroverà ai limiti dell’esaltazione ogni volta che inizierà un nuovo rapporto.

Quando nel 1991 l’Urss cade, lui ritorna in patria e si dedica alla politica.

Da che parte può stare uno così?

Uno che odia le masse e che stravede per la figura dell’uomo forte (soprattutto se l’uomo forte è lui)?

Ecco, la sua posizione politica è più sfumata di quello che sembra. Di certo non si può definire comunista, e infatti fonderà un partito insieme a Dugin, il filosofo che molti considerano l’ispiratore di Putin (e a cui è morta la figlia un paio di giorni fa per un attentato).

Ma la sua simpatia intima la dedica alle masse, ai pastori delle steppe, ai senzatetto, a quelli che lui considera veri russi: disdegna i ricchi, odia Putin (anche se ne sostiene la politica estera nei confronti dell’Ucraina, almeno fino al 2020), odia i padroni in generale.

Trascorrerà dei periodi in prigione per opposizione al regime putiniano e dovrà muoversi al seguito della propria scorta privata. E per tutta la sua vita, amerà la guerra.

Sì, la guerra vera: le armi, le battaglie, i carri armati, l’azione, l’adrenalina.

Viene ripreso in un video in cui spara sugli abitanti di Sarajevo dalle file filo serbe. Abitanti civili, intendo.

Carrère va in crisi, quando viene a saperlo.

“Mi ha raggelato al punto che ho abbandonato questo libro per più di un anno. Non tanto perché vi si veda il mio personaggio compiere un delitto – in effetti, non si vede nulla del genere -, ma perché Eduard vi fa una figura ridicola. Un ragazzino che si atteggia a duro in una sagra di paese.”

Limonov viene allontanato da moltissimi dei suoi precedenti sostenitori: ha compiuto atti che non sono moralmente accettabili neanche nella sua cerchia di semi-sbandati.

Non mi piacciono queste persone. Carrère cerca di rendere Limonov nelle sue sfumature, e ci riesce, ma non vorrei mai avere nulla a che fare con chi prende in mano un’arma per sparare verso una città per puro amore dell’adrenalina. Fossi Thanos, le farei scomparire tutte le persone così.

Nella seconda parte del libro si parla molto di Russia.

Capirla è difficile per noi che viviamo in democrazia da decenni (per quanto una democrazia difettosa). Ma i russi venivano da settant’anni di comunismo, dove gas e luce venivano pagati dallo stato. Quando Limonov spiega alla madre rimasta in patria che in Francia le bollette devono pagarle i cittadini, la madre si meraviglia di quanto sia povero il governo francese.

E quando il comunismo finisce, i miliardari arraffano qualunque cosa. Gli oligarchi vivono sulle spalle della gente comune, controllano i mass media e riescono a far passare il messaggio che i nemici sono altrove.

“La gente non ne può più della democrazia, del mercato e dell’ingiustizia che si portano dietro.”

In questo bordello, salta fuori Putin.

Vite agli estremi.

Quando dico che mi piacerebbe una vita più varia, non ho Limonov come riferimento. Il mio carburante non è l’adrenalina; è la curiosità. E gli uomini (o le donne) forti mi piacciono solo se il loro sistema morale è simile al mio (no alla guerra, no alle droghe e all’alcool, no ai tradimenti).

Personaggi come Limonov sono interessanti, ti aiutano a capire che ogni essere umano è diverso dagli altri, ma questo non significa che vorrei frequentarli tutti…

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