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Il piccolo libro del superamento personale – Josef Ajram

La mia traduzione del titolo farà acqua come le cascate del Niagara, ma credo che il senso si capisca.

Josef Ajram è nato da madre spagnola e padre siriano. E’ un’autorità in Spagna per il suo lavoro in borsa, ma è anche molto conosciuto come atleta (bici, triathlon e ultra-competizioni).

Non ho letto il primo libro sul superamento personale. Questo ha due idee fisse (ma fisse nel modo giusto, non così esageratamente fisse da rendere noiosa la lettura): l’eccessiva dipendenza dai social e la caducità della vita umana.

Ajram è uno che raccoglie frasi e massime in giro per il mondo, dai libri, dalle pareti dei bagni pubblici, dai graffiti sui tavolini delle birrerie ecc… se le segna e ci riflette su. Questa è una raccolta di tali frasi con le relative riflessioni.

E’ difficile che un libro del genere dica davvero qualcosa di nuovo nel panorama del self-help, ma è una lettura piacevole e – a suo modo – utile, perché le verità più semplici e profonde sono quelle che ci dimentichiamo più spesso.

Dunque eccovi solo alcune delle massime che Ajram si è appuntato (non riporto i nomi di chi le ha pronunciate, è il contenuto che conta, non la fonte):

  • Preoccupati più del tuo carattere che della tua reputazione. Il tuo carattere è ciò che sei davvero. La tua reputazione è solo ciò che gli altri credono tu sia.
  • La felicità si raggiunge quando ciò che pensi, che dici e che fai sono in armonia.
  • Non puoi cambiare il tuo passato, ma puoi sempre dargli un nuovo significato.
  • Inciampare non è un male; arrabbiarsi con la pietra, sì.
  • Se stai cercando la persona che cambierà la tua vita, dà un’occhiata allo specchio.
  • Distacco non significa che tu non debba possedere nulla; significa che tu non sia posseduto da nulla.
  • Passare del tempo con i bambini è più importante che spendere soldi per i bambini.
  • Devi smettere, non sei capace. – Se smetto non sarò mai capace.
  • Essere una brava persona non costa nulla.
  • Vale la pena vivere? Tutto dipende da chi vive.
  • Disapprendere la maggior parte delle cose che ci hanno insegnato è più importante che apprendere.
  • Ci sono tre strade che portano alla saggezza: la imitazione è la più facile; la riflessione è la più nobile; e l’esperienza la più amara.

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Leader: how to feel

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You cannot find motivation around you; you cannot buy it on a supermarket nor in internet nor at the fair.

A leader, even a good one, cannot motivate you, if you aren’t interested in your job, if you are not fallen in love with your tasks. But for sure, a bad leader can destroy the emotional climate inside a team and jeopardize the goals.

Pietro Trabucchi (Persistency Is Human) is a psychologist who has worked with olimpic teams in 2006 and with the national Thriathlon teams. He is an expert on sport rsistance, a runner and an ultra athlet himself. Motivation (in sport, business or family) is one of the topics he has studied and experienced.

In his opinion, the team leader has 4 basic points to work on:

  • relationships among the team people
  • let people feel competent
  • give autonomy
  • pay attention to communication

First task: work on emotional climate! If just one person doesen’t integrate well or experiences bad feelings, the self-motivation of the other members can collapse. This can be rather riskful if the team is trying to get the Everest top while the snow storm is raging and you ran out of food and water, you know?! But this can also be the reason why some groups do not go high.

Daniel Goleman, in this short collection of articles (What Makes a Leader: Why Emotional Intelligente Matters) has something more to add about leadership. He focuses on leaders’ emotions and attitude.

A cruel or irritating leader builds an ill organisation. The aim of his subordinates to avoid the leader’s screams and all their efforts go wasted into emotional self-defense. Leader’s mood is contagious! Dont’ forget this. Fearful subordinates can get results in the short tems, but this usually doesn’t happen in the long run.

So far,  Goleman; but I really wonder if he ever visited an italian company.

More than ten years ago I worked for a other company. Each time that I walked around the boss’ office, I prayed that he was not in. And if I knew that he was in, I prayed that his door was closed. And if door was not closed, I prayed that he was looking elsewhere (well, I prayed alot in that period…). If I was not so lucky, if he was in the office, if the door was open and if he was looking in my direction, I just had to walk near his office to get a vigorous curse.

Why? Bad mood. He did the same with all his staff, with very few exceptions (mainly his family members). But the worst thing is that all the hierarchy had the same mood. And I was one of the last chain rings, you can imagine:-(

Well, Mr. Goleman, I am not sure what you mean when you say that such organizations have no success on the long run. My former employer is on the market since the Sixties. Yes, I admit: with up and downs; yes, with an high turnover, of course. But this is normal, in Italy, above all in the North East of Italy. Maybe such companies are not 100% efficient, because subordinates hide instead of being rich of new ideas and enthusiasm. But believe me, this doesn’t notch the boss’ richness. The goal is got.

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Leadership e gruppo (aziendale, sportivo, studentesco…)

imageUn leader deve essere dotato, più che di autorità, di autorevolezza. Mi spiego: l’autorità scende dall’alto, è quella che deriva dal ruolo ricoperto (un magistrato, un insegnante, un dirigente…). L’autorevolezza invece viene concessa dal basso, direttamente dal team che si deve dirigere. Se vogliamo chiamare in causa il vecchio Weber, anche se lui si riferiva prettamente all’ambito politico, il potere del leader non deve essere legale o tradizionale: può essere anche così, ma non può fare a meno dell’aspetto carismatico.

Non si nasce leader, ma lo si può diventare, lavorando su se stessi e sul gruppo. E’ importante che il leader sia:

  • ispirato: lui per primo deve credere in ciò che fa
  • aggiornato sulle novità (es. nuovi sistemi di allenamento per una squadra sportiva)
  • sincero: la comunicazione con i membri del gruppo non deve mai mancare né essere lacunosa o deviata
  • interessato (davvero) al benessere dei sottoposti
  • un esempio. Il vero leader non deve mai chiedere ai membri del team di fare qualcosa che lui non farebbe o non ha già fatto. Da questo punto di vista, sono rari i politici che sono investiti di autorevolezza:-(

E quali sono i compiti principali del leader?

Innanzitutto, mantenere un clima emozionale positivo. Se un membro del gruppo si sente escluso o deriso dagli altri, tutto il team ne risentirà. Secondo alcuni studi, il clima emozionale incide circa il 20-30% sui risultati della prestazione totale, senza contare tutti i malumori che saltano fuori e che, se non gestiti, rischiano di degenerare. Una delle modalità migliori per creare questa positività, è… frequentarsi. Creare delle occasioni di dialogo che siano anche (e, secondo me, meglio) al di fuori del contesto in cui il gruppo normalmente opera: cene per una squadra sportiva, partite di pallavolo per i membri di un ufficio, raduni, passeggiate collettive, visite a mostre o spettacoli… L’idea che mi son fatta è che più questi incontri organizzati sono lontani dal solito ambiente, più aumentano le probabilità di conoscere aspetti delle persone che in ufficio o sul campo di gioco non vengono mai tirati fuori. Tiro fuori Pirandello e le maschere? Ognuno usa una maschera diversa in base al contesto in cui si trova in quel momento.

La frequentazione frequente rende difficile la nascita dei fantasmi, ovverosia quelle percezioni errate delle intenzioni e delle personalità degli altri componenti del gruppo. Se non ci si parla, è facile arrivare alla conclusione che il giocatore X pensi che il giocatore Y sia una palla al piede: più la comunicazione è rarefatta e più aumentano le probabilità di paranoie all’interno del gruppo.

Ma cosa bisogna fare per aumentare la motivazione dei singoli membri del team? Beh, la motivazione è strettamente individuale, nasce da dentro. Non si può indirizzarla con uno stipendio a quattro zeri o con la promessa di una coppa. Però il leader può far leva sulle emozioni. Gli esseri umani sono disposti ai sacrifici per le emozioni. Non per un trofeo, non per 10.000 euro in banca, ma per le emozioni che sono legate a quel trofeo e a quei soldi in banca. Se è facile scaricare la motivazione di un membro del gruppo con un’occhiata storta o con una chiacchiera alle spalle, si può sempre cercare di risollevarla facendolo sentire capace, apprezzato, indispensabile, autonomo.

Un aumento di stipendio al giorno d’oggi è la maggior ambizione di chi ha un lavoro: ma non è per i soldi in sé, è perché questi soldi in più rappresentano l’apprezzamento del titolare/dirigente che non riesce/vuole dire: grazie, bravo, come sai fare le cose tu, non le sa fare nessuno.

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Thrive – The vegan nutrition guide to optimal peformance in sports and Life (Brendan Brazier)

Trovato solo in inglese… Brazier è un triatleta professionista che, dopo aver provato tutti i tipi di diete immaginabili allo scopo di migliorare le sue prestazioni sportive, ha scoperto l’alimentazione vegana (in gran parte crudista), e ha deciso che è la migliore.

Le nozioni di base sono sempre le stesse, ma questo libro parte con una lunga introduzione sullo stress, in particolare lo stress a cui sottoponiamo il nostro corpo quando lo costringiamo a digerire certi alimenti.

Siccome allo stesso tempo sto leggendo anche “The starch solution” del dr. McDougall (anche questo in inglese, cavoli, e per di più in E-Book, perché costava molto meno del cartaceo: editoria italiana, possiamo svegliarci per favore?), mi ha colpito la piramide alimentare di Brazier.
Entrambi sono per un’alimentazione vegana, ma mentre il dott. McDougall mette alla base della piramide i cibi a base di amido (cereali, patate, vegetali amidacei ecc…), brazier ci mette i vegetali (“fibrous” li chiama: ma i vegetali non contengono tutti fibre?), lasciando i carboidrati amidacei alla punta della piramide, cioè come alimenti da consumare ogni tanto.
Invece, Brazier è un fan scatenato degli pseudocereali (amaranto e quinoa in primis, che comunque sono amidacei, sbaglio?), e ammette gli oli aggiunti, se pressati a freddo e di un certo tipo, cosa che McDougall preferisce sconsigliare.

Brazier ha una posizione più vicina a quella del dottor Fuhrman e alla sua dieta nutritariana, con qualche eccezione.

Tutte queste differenze tra diete a base vegana mi convincono sempre di più che dell’alimentazione ne sappiamo davvero poco. Tutti questi professionisti hanno ottenuto dei risultati (dimagrimento, protezione da certe malattie, miglior umore, rallentamento dell’invecchiamento…), ma sono solo i dettagli a cambiare. Non possiamo dire “elimina i grassi” oppure “non mangiare patate” se queste affermazioni sono scollegate dallo schema generale dell’alimentazione e dello stile di vita di una persona.

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