Tag Archives: sogni

About writing (Gareth L. Powell)

Gareth L. Powell è uno scrittore inglese di fantascienza che pubblica libri da una decina d’anni.

Non è un’esperienza lunghissima, ma è sempre più lunga della mia, dunque consigli e ispirazioni sono benvenuti.

Il saggio parla della scrittura nell’accezione più ampia, dalla paura della pagina bianca alla gestione del successo (se e quando arriva).

In realtà, il succo del libro è: per diventare uno scrittore di (qualche) successo, bisogna leggere tanto e scrivere tanto. Non si discosta molto dal nocciolo del libro di Stephen King “On Writing”. Lo sappiamo tutti che per diventare bravi in un’attività bisogna esercitarsi, eppure, continuo a comprare libri che mi lo ripetono fino allo sfinimento.

Powell scende poi nel dettaglio dei generi letterari (allargandosi un po’ di più con la fantascienza, perché è il genere che conosce meglio), delle abitudini utili per la scrittura, del luogo, delle sue giornate tipo, degli agenti letterari… Ci fornisce anche un elenco di prompt, di idee a cui attaccarsi quando davvero non sappiamo come riempire la pagina.

Fortunatamente, il blocco da pagina bianca non mi riguarda da vicino. Una pagina la riempio sempre, bene o male. E sta qui il succo: basta scrivere. Se si scrive male (e di solito è così), si può sempre cambiare in un secondo (e in un terzo e in un quarto) momento quello che si è scritto, anzi, direi che la vera scrittura è una ri-scrittura.

A volte l’autore tergiversa: come altri scrittori di cui ho letto, Powell ha bisogno di rumori di sottofondo mentre scrive e allora ci racconta del canale YouTube con i suoni di un caffè affollato: non so quanto aiuti lo scrittore esordiente italiano.

Vi dico io quale è problema dell’aspirante scrittore italiano: è che il mercato è piccolo. Non solo ci sono pochi abitanti in Italia rispetto ai paesi di lingua inglese, ma ci sono anche pochi lettori. Quanti scrittori italiani conoscete che vivono solo ed esclusivamente dei diritti derivanti dai loro libri?

Ma mi sto inacidendo.

Il fatto è che non si scrive per diventare ricchi. Si scrive perché si ha bisogno di farlo. Come si può sentire il bisogno di dipingere, di cucinare, di fare fotografie, di cantare.

Io, personalmente, ogni tanto cado in depressione e cerco di smettere: a cosa serve? mi chiedo.

Ci sono persone vicino a me che chiedono anche a cosa mi serve leggere, dunque figuriamoci cosa commenterebbero se dicessi loro che scrivo di nascosto. Eppure… C’è tanta gente là fuori che scrive, anche qui in Italia. Ed è bello parlarne. E’ bello avere dei sogni, anche se si sa che non riusciremo mai ad esaudirli.

Chi ha dei sogni è sempre più ricco di chi non ne ha.

Leave a comment

Filed under Libri & C.

Creatività – Come ci rende più coraggiosi, più felici e più forti (Melanie Raabe)

Melanie Raabe è una scrittrice tedesca di thriller. A differenza di molti altri artisti, che creano un mito di se stessi dicendo di aver iniziato a scrivere/cantare/dipingere ancora in culla, lei è molto sincera e confessa di aver provato con molte strade prima di trovarsi con la scrittura: ha provato la musica, il balletto, la recitazione…

Sa quello che dice dunque quando ci spinge a cercare la nostra strada, la nostra forma di arte. Che poi sia un hobby o un lavoro, poco importa; l’importante è avere qualcosa che ci permetta di creare, perché il nostro cervello ne ha bisogno.

Analizza le varie fasi dell’esperienza creativa; dall’inizio, che è quello che ci fa più paura, alla commercializzazione delle proprie creazioni.

In ogni fase, ci sono dei punti fermi. Il primo è: fare.

La procrastinazione è un effetto della paura, ma la creatività è, per definizione, incerta, perché si mette al mondo qualcosa che non c’era. E poi è un falso mito quello secondo il quale la quantità va a discapito della qualità: in realtà non ci può essere qualità se prima non c’è stata una bella dose di quantità.

Un altro punto fermo per la Raabe è la routine: l’ispirazione è importante, la motivazione è importante, ma da sole non ti portano alla conclusione di un progetto. Le energie si consumano, le scelte che dobbiamo compiere ogni giorno consumano la nostra riserva di energia. Una routine ci libera dal peso delle scelte.

E infine: autenticità.

Che significa: autoaccettazione. Capacità di aprirci al mondo, magari rischiando la vulnerabilità.

Ma la vulnerabilità è un tratto universale: ognuno di noi è vulnerabile in qualche punto, e venire in contatto con un’opera d’arte (un romanzo, un quadro, una performance) che mette in scena una vulnerabilità simile alla nostra, crea un legame con l’autore e ci fa sentire meno soli. Solo mettendo in gioco la nostra vulnerabilità possiamo creare qualcosa di veramente autentico.

Certo: accettarsi e rendersi vulnerabili non è da tutti. E’ per questo che la creatività può renderci più forti, perché è anche un lavoro su noi stessi.

Insomma, la Raabe affronta un po’ tutti gli aspetti della creatività: dalla capacità di accettare le critiche ai modi per far affluire l’ispirazione, dalla disciplina all’imitazione di altri creativi.

Sono contenta di terminare l’anno con un libro sulla creatività. Non che mi abbia svelato novità sconvolgenti, ma mi è bastato leggerlo per ricordarmi che la creatività esiste.

Non so voi, ma nel mio ambiente i creativi non abbondano; sì, lavoro per un’azienda di design, ma vi assicuro che questi creativi milionari non vengono a pranzo con me, banale impiegata: mi è capitato solo una volta di cenare accanto a Giovannoni, anni fa, ma non ha mai voltato la testa dalla mia parte; l’ha sempre tenuta girata dalla parte opposta, quasi da farmi pensare che avesse un torcicollo.

Se altri creativi ci sono, nel mio ambiente – tra parenti e amici – fanno di tutto per non darlo a vedere, quasi in una forma di pudore (e forse ha a che fare con la paura di rendersi vulnerabili).

Il fatto è che mi sembra di essere l’unica qui attorno ad avere un sacco di sogni, e quando sento parlare di creativi e creatività, mi illumino: chi crea lo fa perché sente che nel mondo (o a lei/lui) manca qualcosa.

Dai, è l’ultimo giorno dell’anno, lasciatemi che scriva qui i miei sogni, uno più irrealizzabile dell’altro (anche se, chissà, con una buona dose di creatività si potrebbe fare qualcosa):

  • cambiare lavoro e settore (magari passando nell’editoria, tra libri di narrativa e saggistica)
  • prendermi un gatto persiano
  • vivere sei mesi in un paese, sei mesi nell’altro (Costa Rica, Perth, Ottawa, Okinawa, Nuova Zelanda, Nuova Caledonia…)
  • avere una casa al mare (non a Caorle… pensavo a qualcosa in Florida)
  • avere molti amici tra scrittori e scrittrici
  • visitare un museo diverso alla settimana
  • diventare invisibile al bisogno
  • leggere nel pensiero
  • finire certi discorsi con certe persone
  • imparare a parlare in pubblico
  • essere più spigliata e meno introversa
  • imparare bene il cinese
  • studiare il giapponese (che mi servirà per quando abiterò a Okinawa)
  • camminare in una piantagione di té in Sri Lanka
  • buttarmi col paracadute
  • dimagrire come Adele (e magari imparare a cantare come lei)
  • Salvare le tigri e altre specie dall’estinzione (anche con mezzi estremi)
  • Diventare dittatrice d’Italia (e metterla a posto)
  • Abbondarmi dall’estetista
  • Dare uno schiaffo a chi se lo sarebbe meritato in passato
  • Creare qualcosa di decente con la tecnica del mixed media
  • Vivere da sola
  • Scrivere libri
  • Ragionare con i capi di stato che trattano male i propri cittadini
  • Scoprire se esiste l’aldilà
  • Parlare con degli extraterrestri e visitare i loro mondi
  • Scoprire come è nato l’universo
  • Capire cosa voglio davvero dalla vita.

2 Comments

Filed under Libri & C.

L’ultima lezione – Randy Pausch (con Jeffrey Zaslow)

Nelle università statunitensi si usa offrire agli studenti una “ultima lezione”: il professore fa un sunto dei punti più importanti del suo insegnamento, come se poi non ci fossero altre lezioni, in vista di un’ipotetica morte annunciata.

Quando è toccato a Randy Pausch, le autorità accademiche volevano cambiare il titolo in qualcosa di meno macabro: Randy Pausch infatti, quarantasettenne professore di informatica, aveva una decina di metastasi al pancreas e non gli restavano molti mesi di vita. Ma Pausch non ha accettato.

Potete vedere interamente la sua ultima lezione online (#thelastlecture), intitolata “Realizzare davvero i sogni dell’infanzia”.

La sua ultima lezione non parla di informatica, ma di vita. E il libro che ne è nato, non è di quelli che ti fa piangere ad ogni pagina: è un insieme di aneddoti sulla sua vita e una raccolta degli insegnamenti che lui si sente di lasciare ai suoi tre figli.

Ne esce il ritratto di un uomo pieno di energia, amante dei parchi giochi, luna park e delle giostre estreme, che è riuscito a coniugare la professione con le sue passioni. Uno che aveva dei sogni da piccolo e che è riuscito a farli avverare.

Sono messaggi semplici, niente di trascendentale, eppure sono impregnati delle piccole verità che danno significato alla vita.

Leave a comment

Filed under authobiographies, autobiografie, automiglioramento, book, Libri, Libri & C., purposes, Saggi, Scrittori americani