Tag Archives: Socrate

Le consolazioni della filosofia – Alain De Botton @GuandaEditore

Dai ammettiamolo: la parola Filosofia incute timore alla maggior parte dei lettori medi.

Perché? Credo che la ragione sia da ricercarsi in un errore di metodo.

Mi spiego: a scuola si parte dal periodo storico e dai filosofi di quel periodo. Stiamo studiando il Novecento? e vai di Heidegger e Nietzsche e Adorno, finché non ti viene la nausea. Così, a valanga, senza minimamente porsi la domanda se i loro contenuti possono integrarsi nel vissuto degli studenti.

Secondo me è sbagliato: per avvicinare il lettore medio alla filosofia bisogna partire dai problemi concreti, e poi leggere i filosofi che li hanno affrontati. Un approccio, diciamo, per argomento.

In questo momento ho questo problema, dunque in questo momento dovrei leggere Tizio. Ho un altro cruccio? Allora leggo Caio. Deve essere l’interesse contingente ad avvicinare il lettore a certi autori: una volta fatta conoscenza, poi, la voglia di approfondire verrà da sola.

E’ l’approccio che ha adottato Alain De Botton, svizzero trapiantato a Londra, che ha già reso la filosofia più abbordabile con altri suoi romanzi divulgativi (es. “Il piacere di soffrire”, “Cos’è una ragazza”).

Hai problemi di impopolarità? Allora leggi Socrate, impopolare per eccellenza, uno che stava così sulle balle ai propri concittadini che lo hanno fatto ammazzare.

Problemi di denaro? Leggiti Epicuro, così ti renderai conto che la parola “epicureo” ha un significato molto diverso da quello accolto nella mentalità comune, e magari incomincerai anche a ridimensionare le tue voglie e i tuoi desideri.

Soffri di frustrazione? Seneca fa per te (mi permetto di consigliare le “Lettere a Lucilio”, di semplicissima lettura e sempre, ma sempre semprissimo, attuali).

(…) secondo Seneca, a farci arrabbiare sono le aspettative pericolosamente ottimistiche nei confronti del mondo e delle persone.

Senso di inadeguatezza? Non sei l’unico: guarda Montaigne. Oltre a parlare liberamente di funzioni corporali (tanto per ricordarci che anche i filosofi sudano, fanno la cacca e che sono influenzati dal loro sistema fisiologico), ci aiuterà a sentirci meno inadeguati, ad esempio quando leggiamo che amava solo i libri piacevoli e facili.

Pene d’amore? Alain de Botton ci suggerisce Schopenhauer. Non sono molto d’accordo con la sua scelta: Schopenhauer non esita a dire che

Il fine del matrimonio non è il piacere intellettuale, bensì la procreazione dei figli.

Io avrei scelto un Bertrand Russell, con la sua razionalità cristallina che non dimentica mai la complessità emotiva dell’uomo. Ma i gusti son gusti.

Infine, trovi difficile la vita? E fatti un Nietzsche, dice De Botton. Nietzsche ci consiglia di prendere le difficoltà e di trasformarle in trampolini di lancio, in occasioni di crescita. Sì, sto generalizzando, sto brutalizzando Nietzsche, ma De Botton lo rende un po’ più allettante, credetemi.

I filosofi erano persone normali, come noi, solo che hanno dedicato molto più tempo di noi a riflettere su certi problemi. Sfruttiamo i loro ragionamenti: uno scambio di opinioni con certe menti non può far che bene.

3 Comments

Filed under automiglioramento, book, Libri & C., purposes, Saggi, scrittori svizzeri

Il demone della politica, Pietro del Soldà

Ci sono tanti argomenti interessanti, ma essendo le dieci di sera (com’è che non riesco una volta a mettermi a scrivere a un’orario decente?) devo limitarmi a quello che ho trovato più “utile”: la Verità. Non mi ero mai resa conto che la definizione usuale di Verità è posta in termini di corrispondenza tra due concetti, per cui è vero qualcosa che coincide con qualcos’altro. Una favola non è vera, perchè nella realtà le fate non esistono, dunque c’è un confronto tra la favola e l’esperienza comune. Diventare adulti, sia al tempo di Socrate che oggigiorno, significa smettere di credere alle favole. Bisogna credere in una unica Verità, uguale per tutti perchè il riferimento è lo stesso, ed è il mondo esterno. Sia ai tempi di Socrate che oggigiorno credere a qualcosa che non sia verificabile è segnale di stranezza, pazzia, atopia. Eppure secondo Platone chi non riesce a credere alle chimere, perde il tempo della conoscenza di sè… perchè?
Ci sono tre arti per poter conoscere qualcosa: l’arte del fare, dell’imitare e dell’usare. Un letto si può costruirlo, si può dipingere o ci si può dormire sopra. Chi conoscerà davvero il letto: il falegname, il pittore o… il dormiglione? Ebbene, solo chi fa buon uso del letto potrà dire di conoscerlo. Si arriva così a dire che “io sono le cose di cui faccio esperienza”, e salta l’uso denotativo del concetto di Verità, perchè non si rimanda più a qualcosa di esterno. E mi viene in mente un collegamento con il bushido: la spada del samurai è la sua anima, e regola aurea nella via dell’onore è che il samurai deve usare la sua spada, non deve lasciarla nel fodero, così come bisogna mettere alla prova a propria anima, altrimenti arrugginisce. E il collegamento sorge spontaneo anche con le persone: quando posso dire di conoscere qualcuno? Quando l’ho prodotto/generato/partorito? O quando lo “imito”, limitandomi a pensare a lui e a riprodurlo nei miei pensieri? O quando lo “uso” e ne faccio esperienza?
Dunque Verità come “uso”, come AZIONE. L’azione conoscitiva per eccellenza in Platone è il dialogo, tutto il resto è “perdere il tempo della conoscenza di sè” (ho la fissa di avere sempre poco tempo!). Applichiamo questi pochi concetti all’hic et nunc: che cosa sto facendo io? Qui e ora? Scrivere in un blog è pura imitazione. Non è conoscenza di sè, perchè non è dialogo, ma monologo. Ecco, diciamola tutta: questo Dialogo tanto osannato da Platone mi convince? Sì a livello mentale, ma non riesco a farlo mio e, come tutte le cose, se non le metti in pratica non le capisci fino in fondo. Un po’ per percorsi di vita, che mi hanno portata ad essere un’orsa (grizzly) incapace di esprimersi in italiano corrente; un po’ perchè… bè, insomma, neanche Socrate dialogava con tutti, perfino lui aveva bisogno delle persone giuste con cui allacciare la philia e cercava esponenti delle schiere divine per i vicoli di Atene. E voi, quante frotte divine avete trovato nella vostra vita?
Platone letto in questo modo ti manda in crisi. Più di due millenni di storia e il problema dell’uomo è sempre lo stesso, ma attenzione che qua non si parla dell’uomo in generale, come categoria astratta, qua si parla di me, di te, di lui, di lei, di ognuno di noi. Mi fa sentire una merdaccia fantozziana, perchè io tutto mi sento tranne che armonica. Riconosco in me tutti i lati peggiori degli interlocutori di Socrate, i rossori, gli scatti di rabbia, le fughe dal dialogo, tutti sintomi di una personalità scissa. No, non è la scoperta delle dieci e mezza di sera del 20 dicembre 2010, questa è tutta roba vecchia. Una volta pensavo di aver bisogno di uno psicologo. Forse però la soluzione è che devo smetterla di raddrizzare gli ippocentauri e mettermi in testa che le tensioni platoniane non devono mai essere prese troppo sul serio. Forse.
Forse la soluzione migliore è di partecipare al prossimo concorso da velina. Vincerei il primo e il secondo premio. Perchè con una come me, di veline ne vengono fuori due.

Leave a comment

Filed under Libri & C.