Piacevole scoperta!
L’ho iniziato prima di partire per l’Egitto e mi son trovata davanti a una serie di personaggi comuni travolti dalla rivoluzione di qualche anno fa, di cui avevo sentito parlare solo in TV.
C’è, ad esempio, il generale ‘Alwani, religiosissimo, che rispetta tutti i dettami dell’islam, ma che non è disturbato da nessun rimorso di coscienza quando deve minacciare di violenza una giovane donna per costringere suo marito a parlare (fantastico il modo in cui assistiamo alla doppia morale).
C’è Ashram, un attore fallito (a causa della corruzione del sistema, dice lui), dedito all’hashish, infastidito da una moglie che non lo ama; quest’uomo si innamora della domestica Ikram e, lui che ormai era disamorato di ogni valore, si ritrova a darsi anima e corpo alla rivoluzione dopo aver assistito all’omicidio di un giovane da parte di un militare.
C’è Asmà, insegnante, sconvolta dal sistema corrotto che vige nella scuola, e che si innamora di un attivista occupato nel sindacato di un cementificio (a direzione italiana, tanto per ricordarci che gli “italiani brava gente” alla fine tanto bravi, in giro per il mondo, non sono).
C’è Madani, l’autista del direttore generale del cementificio, che ha lavorato una vita intera al solo scopo di dare un futuro ai suoi ragazzi: solo che gli ammazzano il figlio, e tutto crolla.
C’è Dania, studentessa di medicina e figlia del generale ‘Alwani, che si innamora di Khaled, il ragazzo ammazzato dal militare, e che non sa cosa scegliere tra famiglia e rivoluzione.
C’è Nurhan, una bellissima giornalista che fa carriera a colpi di seduzione (ma mai infangando i dettami dell’Islam… e qui l’ironia si fa sarcasmo) e che lavora al servizio della restaurazione.
I personaggi sono tanti, e attraverso di loro scopriamo come la rivoluzione abbia intaccato ogni settore della società: politico, militare, scolastico, industriale, familiare, mediatico…
Se da un lato assistiamo ai sogni dei giovani e dei meno giovani, dall’altro siamo testimoni della disillusione che resta sempre una parte importante del mood del popolo egiziano.
Tu, ovviamente, mi dirai che è tutta colpa dei mass media, e io ti risponderò che non ci casco più. Se gli egiziani si fanno influenzare dai mass media, è perché lo vogliono. Alla maggior parte degli egiziani sta bene la repressione, accettano la corruzione e ne sono diventati parte integrante. Se hanno avuto in odio la rivoluzione fin dall’inizio è perché li faceva sentire a disagio con se stessi. Hanno odiato la rivoluzione prima che i mezzi di informazione offrissero un motivo per odiarla.
Scontro fra generazioni, l’importanza della comunicazione e della disinformazione, conflitti familiari, rinuncia, la religione come scusa per commettere ogni sopruso: sono solo alcuni dei temi affrontati in questo libro.
Io li trovo temi universali.