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Rispettare le regole ai tempi del corona virus

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Ieri ho visto un video su youtube in cui una famigliola discuteva con la polizia in merito al loro diritto di prendere l’autostrada per andare a fare la spesa e una passeggiata a Peschiera del garda.

Il padre di famiglia parlava tanto dei suoi diritti, della Dichiarazione di Ginevra, dell’illegalità del decreto Conte… parlava soprattutto dei suoi diritti inalienabili: diritto di riprendere il poliziotto, diritto di andare dove volevano, diritti di qua, diritti di là.

Per pur caso, ho appena finito questo libro del filosofo spagnolo Fernando Savater: è un libro facile da leggere, dedicato da Savater al proprio figlio quindicenne, e parla molto di LIBERTA’.

Gli esseri umani posso scegliere tra bene e male. Questa è libertà: non siamo costretti a immolarci per il bene pubblico come fanno certi tipi di termiti quando il termitaio è minacciato.

Certo, a volta la libertà individuale è limitata: gli ostacoli possono essere ordini, abitudini, capricci.

Non sono tre ostacoli da porre sullo stesso piano: gli ordini (o le leggi) ci sono imposti dall’esterno; le abitudini sono spesso dettate dalle convenzioni o dalla comodità; i capricci vengono dal nostro impulso del momento.

Qualcuno ritiene che seguire i propri capricci sia un segno di libertà.

Ne siamo sicuri? Cosa è bene per l’essere umano?

Un esempio.

Esaù e Giacobbe erano fratelli gemelli ma Esaù era uscito per primo dall’utero, perciò aveva diritto alla primogenitura (= tutte le ricchezze del padre). Ebbene, Esaù un giorno torna a casa stanco morto, vede che Giacobbe ha preparato un piatto di gustose lenticchie e, pur di mangiarle, gli regala la primogenitura.

Esaù ha rinunciato a ricchezze e onori per un piatto di lenticchie. Ha scelto per il proprio bene?

Cos’è il bene?

Il bene è ciò che rispetta la dignità umana, propria e altrui.

Il bene non viene necessariamente da una legge statale. Anche i nazisti seguivano le leggi statali. La questione del bene dobbiamo porcela intimamente.

Il decreto Conte, con le limitazioni alle libertà individuali, può avere i suoi limiti… può anche essere illegale perché non recepito in tempo dalle camere… ognuno di noi deve chiedersi se rispettarlo o no. Non bisogna rispettarlo solo perché è un ordine!

Ma chiediamoci: la limitazione alla nostra libertà può aiutare a ridurre la diffusione del virus? E’ questa la domanda da farci.

Saremo liberi di agire secondo il nostro convincimento intimo solo se ci facciamo delle domande. E se abbiamo/cerchiamo le informazioni necessarie per darci le risposte.

Chi – in nome della propria libertà – dichiara pubblicamente di non rispettare questi decreti sul Corona Virus, è davvero libero?

A me sembra di no.

  1. Mi sembra che agiscano più per spirito di contraddizione che per intima convinzione: è una reazione. Se il decreto ci avesse imposto di uscire in passeggiata due volte al giorno, questi tipi si sarebbero tappati in casa. Questa non è libertà.
  2. Sei libero solo se conosci tutte le conseguenze delle tue scelte. Ma chi va a trovare i parenti a Pasqua può dire con certezza che non contagerà nessuno?

Non scendo nel dettaglio del libro di Savater, scritto in tempi non sospetti, ma testi del genere sono sempre utili per farci ragionare, in ogni epoca e luogo.

 

 

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Le consolazioni della filosofia – Alain De Botton @GuandaEditore

Dai ammettiamolo: la parola Filosofia incute timore alla maggior parte dei lettori medi.

Perché? Credo che la ragione sia da ricercarsi in un errore di metodo.

Mi spiego: a scuola si parte dal periodo storico e dai filosofi di quel periodo. Stiamo studiando il Novecento? e vai di Heidegger e Nietzsche e Adorno, finché non ti viene la nausea. Così, a valanga, senza minimamente porsi la domanda se i loro contenuti possono integrarsi nel vissuto degli studenti.

Secondo me è sbagliato: per avvicinare il lettore medio alla filosofia bisogna partire dai problemi concreti, e poi leggere i filosofi che li hanno affrontati. Un approccio, diciamo, per argomento.

In questo momento ho questo problema, dunque in questo momento dovrei leggere Tizio. Ho un altro cruccio? Allora leggo Caio. Deve essere l’interesse contingente ad avvicinare il lettore a certi autori: una volta fatta conoscenza, poi, la voglia di approfondire verrà da sola.

E’ l’approccio che ha adottato Alain De Botton, svizzero trapiantato a Londra, che ha già reso la filosofia più abbordabile con altri suoi romanzi divulgativi (es. “Il piacere di soffrire”, “Cos’è una ragazza”).

Hai problemi di impopolarità? Allora leggi Socrate, impopolare per eccellenza, uno che stava così sulle balle ai propri concittadini che lo hanno fatto ammazzare.

Problemi di denaro? Leggiti Epicuro, così ti renderai conto che la parola “epicureo” ha un significato molto diverso da quello accolto nella mentalità comune, e magari incomincerai anche a ridimensionare le tue voglie e i tuoi desideri.

Soffri di frustrazione? Seneca fa per te (mi permetto di consigliare le “Lettere a Lucilio”, di semplicissima lettura e sempre, ma sempre semprissimo, attuali).

(…) secondo Seneca, a farci arrabbiare sono le aspettative pericolosamente ottimistiche nei confronti del mondo e delle persone.

Senso di inadeguatezza? Non sei l’unico: guarda Montaigne. Oltre a parlare liberamente di funzioni corporali (tanto per ricordarci che anche i filosofi sudano, fanno la cacca e che sono influenzati dal loro sistema fisiologico), ci aiuterà a sentirci meno inadeguati, ad esempio quando leggiamo che amava solo i libri piacevoli e facili.

Pene d’amore? Alain de Botton ci suggerisce Schopenhauer. Non sono molto d’accordo con la sua scelta: Schopenhauer non esita a dire che

Il fine del matrimonio non è il piacere intellettuale, bensì la procreazione dei figli.

Io avrei scelto un Bertrand Russell, con la sua razionalità cristallina che non dimentica mai la complessità emotiva dell’uomo. Ma i gusti son gusti.

Infine, trovi difficile la vita? E fatti un Nietzsche, dice De Botton. Nietzsche ci consiglia di prendere le difficoltà e di trasformarle in trampolini di lancio, in occasioni di crescita. Sì, sto generalizzando, sto brutalizzando Nietzsche, ma De Botton lo rende un po’ più allettante, credetemi.

I filosofi erano persone normali, come noi, solo che hanno dedicato molto più tempo di noi a riflettere su certi problemi. Sfruttiamo i loro ragionamenti: uno scambio di opinioni con certe menti non può far che bene.

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Augustus, John Williams

Il vantaggio di essere affetta da ignoranza (di ritorno) è che quando leggi un romanzo storico come questo sei ancora capace di meravigliarti: oh, Augusto ha mandato in esilio sua figlia! Wow, Giulia era quasi ninfomane! Ehi, a Cicerone hanno tagliato testa e mani!

Al di là delle mie personali scoperte, ad ogni modo, una cosa è sicura: gli uomini e le donne usano la loro intelligenza più per rendersi la vita impossibile che per vivere felici.

La quotidianità ai tempi di Augusto doveva essere una melma: guerre, saccheggi, nubifragi, pirateria, intrighi di corte, tradimenti, faticose alleanze, spionaggio… nessuno, dal più povero contadino al più ricco possidente, poteva godersi i suoi giorni in santa pace, per un motivo o per l’altro. E se Augusto è riuscito a far vivere all’impero un breve periodo di pax romana, lo ha fatto solo a scapito della sua propria, di pace.

Il romanzo ricostruisce la storia di Augusto tramite lettere, diari, memorie e spacci militari: questo permette all’autore di esplorare i diversi punti di vista sulle stesse vicende. Si prende in considerazione il periodo che va dall’assassinio di Cesare, fino alla morte di Augusto, con un breve postscritto costituito dalla lettera che il medico dell’imperatore scrive nientepopodimeno che a Seneca: ma è una lettera che lascia presagire nere nuvole all’orizzonte, per lo meno nell’ottica di Williams, quando, citando Nerone, si chiamavano in causa le peggiori sciagure (credo che la storiografia successiva abbia rivisitato la figura di questo controverso suonatore di lira).

Se i cittadini italiani avessero la metà del senso dello stato che aveva Augusto, il nostro paese non sarebbe ridotto così. Mi sono però resa conto che gli italiani appena prendono in mano il potere non capiscono più una mazza: non è più questione di buoni e cattivi, di repubblica contro tirannia. E’ tutto il sistema etico che viene rovesciato, è l’io-vinco-contro-di-te.

Per non parlare di mariti e mogli: i matrimoni erano soltanto combinati allo scopo di consolidare il potere, e a questa usanza si sono adattati tutti, dal saggio Augusto alla moglie Livia. Una volta, col film Antonio e Cleopatra, (quello classico, con la Liz Taylor) credevo (quanti anni avevo, cinque? sei?) che loro due si volessero un po’ di bene… macchè! Bando alle ingenuità: Cleopatra mirava al potere, e quando ha visto che la guerra contro Augusto buttava male, non ha esitato a mollare là il suo consorte. Ma pure prima, non si fidava di lui, e si serviva di spie per controllare cosa combinava durante le sue campagne di guerra.

Veramente un bel romanzo che bisogna assolutamente leggere, per quanto sia tragico: ci fa capire che gli esseri umani sono sempre gli stessi.

 

 

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De Brevitate Vitae – Seneca

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Traduzione del titolo (più o meno): sulla brevità della vita.

Evviva, che felicità…

No, scherzi a parte: Seneca se la prende con tutti quelli che perdono tempo e poi si lamentano che non ne hanno. Per lui il massimo della vita è dedicarsi all’Otium, non inteso nel senso di ozio (della sedia divano e TV), ma nel senso di studio della natura umana, studio di se stessi, lavoro sul proprio carattere.

Ci va giù duro, e quel che è peggio è che le sue parole si adattano benissimo all’uomo e alla donna di oggi:

Sentirai i più dire: “A cinquant’anni mi ritirerò a vita privata, a sessant’anni abbandonerò le cariche pubbliche”. Ma alla fine chi ti garantirà che avrai ancora da vivere? (…) Non ti vergogni di riservarti gli avanzi della vita e di destinare alla cura dello spirito quel solo tempo che non si possa impiegare in alcuna altra pratica?

Non gli vanno bene, ovviamente, neanche quelli che studiano nozioni pure per fare le figure da sapientoni nelle chiacchiere al bar (bè, non c’erano i bar, quella volta, ma penso di essermi spiegata):

(…) queste nozioni di chi correggeranno gli errori? Di chi terranno a freno le passioni? Chi renderanno più forte, più giusto, più generoso?

Secondo Seneca, gli unici che non buttano via il proprio tempo, sono quelli che

ogni giorno vorranno coltivare la più stretta intimità con Zenone, Pitagora e Democrito e gli altri sacerdoti della conoscenza, e con Aristotele e con Teofrasto (…). E’ possibile frequentarli di notte come di giorno. (…) Nessuno di loro ti costringerà a morire, tutti te lo insegneranno; nessuno di loro consumerà i tuoi anni, tutti aggiungeranno i loro ai tuoi. (…) Siamo soliti dire che non abbiamo potuto scegliere i genitori, ma che ci sono stati dati a caso: ma per gli uomini virtuosi è possibile nascere secondo il proprio arbitrio.

Proprio ieri sera abbiamo assistito alla recita della scuola dal titolo “Momo alla conquista del tempo”. Gianna Nannini a parte (Madonna, non la sopporto, come facciano a considerare grande artista una con la voce così, davvero non lo capirò mai) il messaggio non passa mai di moda, né ai tempi di Seneca, né oggi. E ciò nonostante, gli uomini continuano a perdere tempo (bè, sì, anche le donne).

Siamo stupidi?

 

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