Bel romanzo, anche se (o forse proprio perché) alla fine non si riesce ad essere sicuri al 100% di chi era chi e di cosa ha fatto.
Inizia a parlare un signore (chissà chi è) da una stanza d’albergo. Ha appena acquistato all’asta un violino particolare che cercava da lungo tempo (ma non si sa il perché). Si presenta alla sua porta un uomo, dice di essere uno scrittore e vuole vedere il violino. E poi, questo scrittore racconta la strana storia di un certo Varga (ma ne siamo sicuri?), violinista molto talentuoso, che ha incontrato di recente (forse).
Tutti parlano in prima persona.
Il centro del racconto è l’amicizia tra il povero Varga, orfano di padre, e il ricco Kuno. Si incontrano in un fantomatico conservatorio, che però, lo si scopre leggendo, forse non è esistito.
Alla fine si scopre (o si crede di scoprire) chi sono questi personaggi. Ma c’è sempre una percentuale di errore. Ed è qui che sta il bello del libro e la bravura di Maurensig: il romanzo è una costruzione perfetta ispirata al Canone Inverso, il ritorno all’origine, e mentre ti diverti nelle pagine soffuse di un’atmosfera viennese vagamente maledetta, attraversi temi come l’immortalità, la paura della morte, la mancanza di senso della vita, la guerra, la passione che ti travolge eliminando qualunque altro interesse dal tuo orizzonte.
So che ne hanno tratto un film, ma da come me lo hanno raccontato, la trama era diversa dal romanzo: certe finezze non si sarebbero potute trasporre su uno schermo. Dunque, leggete il libro, che ne vale la pena!