Tag Archives: scuola

Ci vuole più dopamina, a scuola e nel lavoro

Sto leggendo un libro intitolato “Imparare” di Manfred Spitzer, professore di psichiatria all’università di Ulm.

L’essere umano è programmato per imparare, ma certi fattori facilitano il processo, mentre altri lo rallentano.

Tra i fattori che lo accelerano possiamo citare la novità, la rilevanza (cioè l’importanza, la ricaduta che ciò che apprendiamo ha sulla nostra vita) e il sonno.

Tra i fattori che lo rallentano ci sono la paura e lo stress. Qualcuno può obiettare che quando viviamo un evento fortemente traumatico, ce lo ricordiamo nei minimi dettagli. Ebbene, è vero, ma il ricordo dettagliato di un singolo fatto è qualcosa di diverso dalla vera e propria procedura di apprendimento. Imparare non significa ricordare eventi isolati, bensì interconnetterli con quello che sappiamo già e creare un sistema complesso di interrelazioni.

Un capitolo a parte occupa, nel libro, la motivazione.

La motivazione è strettamente legata alla produzione di dopamina, un ormone la cui circolazione aumenta in concomitanza con eventi positivi: un’occhiata benevola, una parola di incoraggiamento (tempestiva e motivata), la soddisfazione che proviamo quando il risultato di un nostro sforzo è migliore di quello che ci aspettavamo, o altri stimoli (dalla droga alla cioccolata alla musica).

Quello che però non è sempre chiaro, è che l’essere umano è costruito in modo da motivarsi da sé.

E gli studenti demotivati? E gli impiegati demotivati?

Beh, una cosa è automotivarsi per eventi che ci procurano un piacere immediato, un’altra cosa è motivare altre persone a fare delle cose che tu vuoi che facciano!

Qui Manfred Spitzer è categorico: serve entusiasmo. L’entusiasmo è una scintilla che può contagiare altri. Ma attenzione: l’entusiasmo non si può fingere. O si è entusiasti, o non lo si è.

Un capo-progetto può essere motivato a fare il proprio lavoro dallo stipendio che prende: ma questo non è entusiasmo. E se manca l’entusiasmo, non si può pretendere che i sottoposti sprizzino gioia da ogni poro.

Il medium, il mezzo attraverso cui si trasmette l’entusiasmo è sempre e solo una persona: un insegnante, un manager… non una presentazione in PowePoint o delle fotocopie colorate… e neanche uno stipendio maggiore.

L’entusiasmo e, tramite di esso, la conoscenza, si trasmettono dunque attraverso una persona entusiasta, magari con l’aiuto di una parola di incoraggiamento ogni tanto.

Leave a comment

Filed under Libri & C.

La vita accanto – Mariapia Veladiano

Oggi nascono movimenti per i diritti degli immigrati, dei gay, delle donne, dei malati, degli animali abbandonati, degli alcolisti, dei tossicodipendenti; delle vittime della strada, della violenza domestica, dei vaccini, delle multinazionali… e via di seguito.

Ma nessuno ha mai pensato a dare il via a un movimento per i diritti dei brutti.

C’è un festival, il No-Bel, ma è più un’occasione conviviale, per ridere di se stessi e sdrammatizzare la propria situazione; situazione che, al di fuori delle luci clownesche, non fa ridere per niente ed è più diffusa di quello che si pensa.

Il brutto, nella nostra società, è sottoposto ad ostracismo, e non se ne parla. Non ne parla neanche chi ostracizza, perché costui si giustifica in mille modi: nessuno ammette di non aver assunto un tizio perché era brutto, di aver scelto una donna la posto di un’altra perché era più bella, di provare simpatie lasciandosi guidare dal solo criterio estetico.

Ma fidatevi: è così.

Ecco perché il libro della Veladiano è meritorio: perché ha per protagonista Rebecca una bambina brutta. Irrimediabilmente ed oggettivamente (sì, oggettivamente) brutta.

La bruttezza assume caratteristiche crudeli nell’età adolescenziale: quando sei al di sotto del livello accettabile, se ti va bene, ti ignorano. Se ti va male, ti usano come bersaglio di battute e aeroplanini.

La Veladiano ha una scrittura poetica, ma troppo paratattica, che a volte stanca. Si va avanti con la lettura solo perché si vuol scoprire cosa tiene nascosto la bellissima zia di Rebecca (qualcosa che non è così “tremendo” come annuncia la copertina) e se la bambina riuscirà, in qualche modo, a sfangarla nel mondo.

Ce la fa, in qualche modo. Ma è un ripiego. Un modo di vivere in sordina, dedicandosi a una passione, il piano, che su una persona bella avrebbe potuto aprire innumerevoli porte e portoni.

Ho trovato poco realista la reazione dei genitori dei compagni di classe di Rebecca: è verosimile che un gruppo di adulti si scagli in questo modo contro una bambina perché è brutta? La mia è una domanda reale, non retorica: soprattutto perché la scrittrice ammette, alla fine del libro, che “Rebecca” abita da qualche parte, in una via della provincia di Vicenza.

I brutti sono una categoria disagiata.

Festa delle donne? E perché non una festa dei brutti, allora? (tanto, come inutilità, saremmo sullo stesso piano)

VOTO: 4/5

3 Comments

Filed under Arte, book, Libri & C., Scrittori italiani

L’arminuta, Donatella di Pietrantonio @einaudieditore

Una tredicenne si trova davanti a una porta sconosciuta: dietro c’è una famiglia che non ha mai visto, la sua, i suoi veri genitori e i suoi veri fratelli e sorelle. Scopre così di aver vissuto tutti quegli anni con una lontana parente che non poteva aver figli, in una casa accogliente, in una bella scuola, in un’altra parte del paese dove frequentava la piscina e il corso di nuoto.

Nella sua nuova famiglia, invece, anche se i legami di sangue sono più stretti, si trova subito male: sono poveri, grezzi, sporchi. Per fortuna c’è Adriana, la sorella di pochi anni più giovani, con la quale instaurerà un rapporto profondo e diverso da ogni altro rapporto intessuto fino a quel momento.

Ma perché la sua madre adottiva l’ha ri-abbandonata nelle mani della madre vera?

Entriamo in un mondo di analfabetismo emotivo, di sottomissione e insicurezza, dove a mancare non è solo il cibo sulla tavola.

Ma al di là della crudezza dei rapporti, ci sono scene che ti scaldano come una fetta di pane appena uscita dal forno. Ad esempio, la scena in cui muore la vecchia Carmela, o le varie scene in cui Adriana dimostra il suo attaccamento alla sorella.

Vincitore del premio Campiello 2017.

Leave a comment

Filed under book, Libri & C., Scrittori italiani

Saggi scettici, Bertrand Russell

Che pensatore meraviglioso… sfido io che abbia avuto una sfilza di donne.

Avvocato di un tipo di razionalità che chiamerei umanitaria, ci ha regalato una serie di saggi che ci mettono in guardia dai sogni campati in aria e dalle credenze erronee, facendoci ragionare sul fatto che, più spesso di quel che pensiamo, agiamo in forza dell’abitudine, piuttosto che di un piano razionale.

Sono eccezionali ed attualissime le parti in cui parla della libertà di pensiero e dei suoi ostacoli, riferendosi non tanto alla censura vera e propria, quanto agli ostacoli più sottili: quelli economici/professionali e quelli emotivi. Ad esempio, nelle università americane è difficile lavorare se non dimostri di essere omologato ad un certo tipo di pensiero; ma più in generale, chi non dispone di mezzi propri ha difficoltà ad esprimere il proprio sincero punto di vista se questo può mettere a repentaglio le sue fonti di reddito (e Russell propone anche un paio di esempi che lo hanno toccato personalmente).

E poi, guardiamo agli elementi necessari alla formazione di uno spirito critico. Per esempio, l’educazione: attualmente, qui come là, oggi come allora,

viene diretta al fine non di fornire la vera conoscenza, ma di rendere gli uomini docili alla volontà dei loro padroni.

L’educazione mira a impartire informazione senza impartire intelligenza. (…) non si desidera che la gente comune sappia pensare per conto proprio, perché si sente che il popolo che pensa per contro proprio è difficile a maneggiarsi e crea difficoltà amministrative.

Altro elemento che influisce sullo spirito critico è la propaganda. E non crediamo di esserne immuni:

Le riserve di fronte alla propaganda derivano non soltanto dal suo rivolgersi all’irrazionale, ma ancor più dallo sleale vantaggio ch’essa dà ai ricchi e ai potenti. Che le diverse opinioni abbiano uguali possibilità di manifestazione è un requisito essenziale se si vuole che vi sia vera libertà di pensiero.

Mi direte: ma oggi ci sono i social, che al tempo di Russell non c’erano. Posso dire quello che voglio sulla mia pagina Facebook, no? Bè, certo, ma chi ti ascolta, nel mare di informazioni e stronzate in cui lo scrivi? L’eccesso di informazioni oggi agisce come una forma di censura.

E poi, sentite questa Verità:

Se si vuole che al mondo esista la tolleranza, una delle cose insegnate a scuola dovrà essere l’abitudine a pesare le prove, e a non dare completo assenso alle affermazioni che non ci sia ragione di ritenere vere. Ad esempio, occorrerebbe insegnare l’arte di leggere i giornali.

Prendete il nostro presente: quanti vanno in escandescenze quando leggono un articolo su un nero che ha violentato una bianca? E quanti si rendono conto che statisticamente gli abusi sessuali compiuti da extracomunitari sono una minoranza rispetto a quelli compiuti dagli italiani? Solo che gli stupri compiuti da italiani fanno vendere meno giornali…

Per quanto questi saggi siano stati scritti sotto minaccia di guerra atomica, e nonostante i ripetuti esempi che si rifanno all’Urss,  li trovo attualissimi. C’è poi una parte in cui spiega perché non ci si può fidare di un governo di tecnici: eccezionale!

Ci manca del tutto

l’abitudine di tener conto di tutte le prove rilevanti prima di arrivare a creder una cosa.

Oggi si parla di fake news.

 

 

3 Comments

Filed under Libri & C., purposes, Saggi, Scrittori americani

Elogio della letteratura, Bauman/Mazzeo @Einaudieditore

 


image

Zygmunt Bauman ci ha lasciato quest’anno: era un autore prolifico, esponente di una sociologia fuori dagli schemi, lontana dalla disciplina accademica tutta dedita ai numeri e alle statistiche.

Credo che non ci sarebbe potuto essere un ricordo più gentile, di questo libro, scritto a quattro mani col suo amico Riccardo Mazzeo.

E’ un dialogo sul rapporto tra sociologia e letteratura, che pur condividendo gli la struttura discorsiva e molti degli scopi (l’analisi dell’uomo), spesso sono viste come due discipline lontane, quando non antitetiche, visto che la prima mira a farsi definire come scienza, mentre la seconda rientra senza dubbio nel campo delle arti.

Il colloquio tra Mazzeo e Bauman verte sì sulla relazione tra le due discipline, ma finisce per toccare argomenti apparentemente molto lontani: dalla figura del padre, alla twitteratura, dalla perdita degli intercessori all’homo consumens.

Essendo un saggio breve (appena 136 pagine) non si può riassumerlo in modo valido, perché ogni frase è pregna di significati e rimandi; ma un messaggio si può cercare di trasmetterlo: è che la letteratura, per quanto dotata di un potere salvifico, da sola non può risolvere i problemi di una società, esattamente come un insegnante singolo (che sia un Affinati o un Bergoglio) non possono risolvere i problemi della povertà e dell’ignoranza.

Risulta qui essenziale la distinzione tra troubles (i problemi che ognuno di noi vive nella propria quotidianità) e gli  issues (i problemi comuni a tutti gli esseri umani che possono essere affrontati solo tramite azioni collettive).

Notevole è poi l’elenco degli autori che, nel corso del dialogo, vengono menzionati: si passa da Nietzsche a Kafka a Kraus ad Alberto Garlini a Jonathan Franzen a Luigi Zoja alla Nussbaum ecc….

Insomma, anche se a volte un po’ troppo colto, è sicuramente una lettura stimolante.

Leave a comment

Filed under Arte, automiglioramento, book, Interviste, Libri & C., Saggi, Scrittori italiani, scrittori polacchi

La voglia di studiare, che cos’è e come farsela venire, Massimo Piattelli Palmarini @librimondadori

La scuola è appena ricominciata e tutti sono pervasi da una voglia matta di andarci.

O no?

Per quanto tutti ammettano che i risultati scolastici non siano direttamente legati ai risultati nella vita, la scuola è motivo di paure, gioie, ansie e rifiuti violenti. Eppure, la curiosità è insita nell’essere umano: come mai, a volte, quando ci sono di mezzo materie scolastiche e libri di testo, la voglia di studiare sparisce?

Per rispondere alla domanda, Piattelli Palmarini parte da lontano: dal rapporto tra insegnanti e alunni, ma senza dimenticare il ruolo dei genitori e della loro (ebbene sì!) autostima. Passa poi ad esaminare le varie materie cercando di far resuscitare i motivi per cui possano INTERESSARE gli studenti. Ma lo fa con l’occhio di chi ne ha visti passare tanti, di studenti.

Ad esempio, non restiamoci male se ci dice che studiare le lingue e basta, è pericoloso:

Molti giovani decidono di imparare le lingue invece di studiare. Questa loro decisione è gravida di conseguenze, è rischiosissima. (…) Le lingue si imparano in tanti modi, anche al di fuori del sistema scolastico. (…) Se si spera di diventare qualcosa di più di una segretaria, o di un assistant buyer, occorre fornirsi anche di una qualche competenza specifica. Occorre studiare le lingue mentre si studia altro, non invece di studiare.

Passa poi ad analizzare l’esamite, la paura degli esami, chiamando in causa i riti di passaggio e un po’ di antropologia, ma dando dei consigli più pratici; come questi, ad esempio:

  1. la sottolineatura (es: la sottolineatura deve essere personale, non totale)
  2. come si ripassa, anche quando abbiamo poco tempo
  3. come si prendono appunti senza perdere spezzoni di spiegazione (e qui ci spiega perché non serve registrare le lezioni)
  4. come si scrive un tema e si supera la paura della pagina bianca, o il difetto opposto, la prolissità
  5. i segreti della traduzione e l’importanza di tornare alla lingua in cui si traduce
  6. il compito di matematica e la necessità di fare tutti i passaggi

Segue una parte dove, in forma di piccoli racconti, l’autore ci fa vedere grandi menti davanti ai dilemmi che le hanno tenute impegnate per anni, ma che le ha rese poi famose nei secoli. Mi ha colpito la parte in cui vediamo l’abate Blaise Pascal mentre discute di statistica e giochi interrotti, per poi approdare quasi matematicamente al bisogno di credere in Dio… un salto logico che mi ha lasciata perplessa (dunque ha svolto il suo compito).

Lo studio deve sviluppare la capacità critica e farci scoprire come l’approfondimento di certe materie possa procurare… piacere! Una volta passati gli esami, i contenuti si dissolveranno nelle nostre menti: è normale, è fisiologico: quello che resterà sarà proprio il senso di piacere e la voglia di approfondire al di fuori dei libri di testo.

Gli studenti devono capire che le materie di studio non sono morte e sepolte: ci sono continuamente nuove scoperte o nuovi punti di vista, là fuori. Ma se non abbiamo sviluppato la critica e il senso del gusto (ecco a cosa dovrebbe servire la scuola), non inizieremo mai a cercare per conto nostro.

E’ un libro pensato per gli studenti (delle superiori, secondo me), ma che trovo ottimo anche per i genitori. Non fa male riflettere un attimo sul grado di ignoranza accettabile o sull’impossibilità che gli scimpanzé comprendano i numeri, l’infinito e, dunque (!!!) la morte.

Soddisfatta della lettura!

Leave a comment

Filed under automiglioramento, book, Libri & C., purposes, Saggi, Scrittori italiani

UN GENITORE QUASI PERFETTO – Bruno Bettelheim

Sono quasi 600 pagine, ma scritte in modo molto amichevole e, soprattutto, senza tecnicismi ne’ estremismi: solo buon senso! Lo consiglio a tutti i genitori (anche ai papà, che di solito sono meno portati alla lettura di testi del genere).

Il principio è che per essere genitori passabili (la ricerca della perfezione in questo campo rischia di fare più male che bene) bisogna avere fiducia nella propria capacità e nelle capacità (mentali ed emotive) del proprio figlio. Non guasta inoltre una certa capacità di immedesimazione nei panni dei bambini, per quanto possa essere difficile ricordare come ci sentivamo trenta o quarant’anni fa.

Il succo è sempre quello: inutile fare grandi discorsi, perché i figli sono più impressionati dalle emozioni provate dal genitore che dalle sue intenzioni coscienti; e anche se non sanno verbalizzare, captano le nostre insicurezze meglio di un radar. Dunque… prima di fare un figlio: tutti dallo psicologo!!

Scherzo. Ma non tanto.

Il libro è diviso in capitoli per argomento. Ho trovato particolarmente interessante quello che riguarda le punizioni, perché spiega nel dettaglio perché sono inutili e come possono diventare controproducenti.

Inoltre, bisogna stare attentissimi alle critiche:

(…) muovendo delle critiche a un bambino, nonché imponendogli quello che deve fare, si riduce il suo rispetto di sé perché si richiama la sua attenzione sulle sue carenze. Allora, anche se ubbidisce, in realtà non ha imparato nulla di utile, perché non viene incoraggiata la formazione di una personalità autonoma.

E pensare che anche oggi non mi rivolge la parola se non per criticare qualcosa!

Il fatto è che invece di sgridare i figli o di imporgli di smettere quello che stanno facendo, bisogna spiegargli il PERCHE’. Dunque, se al supermercato il piccolo tocca tutto, col rischio di far cadere la montagna di lattine o i vasetti di vetro dei sottaceti, non basta dirgli “non toccare!”, bisogna farlo ragionare su come ci sentiamo quando lui si comporta così, o su quello che può pensare il proprietario del supermercato se lo vede toccare i suoi prodotti in quel modo.

Infine, tra le tante dritte che questo libro può dare (raccomando anche il capitolo incentrato sulla scolarità), vi lascio questa:

Le biografie dei grandi uomini del passato sono piene di riferimenti alle lunghe ore trascorse da giovinetti in riva al fiume immersi nei propri pensieri, o a vagare per i boschi in compagnia del cane fedele a sognare i propri sogni. (…) Nelle classi borghesi, la giornata di ogni bambino è densa di attività organizzate: riunioni dei boy scout o delle guide, lezioni di musica o di danza, attività sportive; questi bambini quasi non hanno il tempo per esser semplicemente se stessi.

In fondo lo diceva Goethe: il genio si nutre nella solitudine. Mi immedesimo in queste frasi: perché mio figlio raramente ha delle ore totalmente vuote. Col risultato che quando gli capita, viene da me e mi chiede: Mamma, che faccio??

La prossima volta gli risponderò: vai nel bosco a fantasticare.

 

Leave a comment

Filed under book, Libri & C., Saggi, Scrittori americani, Scrittori austriaci, success

Il mestiere dello scrittore – Murakami Haruki

Non è un manuale: Murakami non dà suggerimenti per gli aspiranti scrittori, anche se sottolinea che la lettura, tantissima e diversificata, è il pilastro fondamentale della vita di un autore.

L’essenziale è leggere in continuazione.

Murakami si limita a raccontare come è diventato scrittore e ad esprimere alcune sue convinzioni su certi aspetti (la scuola, la forma fisica, i premi letterari, la lunghezza dei romanzi, l’originalità, il pubblico…) ma lo fa sempre sottolineando che si tratta del suo personalissimo parere e spesso si scusa (si scusa tantissimo, quasi non c’è una pagina in cui non ci sia un qualche tipo di scusa) perché la sua opinione non coincide con quella della maggioranza.

Eppure lo ammette: ha un carattere molto individualista e non sopporta di seguire la corrente. A scuola non era il primo della classe, ma faceva il suo dovere, perché nel Dopoguerra in Giappone non ci si pensava nemmeno a fare qualcosa di diverso.

E’ una persona dalle passioni esclusive e totalizzanti che ha cementificato in una routine al limite della mania: ma lui è così, dice, non riuscirebbe a comportarsi in modo diverso. Per esempio, non fa mai presentazioni di libri in Giappone (quelle con l’autografo ai libri, per intenderci) e non va in TV, perché deve scrivere, non ha tempo per altro.

Spesso ripete che lui non è una persona speciale, ha solo un talento medio per la scrittura, e che è stato fortunato a vivere di quest’arte per più di trent’anni.

Insomma, un testo che non contiene tecniche e suggerimenti pratici. E’ solo una specie di monologo. Ma l’ho trovato prezioso. In primo luogo perché ci sono pochissime interviste di Murakami in giro. In secondo luogo, perché adoro leggere frasi come questa:

Se non ci fossero stati i libri, se non ne avessi letti tanti, probabilmente avrei condotto un’esistenza più arida e indifferente alle cose.

3 Comments

Filed under authobiographies, book, Libri & C., Saggi, Scrittori giapponesi, success

Madame – Antoni Libera

image

Il riassunto non rende merito al romanzo: un adolescente si innamora dell’insegnante (che è anche preside) di francese. Siamo in Polonia, in un istituto superiore alla fine degli anni Settanta.

Questo non è propriamente un romanzo d’amore: è più un romanzo di formazione, perché il protagonista (che parla in prima persona e di cui non sapremo mai il nome), cercando informazioni su Madame, viene in contatto con la cultura francese, e se ne innamora.

Non ci sono molti avvenimenti, ma le digressioni sono importanti quanto la storia in sé: il ragazzo cerca di svicolarsi dalle pastoie e dalla piattezza del regime, e lo fa prima attraverso il jazz, poi attraverso il teatro. I due tentativi si concludono con un nulla di fatto, finché non arriva lei, Madame, bella, altera, misteriosa.

image
Il giovane riesce a conoscere il suo indirizzo, la sua storia, la storia della sua famiglia, le sue passioni letterarie; ma resta sempre un’ombra sui veri motivi che hanno spinto Madame ad accettare un ruolo in una scuola dell’Est: che sia impastoiata anche lei col regime?

Come dicevo, le digressioni sono importanti: si parla della Spagna franchista, di Simone de Beauvoir (su cui Madame aveva fatto la tesi di laurea), Racine, Lelouch… è attraverso gli indizi sulla vita di Madame che il protagonista sceglie come indirizzare il proprio futuro.

E su tutto prevale l’impressione che… una volta si stesse meglio. Come se il passato sia stato sempre meglio del presente, coi suoi miti, con i racconti degli studenti fenomenali… però tranquilli: alla fine si scopre che lo stesso protagonista è diventato uno di quei miti, e che attorno a lui è stata creata una storia da pochi, minuscoli frammenti di pettegolezzo.

Bella sorpresa, questo romanzo, scritto da uno scrittore sconosciuto in Italia, esperto del teatro di Becket e autore di molti libretti del compositore polacco Krzysztof Penderecki. Mi è piaciuto soprattutto come ha creato il mistero attorno a Madame, e come ha parlato della situazione polacca del tempo senza mettere in ombra i personaggi.

Leave a comment

Filed under Libri & C., scrittori polacchi

“Il diritto di essere io”, di Michela Marzano

image

Il meccanismo all’interno del quale si trovano oggi tante ragazze e tanti ragazzi è infernale. Hanno imparato a memoria la lezione del volontarismo e del controllo che si sentono ripetere fin da piccoli. Hanno capito perfettamente come comportarsi per sentirsi dire che sono ‘bravi’.

Leggo questo stralcio e, nel mio cervello, il concetto della perfezione autoimposta trasla dai ragazzi e ragazze di oggi agli adulti.

La Marzano ci parla del desideriodi essere perfette, di farsi dire ‘brave’.

Come conciliare autenticità e conformismo, unicità e identità, passioni e ragioni, desideri e regole sociali?

Leave a comment

Filed under Libri & C.