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Tutte le anime (Javier Marìas)

La voce narrante appartiene ad un professore spagnolo di letteratura che deve tenere un corso biennale a Oxford negli anni Ottanta.

La sua esperienza è quella di un estraneo che non riesce ad integrarsi. Se si escludono due insegnanti e l’amante, il giovane professore continua a percepire un turbamento di fondo che lo isola dall’ambiente della cittadina: non giunge mai a dire che non gli piace (troppo raffinato per esprimersi con termini così terra-terra), ma ogni giorno annusa un odore di stantio e vecchiume che trasuda da ogni muro e da ogni toga.

Per due anni vive in uno dei più famosi santa sanctorum della cultura e dell’istruzione, e lui mai tradisce un alito di rispetto.

A un occhio esterno può sembrare strano, ma quando assistiamo alla prima delle cene tra professori e studenti, capiamo subito il motivo del suo estraniamento: è una cena assurda, regolata da consuetudini ridicole, con commensali al limite del morboso.

Anche gli altri insegnanti sembrano essere soli. Molti di loro hanno un passato di spia e collaboratore governativo, ma adesso sono isolati, senza scopo: l’insegnamento di certo non è più il fuoco sacro che ci si aspetta da professori togati di questo livello.

Il giovane spagnolo inizia una relazione con Claire, anche lei insegnante. Ma lei è sposata e ha un figlio: non parlano mai di cosa succederà una volta che terminerà il contratto biennale di lui, eppure i due si sentono legati dal fatto di non aver radici nella cittadina, di esser radicati altrove: lui in Spagna e lei in India ed Egitto.

Non c’è molta trama, quasi nessun evento: è un romanzo che gira attorno alle psicologie di pochi personaggi, ma ben approfondite, pur senza alcuna possibilità di raggiungere il cuore di ognuno – è un’impossibilità congenita, è la causa di ogni solitudine.

Un romanzo molto autunnale.

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Nada (Carmen Laforet) @NeriPozza

Andrea è un’orfana che arriva a Barcellona per studiare all’università e stare dai suoi parenti.

Conosce quella parte della famiglia perché ha abitato là quando era piccola ma l’atmosfera che ci trova adesso, da adulta, è tutt’altro che invitante. Nel lugubre e povero appartamento abitano la nonna, tanto buona quanto svampita, la zia Angustia, bacchettona e sospettosa, gli zii Juan, pittore, e Ramon, che vive di lavori illegali, nonché Gloria, la moglie di Juan. Infine c’è Antonia, la donna tuttofare, innamorata di Ramon.

Già dal primo giorno, Andrea si rende conto che i rapporti familiari sono intollerabili: Juan e Ramon litigano in continuazione, Gloria viene picchiata a sangue da Juan, frustrato dagli scarsi guadagni della sua arte; la nonna cerca di metter pace tra tutti ma riesce a malapena a difendere il bambino di Gloria dalle furibonde liti della coppia.

Andrea sente fin da subito simpatia per lo zio Ramon, misterioso e affascinante, ma non tarderà ad accorgersi di quanto anche lui sia una persona pericolosa e inaffidabile.

Per fortuna, Andrea riesce a costruirsi un’oasi di pace all’università quando diventa amica di Ena, ricca di famiglia, che vive in un mondo normale, dove ai pasti si ride e si mangia, mentre a casa sua, Andrea fa letteralmente la fame e deve schivare gli oggetti che volano da uno zio all’altro.

Peccato che questi due ambiti verranno in contatto e la famiglia di Andrea rischierà di rovinare anche il rapporto che aveva costruito con Ena.

E’ un romanzo in cui i rapporti familiari si svelano un po’ alla volta e i comportamenti diventano chiari solo quando si scoprono gli antefatti malati, anche se Andrea riporta sempre le parole altrui e ci resta il dubbio che non tutto quello che le viene detto corrisponda perfettamente alla verità.

Andrea, in generale, parla poco: preferisce riferirci i discorsi dei parenti e degli amici, lasciando a noi il giudizio. Può essere una scelta stilistica, ma mi sarebbe piaciuto conoscere meglio il modo di pensare di Andrea, visto che parla in prima persona.

Sembra che in italiano non sia più disponibile (editore: Neri Pozza) perché fuori catalogo, io l’ho letto in spagnolo ma è una lettura fattibile anche per chi non ha studiato la lingua all’università.

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Come scrive un romanzo storico Ildefonso Falcones

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Sono stata ieri alla presentazione alla Libreria Moderna di S. Donà di Piave (VE) de Gli Eredi Della Terra di Ildefonso Falcones, un bel volumetto da 22 euro con copertina rigida.

Non ho letto niente di questo autore prima, ma ieri ho scoperto alcune cose interessanti.

Intanto, anche lui come Maino (che ho visto poco più di una settimana fa qui a S. Stino di Livenza) ha lavorato come avvocato fino a poco tempo fa, quando ha mollato quella carriera per darsi totalmente alla scrittura. La sua conoscenza del diritto (anche del diritto nella Barcellona del ‘400) gli è stato certamente utile per scrivere il libro.

Il protagonista del libro nasce povero ma nel corso della storia riesce a risalire la scala sociale grazie… al vino. Non dimentichiamo che dopo circa ottocento anni di dominazione musulmana, la cultura del vino era andata dispersa in Spagna (anche perché non c’erano testi scritti che tramandassero la conoscenza). Si sa per certo che in quel periodo i vini erano molto giovani, cattivi e molto speziati (per coprire il gusto di aceto che subentrava molto presto).

Ma quello che può essere più interessante per uno scrittore emergente è ciò che Falcones ha detto in merito alla sua esperienza di scrittore.

Falcones

Ci ha messo tre anni per trovare l’editore per il suo primo libro (e aveva 47 anni quando lo ha trovato), ma fin da piccolo ha sempre scritto e letto moltissimo, incoraggiato in questo dalla madre e dalla mancanza di distrazioni multimediali (es TV, non parliamo neanche di videogiochi). Ha scritto anche dei romanzi ambientati nella contemporaneità, ma non ha ancora trovato editori che li accettino.

Alcuni dei romanzi che ha scritto nella sua vita sono andati persi. Secondo lui, tre traslochi equivalgono a un incendio, ma non mi pareva preoccupato più di tanto…

Quando il presentatore gli ha fatto una battuta infelice, dicendogli che invece di lavorare aveva deciso di mettersi a scrivere, Falcones, senza scomporsi minimamente, gli ha risposto che in realtà lui lavora molto, ha orari fissi (dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20), come se fosse in ufficio, e questo va avanti per circa tre anni, il tempo di finire un romanzo, nonostante ai figli che fanno casino in casa e la signora delle pulizie che gli passa l’aspirapolvere sotto i piedi (perché scrive nello studio di casa sua).

Quando inizia, ha già ben in mente come finirà il romanzo e chi sarà il protagonista.

Lo studio della Storia è necessario durante la stesura: lui sa a che punto del romanzo si collocano certi eventi storici e cerca di incastrarci le vicende dei personaggi.

Mi è sembrato un po’ sorpreso da certe domande del presentatore (es. come mai la riga nera sopra il nome dell’autore in tutte le copertine dei tuoi libri? Come mai in questo romanzo non c’è la dedica), ma capisco anche il giornalista: un romanzo di narrativa si gusta, non si esamina, non era così facile trovare domande inerenti alle vicende narrate senza svelare troppo i dettagli.

Ho iniziato a leggerlo mentre aspettavo che lo scrittore arrivasse (per prendermi il posto a sedere sono andata là un’ora prima) e ormai mi tocca finirlo… non era in programma ma… mi sacrificherò!

 

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Le luci di settembre – Carlos Ruiz Zafon

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Dopo aver letto L’ombra del vento e Il gioco dell’angelo, non mi aspettavo un vero e proprio libro di fantasia con tanto di magia nera, stregonerie e ombre staccatesi dai corpi. Cercavo sì del mistero, ma su base realista… ad ogni modo, una volta che hai iniziato un libro di Zafon, è difficile lasciarlo là, anche se fin dall’inizio, quando ci si trova davanti all’enorme e misteriosa magione di Lazarus Jann, si capisce subito che il suo proprietario e la magione stessa dovranno perire nelle fiamme.

L’ho trovato inferiore ai primi due libri come caratterizzazione dei personaggi, e anche la trama non è all’altezza: l’ombra si rivela molto presto, il mistero non crea molta attesa.

Insomma, quando l’ho finito, sono rimasta con un senso di mancanza. Cercavo qualcosa e non l’ho trovata.

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