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Il diritto di scrivere

Il primo trucco (…) è di iniziare subito. E’ un lusso trovarsi nella modalità di scrittura. Una benedizione, ma non una necessità.

Quando faccio fatica a scrivere è perché sto cercando di parlare alla pagina, invece di ascoltarla.

Il mito secondo cui dobbiamo avere “tempo” – più tempo – per creare è un mito che ci impedisce di usare il tempo che abbiamo.

Il trucco per trovare il tempo di scrivere, è di scrivere per amore e non con il pensiero al risultato finale. Non provare a scrivere qualcosa di perfetto: scrivi e basta.

Ho scritto le Pagine del Mattino per ben due decenni. Sebbene non siano destinate ad essere arte, spesso sono il seme per l’arte.

Molta gente – non-scrittori, se esiste una cosa del genere – pensa che scrivere un romanzo significhi sapere tutto prima di iniziare.

Le “Pagine del Mattino” sono il fondamento di una vita fatta di scrittura. (…) Dedicati a loro come prima cosa al mattino, prima che la tua mente innalzi le difese.

Non posso cambiare gli eventi della mia vita, ma posso trasformarli in arte.

E’ praticamente impossibile essere onesti ed essere noiosi allo stesso tempo.

La pozione di uno scrittore è il veleno di un altro.

Gli scrittori devono vivere nel mondo.

(frasi tratte da “The right to write” di Julia Cameron, trad. mia)

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Jack London e Philip Roth @Einaudieditore @MinimumFax

Scrittori di narrativa non ne conosco, di persona. Ne incontro qualcuno alle presentazioni dei libri, ma ci sono sempre due principali ostacoli a una chiacchierata approfondita, anzi, tre:

  • Intervistatori non sempre all’altezza. Una volta un giornalista ha chiesto a Falcones perché sulle sue copertine c’era sempre una sfumatura di un certo colore in basso…
  • Certi spettatori si dilungano così tanto con le loro domande da farmi pensare che abbiano anche loro, da qualche parte, un libro da presentare.
  • Di solito la conversazione deve restare limitata all’ultimo titolo uscito, bisogna farlo per la libreria che ti ospita, e che ha preparato una pila di volumi in entrata, appena davanti alla porta a vetri.

Ma nella contemporaneità, dubito che anche se mi trovassi davanti a uno scrittore in carne ed ossa potrei spremergli grandi perle di saggezza. Un po’ perché io sarei così intimidita da non riuscire a spiaccicar domanda, un po’ perché gli scrittori ne hanno le palle piene di fan che gli fanno domande.

Gli scrittori devono scrivere. Tutto il resto è pubblicità.

Ecco perché ho adorato queste due brevi letture.

Pronto soccorso per scrittori esordienti, di Jack London

London non le mandava a dire. Bersagliato da manoscritti di sconosciuti, rispondeva chiaro e tondo cosa andava e, soprattutto, cosa non andava. Da queste lettere, comunque, si vede che la massa di gente pronta a vivere dei proventi derivanti dalla scrittura è sempre stata abbondante, ieri come oggi. Riporto solo una frase:

Non è possibile che lei, a vent’anni, sia riuscito a mettere tanto lavoro nella scrittura da meritare il successo in questo campo. Lei non ha ancora cominciato il suo apprendistato.

Libretto caustico ma trascinante, che martella sul bisogno di farsi una solida base “lavorativa” prima di pensare di poter vivere di parole. Ho avuto solo delle difficoltà a capire il senso dell’introduzione di Giordano Meacci…

Chiacchiere di bottega, di Philip Roth

Che visione, Philip Roth che passeggia per la fabbrica di prodotti chimici insieme a Primo Levi, o di lui che va a trovare Edna O’Brien mentre lei sta firmando qualche migliaio di copie del suo ultimo libro.

Sentite, ad esempio, cosa gli dice Kundera:

Il romanziere insegna alla gente a cogliere il mondo come una domanda. (…) In un mondo fondato su sacrosante certezze il romanzo muore. Il mondo totalitario, sia esso fondato su Marx, sull’islam o su qualunque altra cosa, è un mondo di risposte e non di romande, in esso non c’è posto peri il romanzo.

Che sia questa una delle ragioni per cui la gente legge così poco in Italia?

 

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Intervista alla scrittrice Iris Murdoch

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Nata a Dublino nel 1919, Iris Murdoch è stata scrittrice, critica letteraria, filosofa, poetessa. Riporto qui (e traduco) degli estratti di un’intervista sulla Paris Review, intitolata The Art of Fiction (No. 117, theparisreview.org). Non riporterò i puntini di sospensione ogni volta, mi limito a tradurre le parti che possono interessare agli aspiranti scrittori.

  • Quando ha scoperto che le piaceva scrivere?

Me ne sono accorta molto presto, fin da quando ero una bambina. Ovviamente la guerra disturbò i sogni di chiunque riguardo al proprio futuro.

  • Ci può raccontare un po’ in merito al suo metodo di scrittura?

Credo sia importante preparare un piano dettagliato prima di scrivere la prima frase. Qualcuno crede che si possa scrivere “George si svegliò e seppe che qualcosa di terribile era successo il giorno prima” e poi vedere cosa succede.  Io invece pianifico tutto prima di iniziare. Ho uno schema generale e molte note. Ogni capitolo è pianificato. Ogni conversazione è pianificata. Un romanzo è un lavoro lungo e se inizi nel modo sbagliato finirai con l’essere molto infelice più avanti. Il secondo passo da fare è sedersi con calma e lasciare che la cosa si inventi da sola. Un pezzo di immaginazione porta al successivo. In qualche modo gli avvenimenti volano insieme e generano altri avvenimenti.

  • Lei è una scrittrice molto prolifica. Sembra che le piaccia molto scrivere.

Sì, mi piace, ma ci sono ovviamente dei momenti in cui credo che sia terribile, in cui perdi la fiducia e vedi tutto nero. Non riesci a pensare. Non è solo divertimento. Ma la scrittura in sé non la trovo difficile. La creazione della storia è la parte che mi crea più agonia. Quando inizi un romanzo sei in uno stato di libertà illimitata e questo fa para. Ogni scelta che si fa, ne escluderà altre. I libri dovrebbero avere dei temi. Io scelgo con cura i titoli e i titoli in qualche modo rimandano alla profondità del tema del libro.

  • Lei scrive a mano?

Oh, sì, sì, sì.

  • Quale è la sua quotidiana routine di scrittura?

Mi piace lavorare, e quando ho tempo lavoro. Ma ho anche altre cose da fare, come lavare, far compere. Per fortuna mio marito si occupa della cucina. A volte devo andare a Londra o a trovare degli amici. Altrimenti lavoro tutto il tempo. Vado a letto presto e mi alzo ogni mattina molto presto. Lavoro tutta la mattina e poi vado a fare le spese e scrivo lettere – le lettere mi prendono un sacco di tempo – nel pomeriggio. Poi lavoro di nuovo dalle quattro e mezza fino alle sette o alle otto circa.

  • Quante parole scrive al giorno?

Non ho mai contato le parole, non lo so.

  • Se i suoi personaggi non sono basati su persone realmente esistenti, come per esempio per Hemingway e Lawrence, allora come li crea?

Semplicemente, mi siedo e aspetto. Aborro l’idea di mettere delle persone reali in un romanzo, non solo perché ritengo che sia moralmente dubbio, ma anche perché ritengo che sarebbe terribilmente stupido. Non voglio creare una copia di qualcuno che conosco. Voglio creare qualcuno che non è mai esistito e che allo stesso tempo sia una persona verosimile. Credo che le caratteristiche si accumulino gradatamente da sole.

  • Uno scrittore dovrebbe essere un moralista e un maestro?

Moralista, sì. La parola maestro suggerisce qualcosa di troppo didattico. Un romanziere dovrebbe esprimere valori.

  • I suoi figli limitano la sua libertà di scrittrice?

Oh, no. Ci sono innumerevoli esempi della loro compatibilità con una madre scrittrice. Le donne hanno ovviamente delle difficoltà nel giostrarsi tra lavoro e famiglia. Ma in un certo senso, essere una scrittrice è una delle scelte più facili, perché lo puoi essere a casa.

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Come scrive un romanzo storico Ildefonso Falcones

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Sono stata ieri alla presentazione alla Libreria Moderna di S. Donà di Piave (VE) de Gli Eredi Della Terra di Ildefonso Falcones, un bel volumetto da 22 euro con copertina rigida.

Non ho letto niente di questo autore prima, ma ieri ho scoperto alcune cose interessanti.

Intanto, anche lui come Maino (che ho visto poco più di una settimana fa qui a S. Stino di Livenza) ha lavorato come avvocato fino a poco tempo fa, quando ha mollato quella carriera per darsi totalmente alla scrittura. La sua conoscenza del diritto (anche del diritto nella Barcellona del ‘400) gli è stato certamente utile per scrivere il libro.

Il protagonista del libro nasce povero ma nel corso della storia riesce a risalire la scala sociale grazie… al vino. Non dimentichiamo che dopo circa ottocento anni di dominazione musulmana, la cultura del vino era andata dispersa in Spagna (anche perché non c’erano testi scritti che tramandassero la conoscenza). Si sa per certo che in quel periodo i vini erano molto giovani, cattivi e molto speziati (per coprire il gusto di aceto che subentrava molto presto).

Ma quello che può essere più interessante per uno scrittore emergente è ciò che Falcones ha detto in merito alla sua esperienza di scrittore.

Falcones

Ci ha messo tre anni per trovare l’editore per il suo primo libro (e aveva 47 anni quando lo ha trovato), ma fin da piccolo ha sempre scritto e letto moltissimo, incoraggiato in questo dalla madre e dalla mancanza di distrazioni multimediali (es TV, non parliamo neanche di videogiochi). Ha scritto anche dei romanzi ambientati nella contemporaneità, ma non ha ancora trovato editori che li accettino.

Alcuni dei romanzi che ha scritto nella sua vita sono andati persi. Secondo lui, tre traslochi equivalgono a un incendio, ma non mi pareva preoccupato più di tanto…

Quando il presentatore gli ha fatto una battuta infelice, dicendogli che invece di lavorare aveva deciso di mettersi a scrivere, Falcones, senza scomporsi minimamente, gli ha risposto che in realtà lui lavora molto, ha orari fissi (dalle 9 alle 13 e dalle 16 alle 20), come se fosse in ufficio, e questo va avanti per circa tre anni, il tempo di finire un romanzo, nonostante ai figli che fanno casino in casa e la signora delle pulizie che gli passa l’aspirapolvere sotto i piedi (perché scrive nello studio di casa sua).

Quando inizia, ha già ben in mente come finirà il romanzo e chi sarà il protagonista.

Lo studio della Storia è necessario durante la stesura: lui sa a che punto del romanzo si collocano certi eventi storici e cerca di incastrarci le vicende dei personaggi.

Mi è sembrato un po’ sorpreso da certe domande del presentatore (es. come mai la riga nera sopra il nome dell’autore in tutte le copertine dei tuoi libri? Come mai in questo romanzo non c’è la dedica), ma capisco anche il giornalista: un romanzo di narrativa si gusta, non si esamina, non era così facile trovare domande inerenti alle vicende narrate senza svelare troppo i dettagli.

Ho iniziato a leggerlo mentre aspettavo che lo scrittore arrivasse (per prendermi il posto a sedere sono andata là un’ora prima) e ormai mi tocca finirlo… non era in programma ma… mi sacrificherò!

 

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Come farsi fregare da un sottotitolo…

Ecco il problema quando si comprano i libri via internet: non si può sfogliarli per rendersi conto se il titolo o il sottotitolo rispondono a verità. In questo caso, quelli della Mondadori lo hanno studiato bene il sottotitolo di Kerouac: SCRIVERE BOP – LEZIONI DI SCRITTURA CREATIVA.
Qua dentro di scrittura si parla davvero poco. Se si esclude la frase che è riportata sulla copertina (Scrivi con eccitazione, velocemente, coi crampi da penna o battitura, secondo le leggi dell’orgasmo), i brani sulla lingua scritta sono irrisori, e quando ci sono, sono di questo genere qui:
1. Taccuini segreti scribacchiati, e incredibili pagine dattiloscritte, per puro piacere personale.
2. Sottomesso a qualsiasi cosa, aperto, in ascolto.
3. Cerca di non ubriacarti mai fuori casa.
ecc…
Ma per favore!
Quelli della Mondadori hanno messo insieme tutta una serie di scritti estemporanei di Kerouac che parlano di Beat generation, tutto qui.
E quelle poche righe sulla scrittura, lodando sperticatamente la scrittura di getto, ai limiti del subconscio, squilibrano completamente un settore, quello dei giovani aspiranti scrittori, che avrebbero già la tendenza ad esagerare su questo fronte. Invece di portare un po’ di equilibrio, si cerca l’eccesso: buttate tutto sulla pagina, tanto è tutta poesia, anche gli errori e le parole inventate…
Ma per favore!

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Otto semplici regole per scrivere romanzi storici

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Traduco qui un articolo di Jacqueline Cangro:

Poco tempo fa uno scrittore mi ha detto che stava pensando di scrivere un romanzo ambientato durante la Guerra civile ma che non sapeva da che parte cominciare.
Posso capirlo. Il mio romanzo è ambientato negli anni Quaranta. Di sicuro non è così indietro nel tempo come la Guerra civile nella nostra memoria collettiva. Qualcuno ritiene che le ambientazioni dopo la seconda guerra mondiale non rientrino nei romanzi storici ma io ritengo che ogni periodo anteriore al nostro sia storico in termini di ricerca, che è necessaria se vuoi diventare familiare con le sfumature di quell’epoca.
Ecco alcune delle cose che ho imparato scrivendo il mio romanzo.
1. Bilanciare l’accuratezza storia e la caratterizzazione. Le persone non sono stereotipi. Sono complesse e tendono a fare cose strane. Anche se il vostro romanzo è ambientato nell’Inghilterra vittoriana, la vostra protagonista femminile deve essere ben educata e riservata. Mi ricordo che la giovane Rose del film Titanic si ribellava contro I legacci cui dovevano sottostare le donne del 1912. Ma questo non dona più interesse alla storia?
2. Non paralizzatevi nella ricerca. Quando scrivete romanzi storici avete un obbligo in più, che è quello di attenervi ai corretti fatti del periodo. Alcuni scrittori amano immergersi in volumi e volumi per i minimi dettagli che possono arricchire le loro storie. Questi autori non hanno mai abbastanza materiale. Tuttavia gli scrittori che non amano la ricerca, aspettano prima di iniziare il romanzo perchè non sono molto interessati in questa parte del lavoro. Non importa in quale categoria tu rientri, semplicemente salta l’ostacolo. Comincia a scrivere.
3. Stabilisci quali sono i giorni per la ricerca. Se arrivate ad un punto in cui il personaggio sta per prendere un’aspirina e non sapete se questa esisteva durante la Guerra civile (non esisteva), mettite un post-it e tornaci più avanti. Poi, nel giorno dedicato alla ricerca potete verificare i punti critici e fare le modifiche. Non so voi, ma io penso che se dovessi fermarmi ogni volta che ho un dubbio, sarei fuori strada. Prima di accorgermene, la domanda dell’aspirina mi distrarrebbe per tutto il giorno e non scriverei quello che dovrei scrivere.
4. Caro diario. Se possibile, leggete resoconti personali di quel periodo. Diari o lettere – ricerca primaria – possono darvi molti dettagli da un punto di vista personale. Vi avviso: alcune persone ricordano male oppure abbelliscono le cose nei loro diari o nelle loro lettere. Se state leggendo un diario in cui si parla di una persona che ha incontrato Lincoln dopo un discorso nel 1868, probabilmente un errore di distrazione. Se si tratta di un fatto storico, verificatelo prima di inserirlo nella vostra storia.
5. Non esagerate. Una volta che vi siete fatti ore ed ore di ricerca, avrete probabilmente la tendenza a infilare nella vostra storia ogni minimo dettaglio che avete scoperto. Resistete alla tentazione! Fare questo equivale a mettersi in mostra, i vostri lettori se ne accorgeranno e ne rideranno tra sè. Includi quello che riguarda il personaggio e la trama e lascia da parte il resto. Tutta la vostra ricerca non andrà perduta. Riuscirà a permeare la vostra conoscenza del periodo e verrà fuori in modi più sfumati.
6. Non fatevi trascinare dalla Storia. Certamente non potete (e non dovete) riscrivere I fatti storici più important. Darwin pubblico L’Origine Della Specie nel 1859. L’uomo atterrò sulla luna nel 1969. Ma potete prendervi alcune libertà. Dopotutto, è fiction. Può essere che il vostro romanzo sia ambientato a Boston ma che voi sappiate di una corsa automobilistica che si era tenuta a Philadelphia. Con qualche piccolo cambiamento potete ambientarla a Boston. Avevo letto di un piccolo incidente ferroviario accaduto negli anni Cinquanta e lo ho rimaneggiato per inserirlo nel mio romanzo ambientato negli anni Cinquanta. Ha funzionato alla perfezione.
7. Impara dagli esperti. Quando stavo facendo ricerche sull’incidente ferroviario qui sopra, dovevo approfondire la mia conoscenza sulle carrozze ferroviarie: come erano divise, decorate, quanto grandi erano le cuccette. Sottoposi le mie domande agli esperti. Mi accorsi presto che là fuori ci sono persone che vivono e respirano treni. Costruiscono modellini di treni nei seminterrati, partecipano a conferenze in materia ferroviaria e amano parlarne. Una volta fatta circolare la voce, furono di immenso aiuto. Non potrò mai ringraziarli abbastanza.
8. Sinceramente, mia cara, me ne infischio. Inizia con i personaggi. Non importa dove e quando la storia è ambientata (…), loro sono il centro della vostra storia. Dovrebbe essere un mondo ricco e colorato, certo, ma i personaggi sono il cuore e l’anima del romanzo. Cosa sarebbe stato Via Col Vento, per quanto fosse un’epica considerevole del periodo, se non ci fossero stati Rossella e Rhett? Lascia che la tua storia parli dei personaggi.
Jacquelin Cangro

 

Non paralizziamoci nella ricerca, ma non sorvoliamo neanche troppo sui dettagli, perché sono quelli che danno veridicità, verosimiglianza al racconto. Ho provato a vedere se ci sono libri in italiano su come scrivere libri storici, intendo, libri con dettagli sulle varie epoche storiche. Ce ne sono diversi, ma sono quasi tutti testi utilizzati per lo studio universitario, dunque, poco “manuali”. Servirebbe qualche esperto di storia italiana per scrivere un saggio tipo quello di Sherrilyn Kenyon (per chi legge in inglese, v. link affiliato Amazon qui), che ti fa dei veri e propri elenchi per le parole utilizzate, i papi, le feste, il cibo mangiato, il vestiario, il lessico associato ai castelli, alle armi, all’araldica, ecc… peccato il saggio della Kenyon sia applicabile solo alle isole britanniche dal 500 al 1500 d.C… Noi italiani siamo sempre meno pratici degli anglosassoni.

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Ritorno ad Ancona e altre storie, di Lorenzo Spurio e Sandra Carresi

Sarà disponibile nelle librerie tradizionali e on-line già nelle prossime settimane Ritorno ad Ancona e altre storie, libro scritto dal giovane jesino Lorenzo Spurio assieme alla scrittrice fiorentina Sandra Carresi. La pubblicazione è stata curata dalla neonata casa editrice Lettere Animate diretta da Roberto Incagnoli; il libro uscirà nella collana “Insieme” diretta da Antonella Ronzulli che nella sua presentazione osserva: “Il primo numero della Collana Insieme è “Ritorno ad Ancona e altre storie” una scelta editoriale precisa e voluta, perché ne rappresenta il vero significato. Lorenzo Spurio e Sandra Carresi, vivono due mondi differenti, in una realtà maschile e una femminile. Grazie alla loro amicizia, hanno unito l’esperienza del loro vissuto, l’approccio alla vita quotidiana stessa, e la fantasia, creando un libro di pregevole qualità. La scrittura perfetta e coinvolgente, le storie attuali, arricchite da affascinanti descrizioni dei luoghi, conducono il lettore a immedesimarsi nei protagonisti stessi, a porsi interrogativi sulle scelte attuate, forse anche a riconoscersi in loro”.
Il libro si snoda attraverso tre racconti dagli squarci quotidiani che non mancano però di richiamare il lettore su una serie di temi importanti: amore, amicizia, debolezze e sofferenze. In questo percorso i due autori fondono i loro stili con maestria rendendo la lettura piacevole e appassionante. Il critico e recensionista Marzia Carocci ha osservato: “i nostri autori ci porteranno passo dopo passo in una vita d’ordinaria normalità e proprio come ogni vita, sottoposta agli eventi continui, fatti di dubbi e paure, certezze e timori, ostacoli e constatazioni presenti nel cammino comune d’ogni mortale, quel cammino che a volte ci porta ad un bivio che ha bisogno di risposte e decisioni che dobbiamo cercare solo dentro di noi”.
Il libro si può acquistare attraverso il sito della casa editrice, Lettere Animate , e a partire dalle prossime settimane sarà disponibile su ciascuna libreria online e tradizionale.
Lorenzo Spurio è nato a Jesi nel 1985. Ha ottenuto la Laurea Magistrale in Lingue e Letterature Moderne all’università di Perugia. Ha scritto alcuni saggi su alcune opere letterarie, tra cui una raccolta di saggi su Jane Eyre, editi da Lulu Edizioni. Ha pubblicato vari racconti su riviste di cultura e letteratura italiana tra cui Inverso, Sagarana, Reti di Dedalus, Aeolo e Osservatorio Letterario. E’ redattore della rivista Segreti di Pulcinella e gestore di Blog Letteratura e Cultura dove pubblica suoi testi, recensioni e analisi critiche.
Sandra Carresi, fiorentina di nascita, è moglie e madre. Ha lavorato per vari anni presso l’ARCI provinciale di Firenze. L’amore verso la scrittura nasce invece con lei. Ha pubblicato alcune raccolte di poesie (Una donna in autunno, 2010 e Dalla vetrata incantata, 2011) e raccolte di racconti (Battiti d’ali nel mondo delle favole, 2008 e Non mi abbraccio mi strizzo, 2009). Collabora attivamente con suoi testi al sito Racconti Oltre.

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Sulla suscettibilità degli aspiranti scrittori (famosi)

pens

Io, che mi limito a scrivere nel blog nelle pause pranzo e negli orari in cui dovrei invece dormire (mitica la pubblicazione a tempo di wordpress!), non dovrei immischiarmi in certi dibattiti… ma lo faccio lo stesso. Stavo seguendo i commenti del blog di Giulio Mozzi, editor, insegnante di scrittura creativa e scrittore. Mozzi aveva pubblicato un decalogo in cui mostrava alcuni frequenti errori in cui incappano gli aspiranti scrittori (bisognerebbe anche distinguere fra “aspiranti”, “emergenti”, “novellini” & C…, e nel blog lo fanno).
Ebbene, ogni cinque minuti mi trovo la posta impalata da decine di mail di commento. Ha sollevato il c.d. vespaio.
Perché tutti (e sono quasi tutti aspiranti scrittori) si sono sentiti presi di mira.
Secondo me, ci vorrebbe sempre un po’ di umiltà, in questo ed in altri ambiti (lavoro, ancora per poco, ma lavoro nel design, qua ci si potrebbe scrivere un libro sugli iper-ego). Se un editor, uno che fa scouting e che si legge decine di manoscritti di aspiranti famosi (perchè non ci interessa fare gli aspiranti scrittori, ci interessa fare gli aspiranti scrittori professionisti), qualche marcia in più ce l’avrà… o no?
Ovvio che non piace a nessuno sentirsi giudicato, ma non trovo necessario intavolare una discussione con tanto di facce offese (che non si vedevano ma si potevano intuire)… nel sottofondo leggo una gran dose di invidia per chi ce l’ha fatta (forse ne soffro pure io… ma cerco di controllarmi, perché contro un Canetti o un Simenon, non mi ci metto).

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