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Chiacchierata tra amici: Salman Rushdie e Paul Auster

Eccovi un altro video (in inglese doppiato in francese) preso da YouTube.

Di cosa parlano tra loro due scrittori di questo calibro? Di sicuro non dei libri in corso. Parlano di cinema, politica, baseball (molto baseball…), ma non di libri work in progress.

L’intervista a due continua poi lasciando loro raccontare quando e come sono arrivati a New York, città che ha plasmato (e influito) non poco le loro scritture. Ci sono arrivati giovani, Auster a 18 e Rushdie a 23 anni, e si sono lasciati travolgere dalla vita culturale di quei tempi.

I due autori si sono incontrati ben venticinque anni prima, attraverso il figlio di Auster che, dopo aver letto un libro di Rushdie, gli ha scritto. E, come post scriptum, ha aggiunto: “Saluti da mio papà”.
C’è da dire che Paul Auster è stato uno dei sostenitori più attivi di Rushdie, ai tempi della fatwa: Auster era professore a Princeton e ha organizzato importanti adunate per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione dell’autore indiano che doveva vivere sotto scorta (per chi è interessato ai dettagli, trovate la storia di Rushdie, scritta da lui medesimo, in “Joseph Anton”).

Altra domanda: cosa piace a Auster della scrittura di Rushdie? Auster menziona la lunghezza delle frasi, il fatto che a volte tornano su se stesse, che sono un viaggio nella lingua inglese. E Rushdie ringrazia Proust…

Infine, domanda a Rushdie: quale è la cosa più importante quando si scrive un libro?
Dargli attenzione. Se gli si dà attenzione, il libro ricambierà il favore e vi svelerà i suoi segreti.

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Chi sono i terroristi suicidi, Marco Belpoliti @GuandaEditore

Questo breve libro è una raccolta di testi scritti per lo più in occasione dei tanti attentati successi negli ultimi anni (Bataclan, Charlie Hebdo, Bruxelles…). E’ un’opera di pubblica utilità: ci aiuta a non rifugiarci nei clichés e a ragionare sugli avvenimenti.

Belpoliti cita molti altri autori, destreggiandosi tra letteratura, sociologia, filosofica, antropologia, storia, psicologia sociale.

Certi articoli ti fanno pensare in modo particolare. Ad esempio, il primo, “Eccesso”. Si ricorre all’eccesso, per uscire da un sistema incerto, che oscilla su posizioni poco chiare, come può essere la situazione di un adolescente o di un giovane (non è un caso che quasi tutti i terroristi suicidi siano giovani), ma anche, più in generale, in un ambiente in cui mancano degli ideali a cui appellarsi.

E allora, l’uomo della strada occidentale, così laicizzato, odia sì i terroristi, ma siamo sicuri che non ci sia, sotto sotto, anche un po’ di invidia per gli chi ideali, comunque, ce li ha? Siamo sicuri che i terroristi siano, come forma mentis, poi molto lontani da noi?

E ancora: perché lo fanno?

Belpoliti sottolinea un concetto: il suicidio purifica l’omicidio. Un terrorista suicida che pur uccida un bel po’ di infedeli ma che non riesca ad uccidere se stesso, ha comunque fallito.

Chi sono?

Molti sono giovani, o giovanissimi. Di solito sono gregari (i leader non fanno attentati suicidi, si limitano a organizzarli). Spesso hanno studiato (molti sono ingegneri, e Belpoliti spiega bene perché). Tutti stanno attenti a creare il proprio storytelling: con testamenti video, facendo appello al sentimento di vendetta, passando per vittime dei nemici.

Dunque non sono “sradicati” nel senso comune del termine. Sradicati, però, lo sono nel senso che con loro è inutile appellarsi alla realtà, perché è ciò che loro vogliono combattere.

Infine, un altro importantissimo elemento in comune che uniforma i terroristi suicidi islamici con altri in altre parti del mondo è la rinuncia a controllare il proprio io: abdicano il potere di scelta ai propri leader. Torna anche qui l’attualità di un testo che non smetterò mai di suggerire per capire tantissime dinamiche dei comportamenti umani: “Fuga dalla libertà” di Erich Fromm.

Belpoliti non fornisce soluzioni, ma attira la nostra attenzione su due punti fondamentali: non ci sarebbero martiri senza storytelling e senza appoggio di una comunità.

Se questa non è una soluzione, è comunque una direzione a cui guardare.

Ps: bellissimo l’ultimo capitolo, intitolato “Cosa leggere”. Una specie di bibliografia ma con piccole note che ti indirizzano verso nuovi libri e articoli. LOL!

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