Eccovi un altro video (in inglese doppiato in francese) preso da YouTube.
Di cosa parlano tra loro due scrittori di questo calibro? Di sicuro non dei libri in corso. Parlano di cinema, politica, baseball (molto baseball…), ma non di libri work in progress.
L’intervista a due continua poi lasciando loro raccontare quando e come sono arrivati a New York, città che ha plasmato (e influito) non poco le loro scritture. Ci sono arrivati giovani, Auster a 18 e Rushdie a 23 anni, e si sono lasciati travolgere dalla vita culturale di quei tempi.
I due autori si sono incontrati ben venticinque anni prima, attraverso il figlio di Auster che, dopo aver letto un libro di Rushdie, gli ha scritto. E, come post scriptum, ha aggiunto: “Saluti da mio papà”.
C’è da dire che Paul Auster è stato uno dei sostenitori più attivi di Rushdie, ai tempi della fatwa: Auster era professore a Princeton e ha organizzato importanti adunate per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla situazione dell’autore indiano che doveva vivere sotto scorta (per chi è interessato ai dettagli, trovate la storia di Rushdie, scritta da lui medesimo, in “Joseph Anton”).
Altra domanda: cosa piace a Auster della scrittura di Rushdie? Auster menziona la lunghezza delle frasi, il fatto che a volte tornano su se stesse, che sono un viaggio nella lingua inglese. E Rushdie ringrazia Proust…
Infine, domanda a Rushdie: quale è la cosa più importante quando si scrive un libro?
Dargli attenzione. Se gli si dà attenzione, il libro ricambierà il favore e vi svelerà i suoi segreti.