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La dieta smart food – Eliana Liotta

Avete presente quei regimi alimentari bilanciati, basati sulle evidenze scientifiche, che ammettono uno strappo alla regola ogni tanto e che si guardano ben bene dagli estremismi?

Ecco, questa è la dieta smart food.

Il consiglio principale è di basare almeno 3/4 dell’alimentazione su alimenti di origine vegetale e integrale. Poi ci sono i corollari: ad esempio, nel quarto di alimenti di origine animale, evitate le carni insaccate e lavorate, perché è scientificamente dimostrato che fanno male; e riducete al minimo (al minimo!!!) le carni rosse, per lo stesso motivo.

Sulle scelte stilistiche della Liotta, poi, si può discutere. Ad esempio, a me personalmente (ma è un’opinione personale) in un saggio alimentare non piace lo storytelling. Non mi piacciono le domande retoriche, non mi piace sentire le frasi troppo abusate come “che il cibo sia la tua medicina”, “è la dose che fa il veleno”, non mi piacciono ovvietà del tipo

L’idealtipo del magro si è imposto nella moda, nel cinema, nella pubblicità. E’ il canone della bellezza di quest’epoca.

Sapori e odori ammansiscono gli istinti primordiali, incantano il gusto, rimandano all’infanzia in una travolgente sinestesia, (…)

Nel mio particolarissimo gusto personale, nei saggi si dovrebbero evitare troppi fiorellini e abbellimenti, ma ammetto che, per chi non è abituato a libri su questo argomento, paragrafi così aiutano ad alleggerire la lettura.

Trovo poi abbastanza soggettiva la scelta dei 20 Longevity smart Food: non nego la loro efficacia, semplicemente credo che la lista sia molto “personale”:

arance rosse, asparagi, cachi, capperi, cavoli rossi, ciliegie, cioccolato fondente, cipolle, curcuma, fragole, frutti di bosco, lattuga, melanzane, mele, peperoncino e paprika, patate viola, prugne nere, radicchio, tè, uva.

Perché, ad esempio, non includerci anche l’astragalo e il ginkgo biloba che agiscono sulla lunghezza dei telomeri?

Nella seconda parte del libro, l’autrice si concentra sui consigli per i pasti, ma resta abbastanza generica e a volte manca di precisione.

Un esempio: per cereali e derivati si suddivide tra cereali in chicco, pasta, pane, cereali per la prima colazione e patate. L’autrice dà le dosi indicative per ogni regime (da 1700, 2100 e 2600 calorie) però non specifica se queste famiglie possono essere mangiate insieme nel corso della giornata; cioè posso fare 80 g di riso, 80 g di pasta, 50 gr di pane tutti nello stesso giorno? Credo di no, ma lo deduco io, perché all’inizio del libro ci aveva detto di riempire almeno metà piatto con verdura e frutta.

Ben vengano i test di autovalutazione e i consigli sulla cottura al fine di preservare al massimo i nutrienti di ogni cibo, e non si ripeteranno mai abbastanza avvertimenti come quello che segue:

lo zucchero bianco non è necessario alle nostre esigenze nutrizionali, è un piacere, punto e basta.

Resto però perplessa quando dice:

Anche il glutammato, finito sul banco degli imputati a più riprese, non c’è prova che sia tossico, cancerogeno o che induca allergie o emicranie.

Io preferirei puntare su un principio di cautela… insomma, non mi risulta che siano stati fatti molti esperimenti in merito. Nell’attesa, io preferisco evitarlo.

Discorso latte e latticini: lei non è contraria, con le dovute limitazioni per i formaggi stagionati. Cita The Cina Study di Colin Campbell e non lo appoggia in toto, perché si baserebbe solo su correlazioni.

Cita anche Valter Longo e la sua Dieta della longevità, ma ormai le dimostrazioni scientifiche sui benefici della restrizione calorica sono arcinoti.

In soldoni: con tutti i libri che ci sono sul mercato in tema di alimentazione, lo sappiamo o non lo sappiamo cosa, come, dove e quando mangiare?

Sì.

Equilibrio, varietà e contenimento dovrebbero essere i principi cardine.

Ma sapere una cosa e metterla in pratica sono due attività diverse. Bisogna considerare che le donne ormai lavorano quasi tutte fuori casa, che in Italia non si esce in compagnia se non si mangia, che l’apporto psicologico del cibo ha ormai surclassato quello nutrizionale, che la pubblicità ci martella gli organi genitali dalla mattina alla sera, e che i produttori di cibo devono vendere quello che esce dalle loro fabbriche.

Alla fine, vince la scelta personale, nel bene e nel male.

Però vi prego: non venite a dirmi che è inutile stare attenti a quello che si mangia perché l’aria è inquinata…

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The starch solution – John A. McDougall, M.D.

Non l’ho trovato in italiano, e così ho dovuto leggerlo in inglese. Ma in EBook, perché il cartaceo costicchiava… che palle l’editoria italiana.

Conoscevo il dottor McDougall dal suo saggio precedente, The McDougall Program For Maximum Weight Loss, e sinceramente questo ultimo testo non si discosta molto dal Program. Gli americani sono maestri nel trarre il maggior profitto possibile da un’idea unica scrivendoci su più di un libro.
In questo, per ampliare le pagine l’autore si dilunga molto sulle diete iperproteiche e sulla necessità che la dieta vegana lasci il più possibile da parte i grassi.

Per quanto riguarda il sale: dice che è un capro espiatorio, che i paesi asiatici in cui si usa molto sale (aggiunto) ma la cui dieta si incentra sugli amidi, non hanno tassi di pressione molto alta. Dunque il problema principale è la dieta americano-occidentale, non il sale in sé.
Idem per lo zucchero: è antieconomico per il corpo trasformare gli zuccheri/carboidrati in grassi.
Dunque, senza esagerare, meglio aggiungere sale e zucchero alle proprie pietanze, piuttosto di mangiare tutto sciapito e di abbandonare un sano regime alimentare perché non ci proviamo gusto (anzi: meglio aggiungere zucchero piuttosto che olio ad un piatto).
Cerca anche di ridimensionare il terrore che i seguaci delle diete iperproteiche provano nei confronti dell’indice glicemico: le popolazioni con i tassi di diabete ed obesità più bassi sono storicamente quelle che si cibano di più carboidrati!

Per il resto, il messaggio è sempre il solito: eliminare i cibi animali, ridurre al minimo i derivati altamente elaborati della soia, mangiare fino a sentirsi sazi (amidi ed ortaggi colorati in primis), preferire i cibi più naturali (es. riso integrale rispetto al riso bianco).
Anche la frutta è ammessa, a dispetto di quelli che su youtube dicono che non la vuole: suggerisce solo di limitarla a chi deve perdere tanto ma tanto peso, per gli altri la frutta fa parte del programma.

Molti capitoletti (es. sul costo della dieta vegana, sulla B12, sulla pericolosità degli integratori, sulle pentole da acquistare, sui pasti fuori casa.

Insomma, mi direte: un libro che fa schifo e che non bisogna assolutamente leggere? Macchè, leggetelo, un ripasso fa sempre bene. E poi mi fanno morire le testimonianze degli americani: perdono centinaia di chili e sono felici perché possono mangiare la pastasciutta. Sono troppo…. americani! Non esistono aggettivi per descriverli!

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