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Una donna – Annie Ernaux

Annie Ernaux inizia a scrivere questo libro pochi giorni dopo la morte della madre. Racconta la sua vita, l’ambiente in cui è cresciuta, il rapporto che si era creato tra loro e la malattia, l’alzheimer, che se l’è portata via, prima nella mente e poi nel corpo.

E’ la vita di una donna normale, che si è sempre data da fare per uscire dall’ambiente contadino e dalla povertà, per farsi una cultura e per far studiare la figlia.

La Ernaux ha una scrittura concisa che tratteggia le situazioni con neutralità e precisione: scrive per fissare la vita della madre, perché se non lo facesse, di lei non resterebbe niente, e questo è il carattere che più ci fa riflettere sulla nostra essenza.

Segue un andamento cronologico, con paragrafi quasi diaristici, senza nessun tema da dimostrare né alcuna scaletta preimpostata: i ricordi vengono messi su carta man mano che li richiama alla mente.

E’ una storia drammatica perché universale, ci riguarda tutti, da vicino o da lontano.

Al Gruppo di Lettura molti hanno sottolineato la mancanza di giudizi: la Ernaux ti mette davanti ai ricordi senza darti appigli morali per valutarli, lascia fare a te.

Leggendola, mi ha dato l’impressione che sia lei che sua madre abbiamo vissuto senza poter davvero scegliere, come se ogni loro comportamento sia stato dettato dall’ambiente o dall’epoca.

Perché? Dopotutto, entrambe si sono date da fare, non si son trovate la strada spianata: lavoro, studio, famiglia, la morte di un figlio e di un marito/padre, un divorzio…

Credo che la risposta stia proprio nello stile: la scrittura è così scevra da giudizi, che da nessuna parte vengono esternati i desideri che erano all’origine dei comportamenti.

Mi spiego: i comportamenti sono descritti; i pensieri che hanno portato a quelle azioni, invece, no. Riportare i pensieri, infatti, avrebbe significato fare ipotesi, e l’ipotesi porta in sé un giudizio, o comunque qualche tipo di valutazione.

Durante la lettura, dunque, quando mi trovo la madre che apre un negozio di alimentari e che si fa in quattro per mandarlo avanti, posso intuire la motivazione che c’è dietro, ma se mi fermo alla parola scritta, questa motivazione non è esplicitata, e il comportamento sembra eruttare da un corpo senza volontà propria.

Il libro piace, non può lasciarti indifferente.

Quello che è mancato, secondo me (ma non era nell’intenzione della Ernaux) è il piano, la scaletta, un tema di fondo che mi aiuti a far entrare il libro nel novero della grande letteratura.

E’ un’opera d’arte, perché è una forma di comunicazione consapevole (molto consapevole), ma forse è un po’ troppo personale, troppo legato alla sfera intima.

(Ehi, qui sto facendo le pulci a un bellissimo libro… non ci badate)

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