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L’illusione di Dio (Richard Dawkins)

Richard Dawkins è un biologo evolutivo. L’evoluzione della specie per lui, dunque, è pane quotidiano, ma la sua scelta di campo (ateismo contro religione) non è solo una questione accademica.

Come ci fa notare in una serie di interessanti esempi, alla religione vengono riconosciuti diritti che ad altri settori della comunità non vengono riconosciuti. L’obiezione di coscienza, ad esempio: in alcuni paesi si può evitare il servizio militare per motivi religiosi, ma non esiste l’obiezione di coscienza se si è semplicemente contrari alla guerra, non importa quanto logico sia il nostro motivo.

Un altro esempio, molto più vicino al caso italiano, sono le varie cause di esenzione fiscale di cui godono le Chiese, nonché il flusso di denaro che, dalle nostre tasse, tramite meccanismi volontari, giungono a enti religiosi (che non sono di solito tenuti a render conto a nessuno, cosa che se succedesse in una società per azioni privata porterebbe a diversi arresti).

Un esempio che mi riguarda: quando ho iscritto il bambino alla mensa scolastica, potevo richiedere l’alimentazione vegetariana per motivi religiosi, ma non per motivi salutistici (nonostante sia ampiamente dimostrato che meno carne si mangia e meglio è).

Gli esempi di Dawkins sono tratti principalmente dal contesto statunitense e anglosassone. Certe mostruosità, dunque, ancora non ci riguardano (per il momento).

Dawkins ci racconta ad esempio il caso dei genitori mormoni che hanno ritirato il figlio dalle scuole dell’obbligo per motivi religiosi e il sistema legale ha riconosciuto il loro diritto di farlo (cosa che non sarebbe successa se avessero opposto altre ragioni).

Sempre negli Stati Uniti: è possibile ricorrere ad allucinogeni per “incontrare” dio e per avere esperienze “mistiche”, ma in certi paesi non ammettono neanche l’uso della marjuana per motivi sanitari. In alcuni stati americani non è ammesso l’aborto, neanche se la ragazza è stata messa incinta in seguito ad uno stupro.

Secondo Dawkins, Dio è una vera e propria illusione.

I creazionisti affermano che il mondo così com’è può essere stato creato solo per intervento divino o per caso. Il caso viene escluso perché gli esseri viventi sono così complessi che le probabilità che si arrivasse, ad esempio, a un corpo umano o a una foglia di platano erano davvero infinitesimali.

In realtà, saltano a piè pari il complicato processo dell’evoluzione: non si tratta, per il caso, di creare un corpo umano dal nulla. Se fosse così, allora l’evento corpo-umano sarebbe praticamente impossibile. Ma l’evoluzione è un insieme di eventi poco probabili che si sono verificati in serie, nell’arco di migliaia di anni. Ognuno di questi step era poco probabile, ma non impossibile.

L’accumulo di questi eventi poco probabili ha portato al risultato che è davanti ai nostri occhi oggi.

E’ molto interessante anche la parte in cui Dawkins spiega perché la religione è nata e perché il cervello umano propende per credere in un qualche creatore.

Uno dei motivi, ma non il solo, è che un cervello che ragiona in senso teleologico ha un vantaggio biologico.

Mi spiego: se vediamo una tigre, non è biologicamente conveniente analizzarla in termini chimici o storici; è molto più conveniente considerarla dal punto di vista teleologico, e presumere che la tigre abbia un fine, che è quello di mangiarci. Da qui a pensare che tutto l’esistente abbia un fine, il passo è non breve ma abbastanza consequenziale.

Un’altra parte interessante del libro è quella in cui l’autore spiega che il senso morale può sussistere benissimo senza le religioni (anzi, il senso del bene spesso persiste nonostante le religioni). Sono state fatte molte ricerche scientifiche in questo senso, e tutte concordano che, più o meno, il 97% dei soggetti, indipendentemente dal credo religioso, danno le stesse risposte moralmente connotate.

La morale e lo Zeitgeist nel tempo evolvono nonostante la religione, e non grazie ad essa.

Non solo: un’altra ricerca del 2005 “mette a confronto 17 nazioni sviluppate e giunge alla devastante conclusione che ai più alti livelli di religiosità corrispondono i più alti livelli di omicidi, mortalità infantile e giovanile, malattie veneree, gravidanze e aborti di adolescenti”.

Quindi non solo la religione è superflua: è dannosa.

Senza contare la sfilza di assurdità che sono scritte in alcuni dei testi delle religioni principali. Pensiamoci…

Prendiamo il Dio degli ebrei: è un dio genocida. Ammazza tutti, inclusi donne e bambini e pure gli animali, se il suo popolo decide di “adorare” un altro dio. E i casi in cui le donne sono considerate meno delle bestie non si contano.

Oppure, in campo cristiano: perché un Dio deve far ammazzare il proprio figlio per salvare il mondo? Che legame c’è tra sacrificio e salvazione? Io questo non l’ho mai capito.

Così come non ho mai capito il discorso della trinità: uno e trino. Nessun sacerdote è mai stato in grado di spiegarmelo in modo da rendermelo accettabile.

Ogni mia domanda veniva tacitata con la frase finale: è una questione di fede (= credi ad occhi chiusi perché te lo diciamo noi o te lo dice il Libro). E non c’è niente di peggio che insegnare ai bambini che la Fede è una virtù: gli si insegna ad accettare quello che gli viene detto solo perché lo dicono certe figure designate.

Mi si dice: devi leggere la Bibbia (o il corano o il vangelo ecc…) considerando il contesto storico in cui è stata scritta. Ma questo discorso va bene solo per alcuni passaggi, e non per altri. Dov’è il criterio oggettivo per capire quali passaggi sono da intendere in senso letterale e quali no? Non c’è.

Questo saggio è molto godibile. Meriterebbe di essere letto solo per ridere (amaramente) dei casi di estremismo religioso che si verificano negli Stati Uniti al giorno d’oggi.

In realtà, se avevo qualche dubbio sull’esistenza di un’intelligenza superiore, ora se ne è andato. E non sono triste o depressa. Non medito il suicidio e non ucciderò la mia vicina di casa per impossessarmi dei suoi pansé.

Ho frequentato la parrocchia fino ai 18-20 anni, ho fatto parte di tutti i consigli ed organi cattolici che c’erano al mio paese. Ero fuori casa tre o quattro sere alla settimana per partecipare a qualche iniziativa organizzata dal sacerdote. La comunità si reggeva attorno alla chiesa parrocchiale. Era un ambiente tranquillo, attivo, con persone piene di buone intenzioni, ma – me ne rendo conto adesso – era sempre latente la convinzione che chi non frequentava la chiesa e la parrocchia non fosse, in fondo, una brava persona.

E, soprattutto, certe idee assurde non si potevano mettere in discussione (peccato originale, verginità della Madonna, vita eterna, eutanasia, coppia eterosessuale, cellule staminali!!!).

“Non possiamo spiegarti perché è così, ma devi crederci”.

Basta. Mi avete preso in giro fin troppo a lungo.

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Il segreto dei bambini ottimisti, Alain Braconnier @Feltrinellied

Cominciamo con gli aspetti positivi del libro, tanto per essere… ottimisti!

Il motivo che mi ha spinto a comprarlo, è che, temendo di essere una pessimista, non volevo rendere pessimista anche mio figlio, visto che i bambini ottimisti non solo ottengono più traguardi nella vita ma, in generale, sono più gioiosi.

E’ infatti innegabile che – oltre all’aspetto genetico – noi trasmettiamo ai figli il nostro modus vivendi. Braconnier è riuscito a tranquillizzarmi, dicendomi che ci sono due fattori che ostacolano questa trasmissione di pessimismo tra le generazioni:

Innanzitutto l’equilibrio che, spesso, si instaura a questo proposito fra i due genitori, uno dei quali, in genere, è più ottimista dell’altro. Il secondo fattore è più paradossale: il bambino stesso ci permette di tornare ottimisti, immergendoci in un’atmosfera e mentalità “infantili”.

Devo convincermi di questo, perché le convinzioni errate diventano spesso una profezia che si autoavvera!

Ho trovato poi alcuni suggerimenti generali che avevo già incontrato in altri manuali sull’ottimismo per gli adulti, ad esempio:

  • identificare i pensieri negativi.
  • Parlare col figlio di cosa potrebbe accadere nel corso della giornata.
  • provare nuove cose.
  • incoraggiare il bambino a commentare anche i progressi, non solo i risultati.
  • incoraggiarlo a chiedere consiglio a chi considera competente.
  • attenzione che un ottimismo esagerato può esser pericoloso!

In generale, tuttavia, questo libro non mi ha entusiasmato.

I consigli pratici sono pochi, è più descrittivo che prescrittivo, ripete sempre gli stessi concetti con parole diverse, ci sono tante domande retoriche e molte affermazioni più che ovvie.

In generale, inoltre, noto che Braconnier espone un sacco di teorie e tesi e ricerche scientifiche, ma non segue una linea sua. Lui ti spiega cosa dicono questo e quello, non sviluppa un suo modello speculativo: ciò ha i suoi lati positivi perché ti mostra la varietà della ricerca sul campo, ma è un puzzle di varie tessere che formano un disegno poco coerente (se si esclude una regola generale che è quella di adattarsi all’individualità di ogni bambino).

Di Braconnier avevo già letto “Anche l’anima fa male” e devo dire che in questo secondo incontro ho notato gli stessi difetti. Autore eliminato.

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La dieta della longevità – Valter Longo

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Non volevo compralo, questo libro, perché nel sottotitolo si citava una parola che non mi piace: digiuno. Alla fine l’ho preso perché me ne ero dimenticata, e la fascetta copriva il vocabolo… In realtà, non di digiuno tout-court si tratta, ma di mima-digiuno, cioè di una dieta che ripropone i vantaggi del digiuno (che ormai è conclamato dalla scienza come salutare, se fatto secondo certi criteri) senza gli svantaggi (voglie improvvise, nervosismi, ma anche difficoltà di guarigione in caso di ferite ecc…).

E poi, mi piacciono un sacco i libri che donano i proventi alla ricerca scientifica!

A parte il semi-digiuno periodico, la dieta della longevità che intercorre tra una dieta-mima-digiuno e un’altra, è una dieta vegana con l’eccezione di due o tre porzioni di pesce alla settimana, da mangiare in un arco temporale massimo di 10-12 ore, con integrazione di vitamine, minerali e Omega-3 ogni due o tre giorni, che riduce al minimo lo zucchero aggiunto ma che non rinuncia ai grassi buoni, come l’olio EVO e la frutta a guscio.

Vale veramente la pena di leggerlo, questo libro, perché non è dogmatico, non è estremista, non si incentra solo sul bene degli animali (come fanno certi vegani che mangiano patatine fritte e caramelle).

Lo scopo è di allungare la vita e ridurre le malattie.

Ma per arrivare alle conclusioni del libro, Longo si è basato su cinque diverse linee di studio, tutte assieme: ricerche di base sulla longevità, epidemiologia (quella su cui si è basata il China Study, per intenderci), studi clinici, studio dei centenari sparsi per il mondo, studio dei sistemi complessi (questo ultimo è quello che ho capito meno…).

Questa è la forza del saggio: non solo studi sui topi, non solo i risultati di un digiuno di due anni di scienziati che si sono rinchiusi in una serra a mangiare quello che autoproducevano limitandosi le calorie del 30%, non solo l’analisi dell’alimentazione di milioni di orientali… ma tutto questo insieme, e anche di più.

Tanto, i risultati vanno sempre nella stessa direzione: mi dispiace, ma la carne, meno ne mangiate, meglio è.

Un aspetto difficile da attuare, però, è che Longo, da professionista qual è, ribadisce ad ogni pie’ sospinto che bisogna affidarsi a dei medici qualificati, che non si può improvvisare una dieta mima digiuno da soli, soprattutto se si è anziani o malati. Tu trovamelo un medico da queste parti che capisce cosa è un approccio alimentare.

L’ultimo esempio l’ho sentito proprio ieri: al malato di carcinoma polmonare, l’oncologo ha detto che può mangiare di tutto.

Vabbè. Quando il pressapochismo colpisce la classe medica, come può certa gente difendersi?

Così come quando si sente dire che la dieta mediterranea è la migliore. Ma cos’è la dieta mediterranea? Quella vera? E quanti la praticano sul serio?

Tornando al libro di Longo, visto che – come dice la copertina – tutti i proventi dell’autore saranno devoluti alla ricerca, vi lascio qui il link affiliato Amazon.

 

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