Due giorni fa mi trovavo all’ospedale di Padova, in attesa. Attesa che è durata più di due ore, per inciso, ma l’attesa perde la sua essenza quando la riempi di contenuti interessanti.
Di solito, io leggo.
Libro in borsa (borsa che è sempre troppo piccola per tenere al proprio interno tutta quella carta), e via, aspettiamo, non importa quanto! Credete di farmi innervosire non chiamandomi? E io vi frego: io, signori miei, leggo il mio interessantissimo libro, ah ah!
Due giorni fa, però, oltre che alla lettura, mi son dedicata all’ascolto dei due che parlavano davanti a me.
Un uomo e una donna. Non erano in coda per nessuna visita. Forse lui era un dirigente ospedaliero di qualche tipo, perché non portava camice, ed era la signora che era venuta appositamente là per incontrarlo.
Due persone distinte, che parlano un ottimo italiano, educate, di quelle che piacciono a me.
La mia attenzione, però, si è incentrata su due cose: la borsa di tela della donna, che aveva il logo del Campiello, e il mattone di fogli che aveva portato con sé.
Quando hanno iniziato a parlare, ho capito che stavano organizzando la lista degli invitati per la serata finale del Campiello.
Wow! Mi son detta. “Ora li interrompo e gli chiedo cosa devo fare per diventare una giurata del Premio”.
Ragazzi: ti mandano tutti i libri a casa e ti chiedono di compilare una scheda di valutazione (unico vincolo: la segretezza). Insomma, il paradiso. Ho fatto domanda più di una volta, ma niente da fare.
Poi però non li ho interrotti e non ho rivolto loro nessuna domanda.
Perché non parlavano di libri. Era come se stessero organizzando il brunch di una importante azienda.
Parlavano solo di invitati di… “prestigio”: direttori di banche, CEO, generali, rappresentanti della regione, politici, giornalisti. Avevano mandato l’invito anche a Di Maio e Salvini, ovvio.
Certo, mi si dirà: erano là per quello. Per la lista degli invitati.
Ma…
Ma insomma – e qua mantengo un linguaggio educato solo perché sono una signora! – Porco suino… farsi una domanda, o porsi il dubbio del perché vengono creati questi eventi letterari, è passato di moda?
Quanti di questi personaggi di “prestigio”… leggono?
Scusate lo stile abborracciato, ma queste cose mi mandano fuori di testa.
Lo scopo degli eventi letterari deve essere quello di
- incentivare la lettura e di
- permettere l’incontro tra anime innamorate dei libri.
Macchè.
E’ come agli eventi culturali nei nostri paesetti di provincia, in teatro, ad esempio, quando si tengono riservati i posti alle autorità. Posti che spesso rimangono vuoti (educazione vorrebbe che tali autorità avvertissero, se impegnate, in modo da togliere il cartello “riservato” e far sedere chi è davvero interessato all’evento). Stesso principio: si privilegia il personaggio al posto della persona davvero interessata.
Beh.
Insomma.
Dai, ripensandoci: meglio così.
Meglio che una come me non vada mai alla premiazione di un Campiello o di uno Strega. E dico: MAI!
Sarei là, in prima fila, davanti ai miei scrittori preferiti con gli occhi da pesce, la bocca aperta e la bava che gocciola…
No, dai, diciamolo: ci farei una pessima figura.
Pessima.
Pessima, davvero.
Mamma mia! Che figuraccia farei.