Sudafrica negli anni Ottanta.

Sonny è un insegnante di colore; è sposato con Aila. Hanno due figli: Baby, la più grande, che sembra sempre in cerca di divertimento, e Will, taciturno e studioso.
Quando Sonny accompagna gli alunni durante una protesta, passa quasi senza accorgersene dalla parte della resistenza contro il governo dell’Apartheid, anche perché, grazie ai suoi studi letterari, è un buon oratore. Viene licenziato e finisce in carcere. Là conosce Hannah, un’attivista bianca, e ne diventa l’amante.
Un giorno Will bigia la scuola e va al cinema, e proprio là trova il padre con l’amante.
La storia è narrata da due punti di vista: uno onnisciente e l’altro che parla attraverso le parole del figlio Will, arrabbiato e deluso dal comportamento del padre che prima vedeva come una figura degna di rispetto.
Ma Will non dice cosa ha visto alla madre, e Aila continua la sua vita quotidiana dedicandosi alla famiglia e al lavoro senza mai lamentarsi.
E’ interessante leggere le pagine dedicate a Sonny dalla voce onnisciente: si cerca di capire le ragioni del tradimento senza giudicare. Una ragione importante che tiene in piedi questa storia è il fatto che Sonny e Hannah abbiano una causa in comune che li tiene uniti non solo nel letto.
Sonny non ha mai coinvolto la moglie Aila nei suoi discorsi o nei suoi viaggi politici e lei non ha mai mostrato di voler partecipare.
Finché un giorno Baby scappa all’estero e…
Attraverso la storia di questa famiglia, vediamo la storia più grande di tutto il Sudafrica, dei suoi attivisti, delle crepe che indebolivano il movimento, e dei suoi punti forti.
Ma si scende anche su un livello più intimo, del figlio nei confronti del padre e del padre nei confronti dell’amante. Quella che rimane sempre un po’ più misteriosa è Aila, che parla solo alla fine del libro.
Non vi rovino la storia, ma il libro è bello soprattutto perché è ben scritto. Nadine Gordimer se lo è meritato il Nobel.