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Il digiunatore (Enzo Fileno Carabba) @ponteallegrazie

Vincitore del settore Romanzo del Premio Letterario Comisso 2022, Il Digiunatore fonde in un’unica anima la vocazione biografica con la vena fiabesca.

Biografico perché Giovanni Succi è davvero esistito a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento. Personaggio difficilmente definibile, è sempre stato affascinato fin da piccolo da figure altrettanto fuori dalle righe: saltimbanchi, barboni, pazzi, numeri da baraccone.

In seguito a un viaggio in Africa, dove cerca di dar fiato alla sua ispirazione affaristica (una delle tante ispirazioni che lo guideranno nella vita), fallisce con le imprese commerciali ma, ammalatosi, viene in contatto con un presunto stregone che lo inizia ai misteri del digiuno.

Da quel momento, Succi diventa un esperto del digiuno. Ma anche di pantagrueliche mangiate. Tutto quello che fa, lo fa con tutto se stesso, senza mai risparmiarsi.

A volte fumoso nei suoi propositi, altre volte fin troppo esplicito, non gli mancheranno né i detrattori né i proseliti. Arriverà al culmine della propria carriera di digiunatore professionista, facendosi pagare per esibirsi anche dentro gabbie di vetro, nei ristoranti e in altri luoghi pubblici.

Lo seguirà un codazzo di medici e professori: non solo per studiare gli effetti del digiuno sul corpo umano (effetti che in lui sono molto diversi da quelli su altri digiunatori del periodo), ma anche per studiarne la psiche, e un paio di volte finisce infatti in manicomio dove, mosso dal suo spirito pseudo-caritatevole, si dedicherà alla liberazione mentale di altri pazzi come lui.

Nella testa è sempre accompagnato da almeno due voci: quella di sua nonna e quella dello stregone che lo ha guarito in Africa. E’ convinto di essere immortale, e ogni tanto dà dimostrazioni in cui beve del veleno senza soffrirne le conseguenze. A volte si crede un Dio, e tra una crisi e l’altra incontra personaggi del calibro di Charcot, Freud, Kafka, Salgari.

Il lato fiabesco del romanzo è dato più che altro dallo stile con cui è scritto: molto paratattico, capitoli brevi e spesso indipendenti tra loro, punteggiati da piccole frasi piene di saggezza.

Fare a meno della sanità mentale lo liberava da un peso.

Annoiandosi divenne apatico, dunque sembrava normale.

“Sei ancora un bambino” gli disse la nonna. Intendendo dire che poteva fare qualsiasi cosa.

A volte, durante la lettura, la paratassi stanca un po’, ma si va avanti lo stesso perché la personalità del Succi è troppo coinvolgente (anche se vi dirò, che frequentarlo di persona deve esser stato piuttosto stancante).

E’ un romanzo che ti attacca addosso un po’ di energia. Ce n’è bisogno, di questi tempi.

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Premio Comisso 2022

Si è tenuta stamattina nella sede del Teatro Mario del Monaco di Treviso la premiazione che ha visto in lista tre titoli per la narrativa e altrettanti per la biografia.

Per la prima categoria:

Edoardo Albinati, “Il vangelo degli angeli”, Harper Collins Italia

Enzo Fileno Carabba, “Il digiunatore”, Ponte alle Grazie

Vittorio Macioce, “Dice Angelica”, Salani.

Per la seconda categoria:

Virman Cusenza, “Giocatori d’azzardo”, Mondadori

Alexandra Lapierre, “Belle Greene”, Edizioni E/O

Raoul Precht, “Stefan Zweig. L’anno in cui tutto cambiò”, Bottega Errante.

Essendo stati selezionati tra più di 180 titoli iniziali, gli autori della sestina possono essere già considerati dei vincitori (premio da 1.500 euro ciascuno), mentre stamattina sono stati nominati i supervincitori, uno per ogni categoria (il premio consiste in una targa e in un assegno da 2.500 euro).

Per il romanzo, la gara è stata un serratissimo testa a testa tra tutti e tre i titoli, e alla fine il vincitore (per un punto) 🏆 è stato Enzo Fileno Carabba con “Il digiunatore”, una vicenda che parte dal personaggio reale di Giovanni Succi e che poi si allarga alla fantasia.

Per la biografia, il titolo che si è imposto fin da subito è stato “Belle Greene” 🏆 dell’autrice francese Alexandra Lapierre. E’ la storia di una donna nei primi anni del Novecento che ama i libri rari e che diventa la direttrice della biblioteca del magnate J. P. Morgan. Solo che la ragazza custodisce un segreto molto pericoloso: sebbene di pelle bianca, discende da una ex schiava, e dunque, per la legge del tempo, è da considerarsi nera.

Nel corso della cerimonia è stata anche premiata la vincitrice del premio Comisso under 35, Silvia Montemurro, con “L’orchestra rubata di Hitler“, edito da Salani.

E’ stato inoltre consegnato il premio Comisso alla carriera alla scrittrice Antonia Arslan (se mi fossi informata in anticipo, avrei potuto portare con me l’unico suo libro che non le ho ancora fatto autografare).

Ultima premiazione, è stata quella del concorso Quindici righe: 100 Euro in buoni acquisto libri a tre delle migliori recensioni (in quindici righe) dei lettori in Facebook.

Un appunto: se non mi son persa qualche articolo del regolamento, non è specificato da nessuna parte come vengono selezionati i componenti della Grande Giuria e dunque, da quel che ho capito, vengono nominati per relazione diretta dell’Associazione Amici di Giovanni Comisso (rinnovo anche qui la mia disponibilità a far parte della giuria).

Rispetto all’anno scorso, la presentazione dei libri è stata allietata da una compagnia di giovani attori.

Un ultimo consiglio agli organizzatori: sebbene il premio presenti un alto livello qualitativo dei libri e gli ospiti presenti in sala fossero di tutte le categorie (un deputato, rappresentanti della cultura e del mondo politico locale, il prefetto… ho visto anche Fulvio Ervas tra il pubblico), mi pare che l’evento sia poco pubblicizzato sui social, nonostante il #Comisso15righe, ed è un peccato (io qui ho fatto la mia parte). Non so… magari coinvolgere qualche influencer, qualche bookclub online, qualche bookblogger?

Comunque, una bella mattinata 👏👏😀

Bando alle ciance, vado a leggere…📚

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Un libro per chi ha genitori anziani

LA CATTIVA FIGLIA (CARLA CERATI)

PREMIO COMISSO 1990

Narrato in prima persona, è la storia di Giulia e della sua ottantenne madre.

Giulia ha un lavoro creativo, ha a che fare con la fotografia, la grafica, l’arte. Ad un certo punto, dopo vent’anni che si è allontanata da casa per fare la sua vita, sua madre resta vedova.

La donna aveva sacrificato tutto per la famiglia, e soprattutto per il marito, un tipo autoritario ma affascinante; quando si ritrova vedova, la solitudine le cade addosso come una montagna d’acqua fuoriuscita da una diga.

Giulia si lascia convincere a tenerla in casa con sé ma la convivenza è dura. Due personalità, con le proprie abitudini e le proprie necessità, si scontrano: la madre, che in apparenza è gentile e timorosa, non si rende conto che la sua presenza è ingombrante e fa sentire in colpa la figlia, che inizia a sviluppare disturbi psicosomatici.

L’anziana si lamenta che la figlia esce troppo spesso, oppure resta nella stanza quando Giulia si porta i colleghi di lavoro a casa per delle riunioni, togliendo spontaneità e rendendo tutti un po’ nervosi. Le due non riescono a incontrarsi su nessun terremo comune: alla madre piace la TV con le telenovelas, a Giulia piacciono i telegiornali o il silenzio a tavola. Quando una ha voglia di parlare, l’altra vuol tacere, e viceversa.

La Cerati è bravissima a rendere lo scontro tra routine, il ricatto affettivo e i sensi di colpa, è così brava da farmi credere che si trattasse di un’autobiografia (non è così, ma di sicuro qualcosa di simile l’autrice deve averlo vissuto in prima persona, altrimenti non potrebbe essere così precisa nella descrizione di alcuni atteggiamenti).

Quando Giulia e la sorella decidono di portare la madre in una casa di cura, le cose non migliorano perché la donna è sempre scontenta, non fa amicizia, si lamenta di ogni cosa (a volte a ragione, ma non si vede mai un tentativo di conciliazione da parte sua).

Nei fine settimana, Giulia se la porta a casa o va a trovarla in casa di cura, e per evitare di ascoltare le sue lamentele, la interroga sulla sua vita. E’ così che scopre a quanto ha rinunciato sua madre per dedicarsi alla famiglia e per assoggettarsi al marito, e lo ha fatto con senso di fatalità ma anche di amore (per esempio, lei aveva il suo stipendio da maestra ma era il marito che decideva come spenderlo).

Giulia conosce dunque un po’ di più sua madre, e anche se il rapporto non cambia molto, di sicuro cambia il suo modo di considerare certi atteggiamenti dell’anziana.

Quello che ho più sentito, è stato il senso di colpa di Giulia: lei vorrebbe essere come certe sue amiche che si dedicano ai genitori anziani senza sentirne il peso, ma non ce la fa, è il suo corpo che le dice che non può farcela.

E’ un libro che non prende le parti di nessuno ma mostra cosa ci sia sotto a una normalissima relazione madre-figlia dei nostri giorni.

Non dà soluzioni, non ce ne sono. Non possiamo scappare da quello che siamo e rinunciare alle proprie abitudini, non è facile dire addio ai propri impegni e alle proprie inclinazioni per seguire un genitore che ha bisogno, e spesso anche la miglior sistemazione possibile è percepita come un ripiego alla soluzione che dovrebbe essere normale: vivere tutti insieme in famiglia, fino alla fine.

Alla fine ti lascia un senso di amarezza non indifferente, però ti rendi conto che certe situazioni sono comuni a tante persone.

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Non ditemi cosa devo fare

Credo di avere un problema con l’autorità.

Se mi vien detto “fai questo, fai quello”, anche se si tratta di un’operazione che, in un altro momento, potrebbe divertirmi, automaticamente perdo interesse, subentra il senso del dovere e va a farsi benedire quell’impalpabile benzina che si chiama Passione.

Mi capita anche con i libri. E, peggio del peggio, mi capita anche se sono io a dire a me stessa “fai questo, fai quello”, come se fossi schizofrenica e la mia personalità sana subisse le bizze della mia parte autoritaria.

Sabato, per la prima volta in vita mia, sarò presente alla premiazione del premio Comisso a Treviso. L’azienda per cui lavoro è uno sponsor dell’evento da molto tempo, e quest’anno è avanzato un biglietto: quando mi è stato offerto, son stata ben felice di accettarlo.

Adoro questi eventi: il livello culturale è alto e non può che far bene a una povera meschina come me che non ha basi letterarie e che si fregia dell’appellativo di litblogger.

Ma per un’occasione così importante, devo prepararmi.

Intanto: chi è Comisso? Non avevo mai letto niente di suo, ma avevo il libro che ha vinto il Premio Strega nel 1955, “Un gatto attraversa la strada”.

E poi, dovevo procurarmi almeno un libro dei finalisti. Ho optato per “Pianura” di Marco Belpoliti, perché avevo già incontrato questo autore, proprio nella mia azienda.

E qui sorge il problema: “devo” prepararmi.

Libri che in un altro momento avrei giudicato godibili o istruttivi, adesso li considero imposti.

Ma imposti da me stessa!

E’ ridicolo ma non posso farci niente, devo sospenderne la lettura, perché la convinzione di subire un’imposizione mi mette una lente davanti agli occhi che mi impedisce di giudicare i libri per quello che sono e che me li fa considerare quasi come compiti per casa.

Questa lente distorta mi rende Comisso troppo facile, troppo “naturale”, come lo hanno accusato certi critici letterari. Il libro che ha vinto lo Strega è una raccolta di racconti ambientati nella pianura Padana, e spesso in Veneto, anche se mancano precisi riferimenti geografici. Sono racconti brevi che ci mostrano istantanee o personaggi, per lo più campagnoli, impregnati di fatica e di etica del lavoro.

La lente distorta mi rende difficile la lettura di “Pianura” di Belpoliti, che invece ho apprezzato con altri titoli: qui, al contrario, lo vedo colto, coltissimo, quasi aulico, così elevato da sollevarsi al di sopra del bisogno di trama per guardare la pianura e i suoi abitanti attraverso un telescopio da professore universitario che frequenta solo intellettuali a me (ahimé) quasi tutti sconosciuti.

So che questi due libri non hanno colpe, i libri non ne hanno quasi mai: sono le lenti attraverso cui vengono letti che li rendono forieri di bene o di male.

Sospendo dunque la lettura di entrambi (Comisso a p. 102/196 e Belpoliti a p. 100/278) e aspetto tempi migliori.

So che verranno.

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