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Nella testa del dragone – Giada Messetti @LibriMondadori

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Saggio sulla Cina, uscito a febbraio del 2020: ma vi assicuro che non è il classico libro che approfitta della visibilità data alle pubblicazioni legate al Covid19, semplicemente perché è ben scritto, ben documentato, e ben approfondito, dunque la Messetti ha di sicuro iniziato a scriverlo in tempi non sospetti!

La Cina sorprende sempre.

Col barbone che, al posto della classica ciotola per le offerte, ha un IQR code; con l’enormità dei suoi investimenti in Africa e sulla Via della Seta; con le App statali a punti, che sono attribuiti sulla base della tua affidabilità sociale (attraversi col rosso? Meno cinque punti, e se continui così, poi non puoi più comprare i biglietti della metro!).

Ma soprattutto mi lascia sbalordita la lungimiranza dei governanti cinesi: programmano ragionando per… decenni.

Un esempio su tutti, è la sua politica di influenza sui paesi africani. Oltre agli investimenti sulle infrastrutture, il governo cinese accoglie migliaia e migliaia di studenti africani. Paga vitto, alloggio, studi.

Perché? Perché sta formando la futura classe dirigente africana. E a chi saranno grati, questi leader, una volta che saranno saliti al potere?

Capite che investire milioni su studenti stranieri è una tattica che può funzionare solo nel lungo periodo… E il confronto con l’Italia, incapace perfino di emanare una finanziaria annuale, è inevitabile!

Ci sono state molte altre pagine di questo saggio che mi hanno tenuta incollata fino a tardi. Ad esempio quelle in cui racconta come il governo crea legami diplomatici attraverso la politica dei panda (!!); oppure quelle in cui si spiega quanto la tecnologia abbia pervaso la vita cinese.

La Cina mi affascina, ma mi fa paura, anche.

Quando sono stata a Pechino, al centro olimpico, le scritte in inglese sui cartelli erano state tutte cancellate col pennarello. E nessuno parlava inglese (se non le due tipe che ci hanno fregato). Il nazionalismo è una costruzione sociale, e i cinesi sono bravi in questo.

Basti pensare al fatto che nessun cinese si lamenta delle violazioni alla privacy effettuate tramite la tecnologia di Stato. Accettano limitazioni a certe libertà, se questo garantisce loro sicurezza.

Un’altra cosa che mi fa paura? Gli investimenti cinesi nel settore militare.

Sono enormi.

Certo, molti sono funzionali alle infrastrutture all’estero. Così dicono. Ma quanto ci vuole per passare all’ingerenza politica, o peggio?

Insomma: la Cina va studiata. Non solo perché ci sono cinesi dappertutto, anche dietro ai film che guardiamo e ai vestiti che indossiamo.

Che la Cina meriti una più approfondita attenzione, me lo dice il fatto che la nipote di Trump, cinque anni, parla cinese.

Voglio dire: la nipote di Trump, il biondo che fa la guerra doganale ai cinesi, ha la nipotina che parla cinese mandarino!!!

Pensiamoci.

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Jade, di Lisa Huang

Gli scrittori cinesi sono facilitati nel compito di trovare ambientazioni interessanti per le loro storie: le trovano nel proprio paese, nell’arco di un solo secolo, il Novecento. Hanno tutto lì!

Gliene sono capitate di tutti i colori, ai cinesi.

La storia di Lisa Huang si incentra su Jade, una bambina di buona famiglia che perde il padre in tenera età: con esso, se ne va tutta la ricchezza e la sicurezza della famiglia. Per permettere al fratello di entrare nell’esercito con un buon grado, sposa il rampollo di una famiglia nobile: peccato che poco dopo il matrimonio si accorge che il maritino è dedito all’oppio e che i suoi genitori si sono venduti tutti pur di assecondarlo.

Siamo in Cina all’inizio del Novecento: Jade rimane col marito e lo accudisce fino alla morte, fare diversamente avrebbe significato lo stigma. Dopo esser rimasta vedova, rimane addirittura coi suoceri, che la odiano e cercano di avvelenarla, ma lei non se la sente di abbandonarli finché non è costretta (anzi: anche dopo essersene andata ad abitare da un’altra parte, ogni mattina porterà ai vecchi una porzione di cibo per la giornata).

Inizia a insegnare (vergogna: una donna che lavora!), ma attorno a lei infuriano invasioni giapponesi e guerre civili.

Si sposa con un funzionario del Kuomintang, ha due figlie, ma non riesce a dargli il maschio. Decidono di adottarne uno: non è difficile, in un’epoca di battaglie e macellazioni umane. Il problema si pone quando il bambino, ormai cresciuto, scopre di non essere davvero il loro figlio…

Ho iniziato il libro a novembre 2018 e l’ho finito solo ieri, ma la lentezza era dovuta alla lingua tedesca, non al libro, che, ripeto, è affascinante per ambientazione, storia e descrizioni di luoghi e sentimenti.

Jade è una donna che rispetta le tradizioni ma che non può far nulla contro i cambiamenti che stanno travolgendo lei, la sua famiglia e tutto il suo paese. La sua stessa migliore amica, che si è dedicata al comunismo con anima e corpo, nonostante tutti i suoi sforzi resta travolta dalla storia: ne viene fuori un’immagine desolata, di esseri umani che non possono nulla contro le grandi forze che li avviluppano.

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