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N – Ernesto Ferrero

Premio Strega 2000

1814-1815: Martino Acquabona, sconosciuto e defilato erudito dell’Isola d’Elba, è ossessionato da Napoleone. Ha raccolto su di lui tutto quello che è riuscito a raccogliere: pamphlet, libri, articoli, busti, pitture, soprammobili, effigi… tutto quanto è entrato nel suo personale patrimonio di odio verso l’Orco, il macellatore di uomini.

Acquabona sogna spesso di ucciderlo: immagina i gesti che compirà e la faccia del tiranno quando gli punterà la pistola addosso.

Eppure, quando Napoleone si presenta sull’Isola, succede qualcosa. Acquabona, un po’ alla volta, cambia. Si ritrova a studiare le reazioni dei suoi compaesani, ma anche le proprie, che dopo un po’, non sono più dettate dall’odio che le ha infiammate in tutti quegli anni.

Napoleone è un uomo pieno di sfumature, alcune contraddittorie tra loro: si sente in carcere, dopo i passati splendori, ma si attiva come se dovesse rimanere sull’isola fino alla fine dei suoi giorni e dovesse dunque amministrarla al meglio.

E’ instancabile dal punto di vista amministrativo, politico, galante e societario; si interessa di tutto, e adora leggere. Non a caso si fa portare dal continente la sua biblioteca personale e addirittura chiama Martino Acquabona a fargli da bibliotecario.

Lui accetta: per curiosità e per tenere sott’occhio il suo bersaglio; ma quando, pungolato anche da un’incontrollabile gelosia amorosa, arriverà il momento di agire, sorprenderà se stesso con la propria inazione.

Come posso odiarlo? Quanti diversi uomini stanno in un solo uomo? Gli orchi possono essere degli eccellenti lettori? E se sì, i libri possono modificarli? E se no, a cosa servono i libri?

Martino Acquabona è un osservatore: si fa tante domande e si appunta possibili approfondimenti, ma è tutto inutile, perché Napoleone resterà un mistero, per lui, né gli riuscirà di capire i meccanismi attraverso cui opera la Storia, né i rapporti tra tiranni e sudditi.

Dirò la verità: questo libro non mi ha appassionato subito, ho faticato a superare le prime cento pagine, perché alla fine, in questi dieci mesi succede davvero poco. Poi ho imparato a farmi piacere le riflessioni di Acquabona, la sua curiosità e i suoi dubbi; soprattutto, ho capito che la lentezza della narrazione rifletteva l’inazione a cui ti sottopone l’attesa.

Ho continuato a leggere per vedere se si riusciva davvero a scoprire qualcosa del mistero Napoleone, di questo personaggio tanto nominato e perciò tanto sconosciuto. Di lui si conoscono le gesta, non l’uomo, non i pensieri, anche perché stava attento ad esternare frasi e gesti, consapevole che ogni suo atto sarebbe stato tramandato ai posteri.

Mi piace il personaggio Napoleone?

Mi piace la sua insonnia, il suo basso attaccamento al vino, la sua memoria prodigiosa, il suo amore per ogni scibile umano (sebbene sempre con un atteggiamento utilitaristico). Ma il generale, il tiranno (per quanto “tiranno” sia un’etichetta data dai sudditi insofferenti) no: il volere di più, il volere troppo, il non sapere dove ci si può fermare, l’indifferenza per le sofferenze causate, no, non mi piacciono.

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Padre padrone padreterno – Joyce Lussu #femminismo @internazionale

Ma… il femminismo esiste ancora?

Di sicuro non ci sono più femministe come Joyce Lussu.

Una tipaccia: ha fatto la guerra nella resistenza (ed era pure incinta), ha preso una medaglia al valor militare (volevano dargliela senza cerimonia, e lei si è fatta valere), e ogni volta che teneva una conferenza per il partito obbligava gli uomini a portare le mogli, che erano regolarmente assenti.

Di famiglia nobile, laica e benestante, poliglotta, laureata in lettere alla Sorbona di Parigi e in filologia a Lisbona, ha viaggiato molto in Europa e nel mondo. Era scrittrice, poetessa e traduttrice.

Il libro che ho letto è breve, e rivede la storia mondiale dal punto di vista della donna.

Certe affermazioni storiche mi sono sembrate semplicistiche o, perlomeno, un po’ fuorviate, come, ad esempio, queste:

L’impero romano decadde, come tutti gli imperi, per una crisi di manodopera.

Il grande terremoto della Rivoluzione d’Ottobre aveva dimostrato che le masse possono vincere contro la classe dominante e che l’industrializzazione si può fare al di fuori del sistema capitalistico.

Ora c’era la Rivoluzione cinese, la prima vittoria rivoluzionaria non europea.

Tuttavia, altre parti denotano una notevole chiarezza sulla situazione femminile:

Il femminismo massimalista, con le sue proposte riduttive e alienate, in quanto improponibili a livello di massa (il rifiuto del maschio; il lesbismo come liberazione; i bambini in provetta e allevati in batteria, come i polli; l’atteggiamento acido e vendicativo verso l’uomo-lupo, come se noi donne fossimo dei candidi agnelli), non matura nessuna collocazione storica e nessuna prospettiva.

Se le donne devono ancora fare della strada in direzione della completa parificazione (soprattutto qui in Italia, dove il cattolicesimo ha fatto e fa danni), la strada va fatta insieme al maschio, non contro; e non si può prescindere dalla situazione economica (lei parla ancora di classi, ma se togliamo questa parolina, ormai priva di significato, la sua analisi rimane attualissima).

Posso dire la mia?

Il libro è del 1976 ma… Non sono molto ottimista.

E non mi riferisco solo al lavoro, dove le donne non sono ancora parificate; né solo alla famiglia, dove per mio marito (e per tanti altri) è normale, dopo cena, alzarsi e andare a guardare un film lasciando tutto sulla tavola.

Mi riferisco alla mancanza di solidarietà femminile, che genera assenza di dibattito, assenza di consapevolezza di interessi comuni.

Mi riferisco alle giovinette, che non si accorgono neanche di essere ridotte a esseri estetici, considerando superfluo quello che hanno dentro al cranio (e loro sono contente così!).

E mi riferisco… al meccanico che, quando gli porto la macchina (mia, e di cui pagherò io la riparazione), chiama mio marito per spiegare cosa ha fatto e chiedere cosa deve fare…!

Ci rido sopra ogni volta, però è sintomatico.

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