Non si può mai conoscere la verità su una persona. Non puoi conoscere quella di qualcuno con cui vivi, figurati quella di un personaggio che vive a seimila chilometri di distanza e che è a capo di uno dei paesi più potenti del mondo; un personaggio la cui immagine pubblica è studiata nei minimi particolari.

Ma la curiosità è sempre più forte della rassegnazione e quando mi intrippa qualcuno, cerco di andare a fondo. Certo, non bisogna limitarsi a leggere un libro o una biografia: bisogna sorbirsi almeno un paio di volumi, scritti da autori con background diversi.
Quindi, dopo l’autobiografia di Michelle, ecco una biografia di Barack, scritta da un giornalista esperto in politica nordamericana (e se mi gira, ho già pronto sulla libreria un saggio scritto da Obama in persona).
Le parti più interessanti sono quelle in cui si scoprono incongruenze o omissioni nelle autobiografie.
Ad esempio, Barack Obama ha sempre dichiarato che suo padre è stato un gran lavoratore, ma sfortunato nella vita e che si è separato dalla moglie perché avevano visioni diverse. Oggi ho scoperto che i due hanno litigato di brutto perché Obama senior era alcolizzato e perché, come molti kenioti, era poligamo (quattro mogli e non ricordo quanti figli sparsi per il mondo).
Ho scoperto anche che Barack ha dei fratellastri che conosce a malapena, uno in particolare che vive in una baracca.
E che la nonna materna era razzista (era bianca, lei), o così l’hanno definita i giornali americani.
Ma a parte questi aspetti familiari, nella biografia non si parla di vere e proprie pecche di Obama Jr.
Certo, si nominano gli “scheletri nell’armadio”, riferendosi a diversi sostenitori e finanziatori imbarazzanti, a partire dal reverendo Wright, che ha sposato Obama e Michelle e che ha battezzato le loro figlie, e che dal pulpito ha sempre lanciato strali avvelenate all’America bianca.
Un altro sostenitore ambiguo è il sindaco di Chicago, democratico, facente parte di una famiglia che si è impossessata della poltrona della città da decenni, e che è spesso sotto inchiesta per corruzione.
Poi c’è un certo Ayers, che negli anni Sessanta è finito in galera per terrorismo e azioni contro la polizia.
Ma queste pecche riguardano i sostenitori di Obama: non vengono citate magagne direttamente riferibili all’ex capo di stato.
Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei?
Non sempre. Per diventare Presidente degli Stati Uniti hai bisogno di così tanti milioni di dollari che non credo si possa fare tanto gli schizzinosi.
L’impressione che ne ho avuta è che questo libro, uscito prima dell’elezione di Obama, volesse essere per forza equilibrato, ma che perseguendo tale tentativo abbia tirato fuori delle ombre che solo i più pignoli dei detrattori potevano tirar fuori.
Nessuno è perfetto.
Il presidente USA vive in vetrina dal momento in cui si candida al momento in cui esce dalla Casa Bianca. Ogni sua frase viene sezionata e giudicata, perfino i calzini che sceglie al mattino devono essere accuratamente vagliati per non finire sulle prime pagine dei giornali.
Obama non rispettava tutte le mie idee.
Era contrario ai matrimoni gay, snobbava l’Onu, ammetteva che gli USA dovevano agire con la forza se minacciati (e la minaccia è sempre fumosa, per loro), sosteneva con forza il diritto di Israele di esistere ecc…
Insomma, non si giustifica l’atteggiamento della sinistra italiana che lo aveva assunto a rappresentante internazionale dei loro punti di vista e che lo osannavano acriticamente.
Però, in confronto a un Bush o a un Trump, mi piaceva come persona. Meno so-tutto-io, meno offensivo (anche se non del tutto innocuo), meno urlante.
Di sicuro si era accaparrato una buona fetta dei media e delle personalità di Hollywood, e questa è stata una strategia vincente. Insomma, le furbate le ha fatte anche lui.
Ma oggi, in politica, si può emergere senza furbate?