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La dieta delle zone blu – Dan Buettner

Le zone blu, per chi ancora non lo sapesse, sono cinque zone del mondo con una straordinaria percentuale di centenari in buona salute. Si trovano in Sardegna, Grecia, Costa Rica, Okinawa, Loma Linda (California).

Dan Buettner è un giornalista ed esploratore del National Geographic che si sta adoperando per diffondere i principi di vita di queste cinque zone al resto del mondo, soprattutto negli Stati Uniti, malati e obesi.

La dieta è un pilastro fondamentale di questi stili di vita: la carne, mi spiace dirlo per i carnivori, è relegata in un angoletto. Il pesce, invece, è più presente. Via libera ai vegetali (soprattutto legumi!) e ai cibi NON confezionati.

Il libro è interessante quando Buettner ci presenta la sua esperienza diretta nelle cinque zone blu, descrivendoci le abitudini alimentari (ma non solo) di qualche personaggio esemplare. Diventa un po’ noioso quando descrive come ha importato in alcune zone degli Stati Uniti ciò che ha imparato, riportando un incremento generale della salute (e, sembra, felicità) pubblica.

Il nocciolo del suo discorso è che spesso siamo grassi e malati non per una colpa individuale, ma per scelte ad ampio raggio. Esempi ne sono le caramelle e i dolcetti che si trovano sullo scaffale vicino alla cassa del supermercato, la mancanza di piste ciclabili, le macchinette che vendono schifezze nelle scuole e nei posti di lavoro.

Lui e la sua equipe hanno lavorato a questo livello, incontrando i rappresentanti locali e scegliendo dei portavoce in loco.

Sebbene non si possa ignorare il punto di vista della “responsabilità collettiva”, credo che Buettner abbia sottovalutato troppo quella individuale.

La gente, gli individui, al giorno d’oggi hanno tutte le informazioni che vogliono. Non posso dare la colpa al sindaco se soffro di cuore… non posso dire governo ladro se mangio come un bufalo e resto incollato al divano… finiamola di dare la colpa agli altri!

Anche qui, è tutta questione di equilibrio.

E’ vero che la forza di volontà individuale è un muscolo, che dopo un po’ si affatica. Che a forza di vedere il pacchetto di patatine appena apri la dispensa, te lo mangi. Che lo hai comprato perché costava meno ed è più bello del chilo di mele. Ma insomma: noi siamo il frutto delle nostre scelte.

Basta delegare colpe!

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Il Vangelo Perduto, Herbert Krosney @natgeo

Il Vangelo di Giuda è stato scritto attorno al 150 d.C. ma per secoli non se ne è più saputo niente. Solo negli anni Settanta è stata trovata una copia (trascritta attorno al 300 d.C.). Si sapeva che doveva esistere perché il vescovo Ireneo lo aveva dichiarato falso e pericoloso (sebbene non è sicuro che lo avesse letto), ma nessuno lo aveva mai visto.

Questo libro racconta come il Vangelo di Giuda è stato trovato, dettagliando tutte le traversie che ha dovuto superare per arrivare fino a noi. Ci sono voluti venticinque anni per averne una versione in inglese.

Il manoscritto, fragilissimo, è stato prima trovato in Egitto, ma poi ha viaggiato tra Europa e Stati Uniti in cerca di un acquirente.

Seguiamo le vicissitudini del papiro (o delle sue fibre, visto che ogni passaggio lo rovinava non poco) attraverso le mani di tombaroli, mercanti, studiosi, antiquari, collezionisti, università. Il manoscritto è stato oggetto di compravendite e di un furto.

Il testo appartiene alla tradizione gnostica. Sant’Ireneo non ci ha pensato due volte a bollare il vangelo di Giuda come blasfemo: bastava il nome del tredicesimo apostolo a renderlo tale. E poi, gli gnostici gli stavano sulle scatole, insistevano su troppi punti dissenzienti rispetto alla dottrina che stava diventando ufficiale: molti gnostici dividevano Dio in una serie di eoni, alcuni divini, altri malvagi; alcuni gnostici affermavano che il dolore non viene dal peccato umano, altri dicevano che la resurrezione di Cristo era solo una metafora… insomma, a Ireneo giravano piuttosto le palle quando li sentiva nominare.

Quello che è interessante, è come Ireneo è riuscito a farlo scomparire dalla circolazione, questo Vangelo… non è ricorso a roghi in piazza. Ha sfruttato, invece, la sua autorità morale. Per far sparire certi testi a quei tempi bastava non ricopiarli. La copiatura era un’attività che richiedeva tempo e soldi (quando era commissionata da privati), oppure obbediva a direttive gerarchiche (quando era eseguita da copisti nei monasteri). Insomma: non serve bruciare niente, lasciamo che le copie esistenti si distruggano da sole.

Di cosa parla questo Vangelo?

Mette in dubbio la versione ufficiale di Giuda traditore. In questo Vangelo, Giuda è l’apostolo preferito di Gesù, quello incaricato di venderlo ai sommi sacerdoti in modo che venisse adempiuta la profezia (ebraica). Anche il Gesù che ne viene fuori è un po’ diverso da quello dei Vangeli canonici: ride spesso. Un profeta allegro: s’è mai visto?

Nel Vangelo di Giuda, non si racconta nulla della morte di Gesù, perché la sua morte non ha importanza. E non si racconta nulla neanche della resurrezione, perché il corpo di Gesù non tornerà in vita: ciò che conta è che lo spirito continuerà a vivere.

Con questo Vangelo abbiamo un insight in uno dei numerosi filoni protocristiani.

Ricordiamocelo, che la versione ufficiale della chiesa attuale non è proprio quella della chiesa cristiana dei primi secoli. Ce n’erano tante, di chiese, allora. Noi viviamo in una delle tante che erano possibili.

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