Siccome tratta davvero tanti argomenti, non riuscirei a farne un sunto in un’unica soluzione e vedrò se riesco (sottolineo SE: domani si ricomincia a lavorare otto ore al giorno) a buttare giù qualche riga man mano che trovo spunti interessanti. Cominciamo col capitolo XXVII: è follia giudicare il vero e il falso in base alla nostra competenza.
“Quanto più l’anima è vuota e senza contrappeso, tanto più facilmente si piega sotto il peso della prima persuasione. Ecco perché i fanciulli, il popolo, le donne e i malati sono più soggetti ad essere menati per il naso”. (Aridaje co’ ‘ste donne….)
Prosegue dicendo che non bisogna giudicare con assoluta certezza nemmeno gli incantesimi e le stregonerie perché noi non possiamo conoscere i limiti della natura e di Dio. Poco più avanti porta come esempio sant’Agostino, che ha raccontato di aver assistito a vari miracoli. “Anche se non allegassero alcuna ragione, mi vincerebbero con la loro stessa autorità”: questa è una frase di Cicerone che Montagne trascrive e sottoscrive. I am sorry, ma non condivido il principio di autorità, anche se nella vita quotidiana alla fine ci casco pure io…
Sono d’accordo con te, se mi dici che “è un ardimento pericoloso e che può avere gravi conseguenze, oltre all’assurda temerità che mi è insita, disprezzare quello che non riusciamo a capire”; è proprio l’atteggiamento che mi ha dato fastidio in Odifreddi, il disprezzo per chi la religione la coltiva. Però poi aggiungi: “o bisogna sottomettersi completamente all’autorità del nostro governo ecclesiastico, o esimersi del tutto dal rispettarla”. Eh no… capisco che scrivi nei tempi della riforma, e che Lutero & Company ti stanno sulle scatole, ma non puoi accettare o rifiutare in blocco una dottrina/morale… è più verosimile che ci siano punti accettabili e altri meno accettabili.
Alla fine, proprio per ricollegarsi ai suoi tempi: “L’ambizione e la curiosità sono i due flagelli della nostra anima. Questa ci spinge a mettere il naso dappertutto, quella ci impedisce di lasciar alcunché di irrisolto e indeciso”. Posso condividere la frase se ci lasciamo solo l’ambizione, che alla fine si risolve sempre in orgoglio, ma la curiosità io la vedo (quasi) sempre in senso positivo. La curiosità va bene! È il giudizio affrettato che va male. Ma quando emettiamo un giudizio, la curiosità già non c’è più… giudizio e curiosità sono incompatibili tra loro. (La curiosità è quasi sempre positiva perché bisogna moderarla con la prudenza, in certi casi… ma è un altro discorso).
Mi fa piacere che anche uno come Montagne prendesse dei granchi (es. sul principio di autorità della chiesa cattolica): mi consola! E come lui, anche altri (Pascal? Sicuramente ce ne sono altri). E, se per quanto grandi, sbagliavano, allora ho buone speranze che la sufficienza con cui tutti questi filosofi trattavano le donne fosse mal riposta. I confronti si fanno con componenti confrontabili: donne e uomini non sono confrontabili sul piano della conoscenza semplicemente perché non vengono sottoposti a sistemi educativi uguali. Prima di scrivere che le donne hanno un’anima vuota, andiamo a verificarne le cause! Può essere vero, che sono (siamo) vuote, anzi, più leggo e più mi sento vuota, ma perché? Perché l’educazione che ci impartiscono è infarcita di mille dettagli effeminati (leggetevi: “Dalla parte delle bambine”, non ricordo l’autore; oppure “Die verlorene Stimme – la voce perduta” di Brown/Gilligan, l’ho letto in tedesco ma di sicuro esiste qualche traduzione italiana).
Ero partita a scrivere di tutt’altro e mi ritrovo sempre con i panegirici femministi… ormai per me non c’è più niente da fare, l’educazione che ho ricevuto mi ha plasmato, posso apporre delle lievi modifiche al mio ragionamento ma non posso competere con certe teste. Ma è più forte di me, sento il bisogno di difendermi (e attenzione: su dieci “attacchi” che leggo o sento, mi sfogo solo in una o due occasioni…). Che i fanciulli e il popolo si difendano da soli.