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Sottomissione (Michel Houellebecq) @libribompiani

Libro molto chiacchierato perché parla della presa del potere da parte di un partito islamico in Francia ed è uscito il giorno dell’attacco terroristico a Charlie Hebdo.

Ne ho sentito parlare da alcuni Youtuber, anche termini molto diversi tra loro, e questo è segno che il romanzo dà adito a molte interpretazioni.

La storia non è complicata: Francois è un professore universitario esperto di Huysmans. Insegnare non gli è mai interessato, ma la carriera accademica è ben pagata, prestigiosa, e gli permette di venire in contatto con molte studentesse che gli regalano relazioni tanto focose quanto brevi.

Vive da solo, non ha amici, ha tagliato i ponti coi genitori, mangia cibo surgelato e non si interessa di politica, finché (siamo nel 2022!) un islamico vince le elezioni presidenziali.

La Francia inizia a cambiare: viene ammessa la poligamia e pian piano si modifica l’abbigliamento delle persone che si vedono per le strade; le donne non possono più lavorare e all’università possono insegnare solo professori islamici.

Francois perde il lavoro, ma non si spaventa per niente, perché gli viene data una buona pensione e potrebbe continuare a vivere così.

Ma vivere come?

Non ha interessi, non ha amici, è un uomo senza scopo che ormai pensa al suicidio.

Non vi dico come finisce, anche se si può intuire.

E’ un romanzo sulla sottomissione delle donne all’uomo e dell’uomo alla religione; del ritorno dell’irrazionale, dell’aborrimento della laicità. Ma Houellebecq non ha forse azzeccato alcune tendenze?

Di recente negli USA è stata abolita una famosa sentenza che permetteva alle donne di abortire: non è questa sottomissione delle donne all’uomo?

Le famiglie sono sempre più nucleari, e l’individualismo prevale (di solitudine non parliamo): venute meno le grandi religioni, niente le ha sostituite, se non la grande distribuzione: non è mancanza di senso questa?

E poi, fate attenzione: come ha intenzione di prevalere la religione musulmana nel romanzo? Prendendo il controllo della cultura, della scuola, dai gradi più bassi fino alle università. Tolgono i fondi alla scuola pubblica, ridimensionandone di molto la qualità, mentre le scuole private (islamiche), godendo di aiuti petrolarabi, sono l’unica scelta possibile per genitori che vogliono dare una cultura ai figli.

E’ così che si diffonde un pensiero.

E’ un romanzo, ci mostra il punto di vista di Francois, che non è proprio una bellissima persona: le donne gli interessano solo dal punto di vista sessuale, è cinico, ingeneroso… ma è interessante come, nella mente di Houellebecq, la mancanza di senso porti all’islam.

L’autore ha scelto l’islam, ma forse poteva mettere qualche altro tipo di religione dalle regole ferree e irrazionali (come, a mio parere, sono tutte le religioni: irrazionali). O forse no.

Fatto sta che il modo in cui l’islam, nel romanzo, sale al potere, è perfettamente legale: attraverso gli inciuci politici e – forse – il controllo dei media, che, pian piano, fanno accettare i cambiamenti all’opinione pubblica.

Se infatti ci sono dei tafferugli, all’inizio, Francois quasi non li nota, non ci pensa più di tanto: sì, va a casa di un tipo per star tranquillo, ma non mostra alcuna indignazione, alcun impeto a far qualcosa.

Francois è un intellettuale che potrebbe agire ma non agisce, perché più interessato alla cena da scongelare e alle mutandine della prossima studentessa che alla deriva del suo paese. Forse è questa la chiave di lettura del romanzo: non l’ascesa dell’islam, ma il ritiro dell’intellighenzia nelle torri d’avorio.

Mi chiedo se il romanzo non sia anche una critica velata alla troppa libertà che c’è in giro.

Libertà significa possibilità di scegliere, ma le scelte, in questo mondo, sono sempre più più, e ogni scelta è dolorosa, perché comporta almeno una rinuncia. E le rinunce creano angoscia, se la scelta non ha linee guida, se tutte le opzioni hanno lo stesso valore. Da qui, la necessità di sottomettersi a qualcuno che faccia le scelte per te.

Per chi non lo ha letto, è lo stesso processo di cui parla Fromm in “Fuga dalla libertà”.

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Stai zitta (Michela Murgia)

Mio marito non vuol sentir parlare di discriminazione sessuale. Dice che ormai le donne sono dappertutto, e non considera quanto questo “dappertutto” sia in realtà molto poco: sono in TV, ma per lo più per mostrare tanto e parlare poco; sono nei carabinieri e nell’esercito ma sono pochissime; sono in politica ma tacciamo sui numeri. Tranne qualche eccezione (che dimostra la regola proprio in quanto eccezione).

A casa mia, non so in quante altre, si dà sempre per scontato che sia io a dover preparare i pasti, fare la lavatrice, metter via i panni puliti, pulire i pavimenti ecc… ed è “normale” che mentre faccio tutto questo mio marito stia disteso sul divano a guardarsi i video di youtube.

E’ “normale” che non mi chieda mai se mi serve una mano (alla faccia di tutti i bei discorsi fatti prima di sposarsi sulla… collaborazione).

Tutto questo è scontato anche perché lavoro solo part-time, ma era scontato anche prima, quando lavoravo otto ore al giorno.

Quando sbotto e gli faccio notare tutto questo, allora si incavola e mi invita a dirgli cosa deve fare: perché il cesto della biancheria sporca che trabocca non lo vede, i gatti di polvere che ballano sul pavimento non li vede, la lavatrice da svuotare non la vede, i vetri opachi non li vede, le foglie sul vialetto non le vede, le immondizie da portar fuori non le vede…

Portalo dall’oculista, mi direte voi… ridiamoci su. Il fatto è che quando è così, si fa prima a svolgere i compiti in prima persona che elencare cosa c’è da fare.

Ma lasciando da parte casa mia, i segni della discriminazione sessuale, soprattutto qui in Italia, si vedono dappertutto.

Ad esempio, quando ti chiamano signora al posto di dottoressa, se hai una laurea:

Non credete a chi dice che “signora” è un segno di rispetto: nessuno, in un contesto professionale, chiamerebbe “signore” un uomo che ha un titolo di studio.

Costringervi a definirvi come la signora di qualcuno o la signorina di nessuno apre la strada alla violazione del vostro privato, perché se accettate di essere lette pubblicamente secondo i vostri rapporti personali, la vostra intimità diventerà demanio pubblico. Esigete che a definirvi sia quello che fate e sapete, non chi frequentate.

E ci sono altri fatti che non credo si possano contestare:

La domanda sulla conciliazione tra lavoro e famiglia è un must di ogni intervista alla donna di successo, mentre nessuno si sogna di rivolgerla a un uomo.

L’assenza di prole resta qualcosa da dover motivare.

Sul fatto che le donne sono le peggiori nemiche delle donne:

Solidarietà femminile è difendere dagli attacchi sessisti anche una donna con cui non sono d’accordo su nulla. Dagli attacchi sessisti, però, non da qualunque attacco. Fare body shaming su Daniela Santanchè o Giorgia Meloni sarà condannabile tanto quanto farlo su Elly Schlein o Laura Boldrini, ma per tutto il resto si rimane libere di criticarle.

A voi quante volte hanno detto “stai zitta”?

A me è successo molte volte nell’azienda dove lavoravo prima: “tu non devi parlare, tu non devi pensare, devi solo eseguire gli ordini!” oppure “quando ti dico corri, tu corri, così ti cala il culo!” frasi che difficilmente sarebbero state rivolte a un maschio con le stesse qualifiche.

E sapete qual è il colmo?

Che quando ho dato le dimissioni mi hanno chiesto come mai

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Vergine giurata – Elvira Dones

In Albania, quella del nord, la più arretrata, tra le c.d. Montagne Maledette, c’è un’usanza alquanto strana: se manca un maschio in famiglia (cosa probabile, visto che si ammazzano come formiche), una delle donne può giurare di fare il maschio per il resto della sua vita.

E’ un giuramento, appunto, a vita: ci sono ancora delle vergini giurate anche oggi, nella zona. Una volta che hai giurato, non puoi tornare indietro.

Una volta che sei diventato uomo… smetti di lavorare. E fai l’uomo. Cioè bevi fino a stordirti, bestemmi, vai in giro col fucile, porti avanti la faida ammazzando altri uomini che hanno ammazzato altri della tua famiglia… cose così, insomma. Come si può capire dal tono sarcastico della mia esposizione, io mi innervosisco a leggere certe cose. Ma torniamo al romanzo.

L’eroina della Dones, a differenza delle vergini giurate reali, ha lasciato l’Albania perché vuol riappropriarsi della sua femminilità. Va negli Stati Uniti da una cara cugina, ma ci mette un pezzo prima di tornare donna, dice che, dopo quattordici anni trascorsi a fare il maschio, ha bisogno dei suoi tempi…

L’autrice ha ben caratterizzato questa difficoltà a tornare donna. Ha un po’ meno bene caratterizzato la quotidianità di Hana Doda quando era Mark Doda. A parte due episodi che la ritraggono da maschio, la figura di Mark rimane come una sagoma vuota nello sfondo delle Montagne Maledette.

Cioè: se gli uomini non potevano farsi da mangiare né pulire la casa, lei/lui come si è arrangiata, visto che viveva da sola/o? Ho l’impressione che questo sia un po’ un limite del libro: la Dones è riuscita benissimo a incarnarsi nella Hana prima e dopo di esser diventata uomo, ma non in Mark.

A parte ciò, il libro mi è piaciuto, e lo consiglio: la scrittrice ha una bellissima scrittura, anche se piena di paratattiche. E lode alla Dones che, albanese, ha scritto il romanzo direttamente in italiano. Un’autrice che sceglie l’italiano come lingua per scrivere un libro è una mosca bianca, nel panorama mondiale (visto che lei conosce benissimo anche l’inglese). Grazie per esserti ricordata di questo culturalmente sperduto paese…

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