Molti lo considerano l’antefatto de Il Signore Degli Anelli, ma in realtà è un romanzo a sè.

Il protagonista è Bilbo Baggins, lo zio di Frodo, lo vedete all’inizio del film sulla trilogia e si limita a consegnare l’anello accennando alla sua avventura di gioventù.
Bilbo Baggins all’inizio di questo romanzo è un Hobbit molto tranquillo che ama le sue abitudini e la tranquillità della sua casa. Sebbene il ramo materno della sua famiglia fosse diverso, Bilbo odia le avventure e cerca di vivere lontano dai pericoli.
Per questo, quando Gandalf si presenta davanti a casa sua con la promessa di un’avventura mai vista, sulle prime Bilbo lo snobba e cerca di liberarsene al più presto. Ma Gandalf è uno stregone che legge nel profondo dei cuori e ha capito che, in fondo, Bilbo non è come sembra, che se adeguatamente stimolato può dar fondo a risorse che nemmeno lui sa di avere.
Tant’è, l’indomani alla porta di Bilbo cominciano ad arrivare i nani. Lui li accoglie per educazione, ma questi continuano ad arrivare finché se ne ritrova tredici in casa. Quando arriva anche Gandalf, finalmente gli spiegano cosa hanno in mente.
Devono andare a recuperare il tesoro dei nani che è stato loro rubato dal drago Smog, e hanno bisogno di uno Scassinatore.
Bilbo non è uno scassinatore, ma Gandalf è sicuro che al momento opportuno saprà rendersi utile e dimostrare il suo coraggio.
Questo è il riassunto del primo capitolo.
E vi dico subito che, avendo visto il film della trilogia degli anelli, il mood è completamente diverso: è allegro!
Certo, anche l’inizio del signore degli anelli lo è, finché è ambientato nella Contea, ma ho sbirciato qualche pagina più avanti e ho visto che l’atmosfera, nonostante i mostri e le creature magiche, continua a essere leggera.
Poco da meravigliarsi, in fondo si tratta di un racconto per bambini!
La paura ci deve essere, ma deve restare controllata, tant’è che l’autore continua a rivolgersi ai lettori con qualche commento qua e là, così da ricordare che si tratta di un racconto. Un paio di esempi: i nani hanno le barbe di colori diversi e un grosso corpo viene chiamato “corpaccio”.
Ecco, nel mio asset mercolediano, non è un libro per me, non mi si prospettano drammi e sofferenze indicibili e non credo ci siano molti spargimenti di sangue, dunque passerò ad altro, però vi anticipo che i personaggi non sono all’acqua di rose come nelle versioni edulcorate delle fiabe che siamo soliti leggere ai bambini di oggi. Sì, forse hanno delle caratteristiche spinte all’osso, per renderli ben identificabili, ma i dialoghi sono credibili e le motivazioni sono forti.
Insomma… non c’è una morale da principessa sul pisello (che non ho mai capito…)