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La più amata (Teresa Ciabatti)

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A 44 anni, Teresa Ciabatti decide di scoprire chi era suo padre, Lorenzo Ciabatti, primario a Orbetello.

“Un santo”, diceva la gente.

Medici e infermieri facevano a gara per servirlo: gli portavano i figli a scuola, gli sistemavano la piscina, gli tinteggiavano la villa, andavano a fargli la spesa, tutti ossequiosi, tutti solleciti.

Eppure, questo padre, ricchissimo, nasconde dei segreti: una pistola nascosta tra calzini e mutande, un misterioso anello pieno di simboli, decine di lingotti d’oro, conti correnti sparsi per mezzo mondo, frequentazioni di cui non si capisce la natura, un bunker segreto sotto la piscina.

Un giorno, un uomo si presenta armato nella loro villa con piscina e, puntandogli la pistola addosso, si porta via il professor Ciabatti per un giorno.

Tornerà a casa, il professore, e nessuno saprà mai cosa è successo.

La moglie, medico anestesista che ha lasciato il lavoro per dedicarsi alla famiglia, ad un certo punto si rivolgerà all’agenzia investigativa Tom Ponzi che garantirà alla donna che il professore non ha niente da nascondere. Un santo.

I segreti del professore resteranno in gran parte tali anche dopo la sua morte, quando sua figlia, ostracizzata dal resto della famiglia e tacciata di essere una malata mentale, inizierà a frugare tra le sue cose.

Spariti tutti i conti correnti, sparite tutte le proprietà immobiliari. Sparito anche l’anello con i simboli, quello che lui non si toglieva mai.

Certi segreti si portano appresso lunghi strascichi: così è successo a Teresa.

Suo padre, per lei, non è più “il santo”.

Scopre che è meschino, maschilista, razzista, spilorcio, superstizioso, calcolatore, vendicativo, fedifrago, forse bisessuale. Amante del potere sopra ogni cosa.

(…) scopro chi era davvero mio padre: massone, gran maestro della Loggia di Firenze, prescelto a vent’anni dalla massoneria di Siena per stringere rapporti col potere americano, da cui gli anni a New York e la specializzazione. Uomo senza scrupoli, ateo, bugiardo, fascista.

Ma queste scoperte arrivano tardi.

Da piccola, Teresa è convinta che suo padre sia onnipotente, e – di riflesso – crede di essere lei stessa onnipotente.

La caduta delle illusioni comporta tutta una serie di problemi psicologici e sociali.

A quarantaquattro anni do la colpa a mio padre per quello che sono. Anafettiva, discontinua, egoista, diffidente, ossessionata dal passato. Litio ed Efexor prima, Prozac e Rivotril poi.

Una storia (vera) che ti coinvolge, perché tutti in famiglia dobbiamo affrontare dei segreti, anche se magari non a questi livelli.

4,5 stelle su 5.

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I conti con me stesso (Indro Montanelli)

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Diari 1957-1978 – a cura di Sergio Romano

Questo è un diario: limite e grandezza del libro.

Grandezza, perché leggiamo cosa pensava davvero Montanelli di certi personaggi dello scenario italiano. Le sue critiche a Moravia, a Bocca, a molti politici del tempo; veniamo a sapere che Flaiano aveva una figlia con gravi problemi di salute, e che ammetteva di non riuscire a volerle bene.

Il libro è pieno di racconti di meschinerie, vanità, bugie, anche dello stesso Montanelli, che, con se stesso, si permette il lusso di essere sincero, cosa che non sempre fa in società o davanti agli schermi TV.

L’aspetto diaristico è una vantaggio anche perché ci fa capire come personaggi del genere gestissero il proprio entourage: mangiando. Montanelli va continuamente a cena, pranzo, colazione con giornalisti, politici, letterati.

Ma il diario è uno svantaggio per chi non è più ben addentro alle beghe politiche e giornalistiche di quegli anni: c’è una sfilza di nomi che oggi, a noi, dice poco o nulla. In particolare, ho davvero capito molto poco delle manovre di acquisto e controllo dei giornali del tempo.

Salvo alcuni passaggi, non è una lettura leggera.

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Numero zero – Umberto Eco @libribompiani

“Un perfetto manuale per il cattivo giornalismo”

TRAMA

Colonna, uno squattrinato che si è mantenuto fino ad ora con traduzioni dal tedesco, trova un lavoro a dir poco particolare: deve scrivere un libro su un esperimento giornalistico. Lo ingaggia un tale Simei, per conto di un ricchissimo magnate: il suo compito sarà quello di raccontare come fallisce il tentativo di aprire un giornale.

Il magnate, infatti, vuole entrare in certi salotti “buoni”: perciò finge di voler aprire un giornale che dica la verità. La Verità è pericolosa: dà fastidio a molti. Questi “molti” dovranno chiedere al magnate di NON aprire il giornale e, in cambio, gli apriranno i tanto agognati salotti.

Questa è l’arzigogolata scusa che Eco utilizza per raccontarci come nascono le notizie giornalistiche.

La storia infatti gira attorno all’omicidio di uno dei redattori del giornale, tale Braggadocio, che è stato ucciso perché indagava su un argomento (forse) scomodo: la presunta morte di Mussolini.

Dell’omicidio in realtà si parla solo all’inizio e alla fine del romanzo; la maggior parte delle pagine, invece, è dedicata alle modalità con cui si filtrano e si diluiscono le notizie di un giornale.

DAL LIBRO

L’astuzia sta nel virgolettare prima un’opinione banale, poi un’altra opinione, più ragionata, che assomiglia molto all’opinione del giornalista. Così il lettore ha l’impressione di essere informato circa due fatti ma è indotto ad accettare una sola opinione come la più convincente.

Non sono le notizie che fanno il giornale, ma il giornale che fa le notizie.

Sfogliate i dispacci di agenzia, e costruite alcune pagine a tema, addestratevi a far sorgere la notizia là dove non c’era.

E’ sempre meglio limitarsi a insinuare. Insinuare non significa dire qualcosa di preciso, serve solo a gettare un’ombra di sospetto sullo smentitore.

L’insinuazione efficace è quella che riferisce fatti di per sé privi di valore, ancorché non smentibili perché veri.

Il nostro lettore non è un intellettuale che ha letto i surrealisti (…) Non possiamo occuparci troppo di cultura, i nostri lettori non leggono libri ma al massimo La Gazzetta dello Sport.

Non bisogna parlare troppo del libro, ma far venire fuori lo scrittore o la scrittrice, magari anche con i suoi tic e le sue debolezze.

Oggi per controbattere un’accusa non è necessario provare il contrario, basta delegittimare l’accusatore.

LA MIA OPINIONE

E’ un romanzo a tema. O più temi: da un lato ci mostra come il giornalismo sia ritenuto inattendibile o apertamente di parte, dall’altro ci ricorda che le storie plasmano la nostra vita, vere o false che siano. A volte, la vita ce la possono anche togliere, come è successo a Braggadocio.

In stile anni Ottanta, dall’ambientazione da Italietta piena di commendatori e impiegatucci che si parlano addosso e alle spalle, ci presenta due fatti attorno a cui far girare la storia (l’omicidio e la relazione tra Colonna e Maia), ma il vero scopo è parlarci di giornalismo.

L’ho trovato molto interessante, ti fa riflettere (“Ci stiamo abituando a perdere il senso della vergogna”), ma dal punto di vista del Romanzo, non è tra i migliori di Eco.

3,5 punti su 5.

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