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Verderame, Michele Mari @EinaudiEditore

Molto più leggibile (e piacevole) di “Di bestia in bestia”, qui Mari crea un’atmosfera di mistero e nostalgia.

Michele è un bambino di tredici anni. Trascorre l’estate del 1969 dai nonni, in una gigantesca casa di campagna del Varesotto. Fa amicizia con Felice, il fattore, un uomo bruttissimo di circa sessant’anni, di cui non si conosce il passato e che parla solo in dialetto.

Felice inizia a perdere la memoria. E’ disperato perché non si ricorda più il viso del padre. Michelino lo aiuta facendogli applicare delle mnemotecniche (ad esempio, con dei cartelli che mostrano da che parte sta il bagno), ma i discorsi confusi di Felice lasciano intravedere un passato misterioso in cui si mischiano francesi, zaristi, fascisti, partigiani.

Il mistero si infittisce quando nella cantina di casa Michelino trova delle bottiglie vecchissime piene a metà di sangue rappreso… ma anche le lumache, enormi, sono strane: Felice le chiama “lumache francesi” e conduce contro di loro una vera e propria campagna.

E poi, ci sono i cadaveri: tre scheletri vestiti da SS in un antro segreto e quindici (o quaranta) scheletri francesi sepolti nel prato.

E’ un romanzo allucinato ma appassionante: Michelino ragiona in termini avventurosi, alla Melville o alla Poe, e applica le sue conoscenze alla vita di Felice. E alla sua, naturalmente.

Alla fine ti chiedi: ma Felice esiste? E’ mai esistito? E Michelino chi è?

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La stanza del vescovo, Piero Chiara

Un autore molto venduto, una ventina di anni fa, ora caduto un po’ in sordina.

Donne, vi avviso: le femministe si armino di pazienza, prima di leggere questo libro. Perché è pieno di protagonisti maschili che trattano le donne come bambolette: se le portano a letto, prima una, poi l’altra, senza farsi problemi se sposate o meno, se incinte o meno.

Ho avuto le mie difficoltà a passare il mio tempo con uomini del genere, ma una volta capito che l’intento di Chiara era proprio quello di mettere in scena personaggi vuoti (o svuotati?), sono riuscita a finirlo.

La storia è ambientata nel 1946 sul lago Maggiore. Tutti stanno cercando di riprendersi dalla guerra, eppure non se ne parla mai nel dettaglio, non si spiega mai davvero cosa è successo ai protagonisti, come quasi per mostrare che stanno cercando di dimenticare.

Il protagonista ha una barca e si sposta qua e là in cerca di donne. Durante una delle sue soste conosce l’avvocato Orimbelli, e cominciano le scorrerie insieme: le donne sono poco delineate, tutte sciocchine, tutte pronte a farsi prendere al laccio passando da uno all’altro; sono senza personalità né spessore.

Anche Matilde, l’avvenente cognata di Orimbelli, che dovrebbe essere la donna più importante, oggetto di contesta tra il protagonista e l’Orimbelli stesso, non ha caratteristiche caratteriali che ce la fissino bene in testa.

Poi la moglie di Orimbelli viene trovata morta annegata.

C’è una specie di svolta in giallo, ma si capisce già chi l’ha uccisa e perché.

Un romanzo senza plauso né pena, che poteva portare avanti le stesse tematiche in modo più appassionante e con personaggi femminili più caratterizzati.

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