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La leonessa – Henning Mankell @MarsilioEditori

Non amo particolarmente i gialli, ma questo me lo sono letto con piacere. Merito del protagonista, il commissario Wallander, che è un uomo normale, senza cinismi cronici (anche se alla fine sì, nella depressione ci cade, ma non è cronica).

Merito anche dell’intreccio, molto complesso, che si snoda tra Svezia e Sud Africa.

Jan Klein, un boero razzista membro dei servizi segreti sudafricani, insieme a dei suoi compaesani sta organizzando un attentato a Nelson Mandela. Per eseguirlo, manda Viktor Mabasha, un killer di colore, in Svezia, ad allenarsi sotto la supervisione di Kovalenko, ex appartenente al KGB.

Le misure di sicurezza per non farsi scoprire sono notevoli, tuttavia, Kovalenko commette un errore: uccide una donna svedese che passava per caso dalle parti del loro nascondiglio. L’omicidio finisce così sulla scrivania del commissario Wallander, che arriverà a scoprire i nomi dei killer designati per l’attentato (e ho usato la parola al plurale con cognizione di causa, ma non posso dirvi altro).

Wallander è un uomo empatico e intuitivo, ma anche alcuni suoi colleghi sono in gamba. Si usa molta psicologia in questo romanzo, che, vista nel contesto storico del Sud Africa, mi fa pensare che Mankell utilizzi il genere thriller per parlare di qualcos’altro. Non è tanto la ricerca del colpevole, che lo interessa, quanto gli uomini e le donne coinvolti nelle situazioni estreme.

Detto questo, passo a elencare un paio di punti che, nonostante il buon livello del libro, ho notato poco congruenti:

  1. secondo me la scelta della Svezia come luogo di addestramento del killer non è ben giustificata. Ci sono molti paesi africani in cui il killer avrebbe potuto allenarsi senza rischiare viaggi internazionali con documenti falsi;
  2. quando Konovalenko decide di dedicarsi alla ricerca e all’uccisione di Wallander, trascura l’addestramento del secondo killer. Considerando la pignoleria di Konovalenko davanti ai propri compiti (scuola russa!), questo è poco verosimile.
  3. Perché Konovalenko, che ha già dimostrato varie volte di essere spietato e senza sentimenti, non uccide il padre di Wallander e si prende la briga di legarlo e imbavagliarlo?
  4. Wallander mostra poca preoccupazione per il padre ottantenne che è stato imbavagliato e legato. Capisco che sia preoccupato di più per il rapimento della figlia, ma… neanche un pensierino?

Bell’intreccio, dicevo. Ma complesso. Non lo vedrei bene adattato per lo schermo, perché se togli parti, rischi di intaccare l’equilibrio complessivo. Da leggere e basta.

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Diario di Rondine, Amelie Nothomb @VolandEdizioni

Per fortuna che ho ritrovato la mia Nothomb: dopo “Acido Solforico”, che avevo trovato illeggibile, mi ero preoccupata, mi chiedevo se avesse perso il suo Tocco…

E invece no, eccola di nuovo qui con le sue storie assurde; ma neanche tanto, perché le sue storie sempre imperniate attorno alle debolezze umane.

In questo romanzo, brevissimo, Urbano (nome falso) in seguito a una delusione sentimentale decide di non soffrire più,  e finisce davvero col non essere più capace di sentire nulla. Tutti i suoi sensi sono morti. Tranne quando uccide.

Tanto che diventa killer professionista.

Lavoro che gli piace, moltissimo.

Tutto fila liscio finché non incontra una ragazza: la uccide subito dopo che lei ha sparato al proprio padre. Erano entrambe persone che Urbano doveva uccidere, eppure stavolta è diverso.

Si appropria del diario della ragazza: i contenuti sono striminziti, criptici. Eppure, i criminali che lo pagano, stanno cercando proprio quel diario.

Il finale sarà dettato… dalle parole. Saranno le parole a dettare il destino di Urbano. Per quanto incomprensibili, le parole gli permettono di entrare nell’intimità della ragazza, facendo così riacquistare ad Urbano la sua sensibilità.

Il viso e le mani cercano lo sgomento del gelo. Cos’hanno in comune il viso e le mani? Il linguaggio, che l’uno parla e le altre scrivono. Le mie parole sono fredde come la morte.

Lettura molto piacevole sul tema della sensibilità, coi suoi pro e i suoi contro, ma anche sul tema delle parole e del loro potere.

 

PS: devo però notificare una inverosimiglianza: quando Urbano (diventato Innocenzo) viene rinchiuso, i suoi carcerieri gli hanno perquisito lo zaino, ma non lo hanno perquisito addosso. Poco probabile che dei killer professionisti dimentichino un passaggio così importante, considerato che Innocenzo si portava il diario addosso…

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