“Sono un imprenditore e non lo nascondo”, ha detto ieri sera alla libreria Moderna Jeffery Deaver.
Se deve creare un personaggio che faccia meno paura per attirare quei lettori che non amano troppo spaventarsi, lo fa.
Perché una frase così, nella mia testolina bacata suona male quando è pronunciata da uno scrittore?
Eppure è vero, Deaver è sincero, lo fa per vendere più libri. Non lo fa per un senso elevato dell’arte. Dopotutto l’arte è nata come artigianato, come mestiere per scopi pratici.
E cosa c’è di più pratico dei soldi?
Ci sono stati dei tentativi di andare al di là dell’intrattenimento. L’intervistatore aveva toccato temi di contemporaneità, Trump, elezioni truccate, privacy… Io gli avevo chiesto cosa gli faceva paura sperando che si togliesse un attimo la maschera da imprenditore e ci mostrasse quella dell’essere umano.
Ma Deaver svicolava, tagliava corto, tornava sempre al suo compito manageriale: spaventare la gente (per vendere di più).
No, non ci sto.
Anche se scrivi thriller, devi dimostrarmi che sai andare oltre l’intrattenimento e la battutina. Che Wikipedia non è la tua fonte principale. Che ragioni sull’uomo e che le conclusioni a cui arrivi possono essere discusse con un pubblico venuto per ascoltarti. Che…
Eh niente, sono io quella sbagliata.
PS: non l’ho comprato il suo ultimo romanzo. Gli ho fatto firmare una copia di un suo libro del 2017 che ho comprato usato per 2,50€😅😅😅