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Tony Robbins non investirebbe in buoni postali fruttiferi @Postenews

Anthony Robbins, uno dei più famosi e ricchi conferenzieri americani che si occupa di automiglioramento e successo, ci dà un suggerimento (anche piuttosto banale) su come far soldi senza far fatica: spendendo meno di quello che si guadagna e investendo questa differenza.

Banale? Sembra che non lo sia poi tanto.

Negli Stati Uniti non è così scontato spendere meno di ciò che si guadagna. Probabilmente, una delle cause di questo problema è dovuto al largo utilizzo delle carte di credito, che abbassano la percezione dell’ammontare di spese mensili.

Ma non è banale neanche il suggerimento di investire ciò che si risparmia.

In Italia, sebbene negli ultimi anni le cose siano un po’ cambiate, è ancora alta la percentuale di persone che si affidano ai buoni fruttiferi postali per i propri risparmi. E qui casca l’asino. Perché con i buoni postali non ti rifai neanche dell’inflazione.

Facciamo due conti veloci, molto approssimativi, perché i calcoli – in generale – non piacciono, ma sufficienti per far capire quanto le Poste Italiane ci stiano prendendo in giro.

Prendiamo i Buoni postali a tre anni plus, il cui tasso di interesse attivo è di 0,40% (che ti viene corrisposto solo se lasci i soldi in deposito tre anni, neanche un giorno di meno).

Ecco, per capire quanto ci si perde, basta considerare che il tasso medio di inflazione nel 2018 è pari a circa lo 0,89%.

0,89-0,40= 0,49

I nostri soldi si svaluterebbero dunque (pur essendo investiti!) a un tasso dello 0,49%.

E uso il condizionale perché non è finita qui. Infatti lo 0,40% che la Posta ci offre, è al lordo dell’imposta sostitutiva (12,5% sugli interessi) e del bollo (0,2% sul capitale se abbiamo più di 5000 euro investiti nel portafoglio). Certo, le tasse sono un male necessario (e sorvolo sul fatto che tassano capitali che per i lavoratori dipendenti sono già tassati in busta paga, ergo: doppia tassazione). E comunque le tasse non dipendono dalle Poste.

Resta però il fatto che il puro tasso lordo offertoci dalle Poste Italiane è la metà del tasso dell’inflazione…

Eh no, Tony Robbins e le Poste Italiane non andrebbero d’accordo.

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Le correzioni, Jonathan Franzen @Einaudieditore

Ora che l’ho finito, posso confessare (vergognandomene) che non ho letto questo romanzo tutto d’un fiato. Addirittura, l’avevo sospeso a metà, perché non sopportavo più le farneticazioni di Alfred e la depressione di Gary. Ma dovevo capirlo subito che quando i personaggi causano reazioni emotive così forti è perché lo scrittore è un grande scrittore.

La domanda del libro è: bisogna correggere le deviazioni? Dal buon gusto, dalla buona educazione, dal buon matrimonio, dal buon lavoro? E quanta vergogna è in grado di sopportare una persona quando quelle che lei considera deviazioni non vengono corrette?

Enid, alle prese con un marito col morbo di Parkinson, sogna di riunire i tre figli ancora una volta per Natale. Ma prima che il suo sogno si avveri, vediamo perché questi tre figli hanno difficoltà a tornare in famiglia, anche se solo per un giorno solo. Guardandoli con gli occhi di Enid, si vedono tre figli che non hanno raggiunto gli obiettivi classici del perbenismo americano: Gary è succube della moglie, nonostante sia ricco; Chip è rimasto senza lavoro perché ha sedotto una sua alunna e poi si è ingarbugliato in affari poco puliti; Denise è uno chef di successo ma è ancora confusa sulle sue preferenze sessuali.

Il casino di queste cinque vite sembra sia affievolirsi che gonfiarsi nella dimensione familiare. Ogni membro ha le sue difficoltà ad amare gli altri e a comprenderli, ognuno ha le sue difficoltà a dire quello che prova senza urlare o senza mettersi a piangere. E’ in questo che ho trovato molto verosimile la storia della famiglia Lambert: il dare per scontato certi sentimenti, il bisogno di nascondere le proprie deviazioni, per quanto insignificanti siano in un contesto più ampio.

La grandezza di Franzen si desume non solo dalla sua capacità di veicolare i temi generali attraverso una storia, ma anche da tante, tantissime frasi che mostrano come l’autore sia un acuto osservatore dell’animo umano:

(…) quell’anti-stile che le donne progressiste di una certa età ostentavano come emblema di identità femminista.

Non si intendeva di antiquariato o architettura, non sapeva disegnare come Sylvia, non leggeva come Ted, aveva pochi interessi e nessuna competenza. La capacità di amare era l’unica cosa che avesse mai davvero avuto.

Una persona è ciò che vuole.

(…) viaggiatori che per pazienza e isolamento sembravano più supplicanti da pronto soccorso che pendolari.

Chi di noi può dirsi esente dalla voglia di correggersi?

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