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Sull’autrice di Piccole Donne

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Leggendo “Louisa May Alcott” di Susan Cheever (figlia dell’autore americano John Cheever), mi sono resa conto di quanto sia stata interessante la vita della scrittrice di Piccole Donne (che non ho ancora letto).

Controverso il suo rapporto con l’ingombrante padre Bronson: era un uomo con idee molto all’avanguardia sull’insegnamento. Le metteva in pratica in scuole che fondava con pochi accoliti, ma le praticava anche in casa, facendo degli esperimenti sulla forza di volontà delle figlie, ad esempio mettendo loro davanti una mela e invitandole a non mangiarla (poi se ne andava, lasciava Louisa da sola e quando tornava la mela non c’era più…).

Bronson era un vegetariano convinto e boicottava la schiavitù, tanto da arrivare ad ospitare fuggitivi di colore in casa, con tutti i rischi che ne conseguivano. Ma nonostante la sua brillantezza mentale, era incapace di guadagnare i soldi necessari per mantenere la famiglia, che spesso fu al limite dell’indigenza. Spesso ricorrevano all’aiuto finanziario degli amici (Emerson in prima linea).

Arrivò perfino a fondare una comune, a cui affluì un po’ di tutto: da aspiranti nudisti (che col clima di quelle parti rimasero “aspiranti”) e mentalmente instabili. Ma Louisa gli voleva molto bene. Non ho letto da nessuna parte in questo libro una riga in cui rinfacciasse al padre la sua incapacità pratica.

La Alcott fin da piccola aveva desiderato diventare famosa, o come scrittrice o come attrice. E infatti cominciò presto a mantenere la famiglia con la sua scrittura, solo che, scrivendo romanzetti, si vergognava, e preferiva pubblicare sotto pseudonimo (A. M. Barnard). Quando le proposero di scrivere un libro per ragazze, quello che poi diventò Piccole Donne, si rifiutò di farlo col suo vero nome.

Era fissata che doveva scrivere Grandi Idee. Cosa che non sorprende, visto l’ambiente intellettuale in cui viveva. Solo quando abbandonò questa fissazione riuscì a scrivere un romanzo che divenne un classico.

Questa biografia non è uscita in italiano. Peccato.

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Intelligenza sociale ed emotiva, Daniel Goleman (a cura di), Erickson

Ho appena finito il libro, e un secondo post è d’obbligo.

Chiariamo che questo della Erickson non è “Intelligenza emotiva”, ma si tratta proprio di un altro libro, stavolta a cura di Goleman (cioè l’autore non è solo Goleman): la precisazione è diventata necessaria in seguito a della confusione che si è creata col mio primo post (è perché non trovo un’immagine decente della copertina di questo saggio? Boh…)

Mi resta da parlare delle ultime due conversazioni.
La prima tra Goleman e Naomi Wolf in merito alla leadership femminile. Sentite qua:

Specialmente le donne bianche di ceto medio o medio alto – infatti è un fenomeno squisitamente culturale – pensano che il loro compito sia essere concilianti, ricevere colpetti sul capo, non contraddire, non sfidare – certamente non contrapporsi – e quando qualcuno esprime disapprovazione nei loro confronti, provano un dolore quasi fisico, stanno male.

La Wolf ha co-fondato un’organizzazione che insegna… la leadership alle donne? Forse no è questo il termine giusto. Perché i programmi sono molto vari. Ma una delle fondamenta è l’autoconsapevolezza (con tanto di sedute di meditazione). Un’altra è buttare le donne nelle situazioni che temono di più: della serie ‘o impari a nuotare o anneghi’. Ovviamente non annega nessuno…

Ho trovato ancora più interessante il colloquio tra Goleman e George Lucas. Questo famosissimo regista e produttore ha fondato un’associazione che si occupa di educazione. Senza fini di lucro!
Edutopia (www.edutopia.org) vuole portare l’alta tecnologia nell’insegnamento. Insegnare: ma in che modo? A compartimenti stagni, italiano dalle 8 alle 9, matematica dalle 9 alle 10? Ogni studente responsabile per quante tabelline impara a memoria?

No.
Nella concezione di Lucas, bisogna studiare a progetto: cioè si parte da un progetto concreto che stimoli la curiosità dei ragazzi e li spinga a cercarsi le informazioni da soli. Se si deve costruire una casa, bisogna raccogliere informazioni ingegneristiche, matematiche, ma anche… sulla propagazione del suono (se si vuole inserire un bell’impianto stereo in una stanza), sulla termodinamica (se si vuole che la temperatura sia decente in tutte le stagioni), ma anche sulla situazione del mercato (se si vuole venderla a buon prezzo) o sulla geografia (per capire quale è il terreno giusto).

Bè, per me questa è una rivelazione.
Concretezza, curiosità, raccolta autonoma delle informazioni e scrematura in base alla loro attendibilità, lavoro di gruppo: praticamente un’anticipazione del mondo del lavoro.

Non solo: e l’insegnamento della filosofia attraverso Star Wars e South Park?

Lucas, sei un genio.

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