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L’isola di due mondi – Geraldine Brooks @NeriPozza @Pulitzerprizes

E’ un romanzo basato sulla vera storia del primo indiano d’America che si è laureato, raccontata dal punto di vista di una ragazzina di quindici anni, Bethia, figlia del pastore della comunità puritana nell’isola di Marta’s Vineyard.

Bethia, come ogni donna che si rispettasse al tempo, era esclusa, suo malgrado, dallo studio e dai libri: la sua vita si dipanava tra la cura della famiglia e le passeggiate nella sua amata isola. E’ durante una di queste passeggiate che conosce Caleb, della tribù Wampanoag: da lui impara la lingua dei locali, ma lo fa di nascosto, perché la sua comunità non approverebbe certe frequentazioni.

Il padre di Bethia è dedito alla conversione degli indiani e a tal fine accoglie in casa sua proprio Caleb, al fine di convertirlo e di farsi aiutare nella missione.

Alla fine Caleb riuscirà davvero a laurearsi ad Harvard, tra mille difficoltà, sebbene l’epilogo della sua storia vera sia un pugno in faccia alla nostra voglia di lieto fine.

Il romanzo è davvero bello: la mentalità di Bethia è resa molto bene tra la sua voglia di ribellione e la sua acquiescenza indotta, tra la sua attrazione per Caleb e le vicende amorose con lo studioso che poi diventerà suo marito.

Niente è dato per scontato: né il suo futuro, né quello degli indiani. Non ci sono smancerie, ma ben si sente la tensione tra lei e Caleb.

Interessantissima la descrizione dell’Harvard dei primi tempi, in cui c’era un settore dedicato agli indiani per la cui manutenzione venivano raccolte offerte da molti benefattori; offerte che non di rado venivano intascate dai baroni universitari.

Un’altra prova che i premi Pulitzer sono affidabili (molto più di uno Strega o di un Campiello).

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Armi, acciaio e malattie, Jared Diamond @Einaudiedizioni

Le domande attorno a cui Diamond ha costruito questo saggio possono essere del tipo: come mai ci sono paesi ricchi e paesi poveri nel mondo? Dipende dalla razza, dalle effettive differenze biologiche ed intellettuali dei popoli che li abitano o da qualche altra ragione? Perché gli europei hanno invaso e conquistato le Americhe e non viceversa?

Sembrerebbero questioni di poco conto, per chi ha a che fare con bollette, costo della benzina e orari di scuola dei figli. In realtà, il nostro presente è strettamente legato al passato, anche remoto, e i nostri comportamenti contemporanei, senza alcune conoscenze di base, rischiano di essere traviati da visioni simil-razziste.

La teoria di Diamond è che tutto si può far risalire a delle caratteristiche biogeografiche. A ben cercare la causa ultima delle differenze tra i popoli, ci si accorge che l’ambiente è risultato essere l’elemento più importante del progresso. I paesi che, favoriti da climi gentili e conformazioni orografiche accettabili, sono riusciti a sviluppare prima di altri l’agricoltura e l’allegamento di animali, hanno maturato un vantaggio che è risultato essenziale (anche se in alcuni casi è stato smangiucchiato da altri fattori).

Da qui è nata una catena di cause ed effetti che ha portato a surplus alimentari, che hanno causato l’aumento della popolazione e la possibilità di mantenere delle figure dedite ad attività diverse dalla produzione di cibo (produttori di utensili, inventori, scrittori, amministratori…). Le conoscenze acquisite si sono poi espanse nel mondo ma non in modo uniforme: era più facile che si espandessero sull’asse est-ovest, piuttosto che nord-sud, e questo dipendeva direttamente dal posizionamento dei continenti sul planisfero.

Agricoltura ed allevamento dunque sono stati i due sproni principali alla differenziazione dei popoli. E questi due cardini dipendevano dall’ambiente. Proviamo ad esempio ad immaginare gli animali di grossa taglia in Africa: sono addomesticabili? Per definirli addomesticabili bisogna far riferimento a una serie di caratteristiche: abitudini alimentari (non si possono prendere in considerazione gli animali carnivori, perché mangerebbero più calorie di quelle che aiutano a coltivare); tasso di crescita (quanti anni ci vogliono perché un gorilla diventi adulto?), riproducibilità in cattività, carattere, tendenza al panico, struttura sociale… senza animali che aiutino nei lavori dei campi, la produzione totale deve affidarsi alla sola forza umana. Senza contare che gli animali di piccola taglia non danno alcun aiuto in guerra. E che senza una vita a stretto contatto con certi animali, non si sviluppano anticorpi alle malattie contagiose (pensiamo alle stragi causate dal vaiolo tra gli indigeni amerindi).

Ho riassunto in modo blasfemo un processo per il quale Diamond ha impiegato quasi 400 pagina a illustrare…

Le cause remote delle differenze tra i popoli non posso riassumerle nel post di un blog; perfino Diamond ammette quante lacune ci rimangono ancora da chiarire (ad esempio: i giapponesi sono discendenti dei coreani o i coreani sono discendenti dai giapponesi?). Il consiglio che posso dare è di leggere il libro: si scoprono tante cosette interessanti. Ad esempio, perché la scrittura nasce (quando nasce!) o perché si diffonde (quando si diffonde!); come la linguistica può aiutare nel comprendere come si sono spostati i popoli; quanto importanti sono state le immondizie antiche per i paleontologi!

Si capisce anche, però, perché certi istituti politici siano essenziali per il progresso di un paese, anche a livello tecnologico; ad esempio: oggi la Mezzaluna Fertile non è più fertile, ma è solo una questione di cambio climatico o c’è di mezzo un c.d. “suicidio ecologico”? E perché in Cina sono state abbandonate scoperte, come l’orologio e altra tecnologia meccanica?

Non ci dovete fare un esame, su questo testo, ma leggetelo: certe domande è meglio farsele.

 

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Il figlio – Philipp Meyer

Uno dei libri più belli che ho letto nelle ultime settimane!!

Ci sono tre punti di vista, tre personaggi principali, tutti della stessa dinastia, quella dei McCullough: Eli, che viene rapito dai Comanche da adolescente; Peter, che si innamora di una discendente dei Garcia, la famiglia che i suoi parenti hanno decimato; Jeanne Anne, l’unica donna che prenderà in mano il patrimonio dei McCullough.

Non è un libro per stomaci delicati, soprattutto quando descrive gli indiani che fanno lo scalpo ai bianchi o ad altri indiani (per la cronaca: io NON ho lo stomaco delicato). Ma le ricerche che Meyer ha fatto prima di scrivere il romanzo, lo stile chiaro con cui ci descrive i dettagli di come vivevano negli Stati Uniti del Sud alla fine dell’Ottocento, e le verosimili psicologie dei personaggi, ti fanno innamorare del libro fin dalle prime pagine.

Questo è il secondo romanzo di Meyer, ma non ho paura di pronosticare un grande futuro per lui!

Un autore che scrive dal punto di vista di una donna in questo modo credibilissimo, tanto da farmi immedesimare coi pensieri di J. A., salirà agli altari letterari mondiali.

E’ un romanzo pieno di violenza, sì, ma perché descrive una realtà che è tale. Vado oltre: è un romanzo che si pone su una linea polemica nel panorama politico contemporaneo. Perché ci ribadisce un’altra volta che gli Stati Uniti sono il frutto di una serie di furti di territorio.  Perché la torta è quella che è, e se ne vuoi una fetta in più, devi prenderla al tuo vicino.

Gli americani… (…) Rubavano una cosa e poi pensavano che nessuno avesse il diritto di rubarla a loro. (…) La sua gente aveva rubato la terra agli indiani, eppure quel pensiero non lo aveva mai sfiorato: pensava solo che i texani l’avevano rubata alla sua gente. E gli indiani, che erano stati derubati dalla sua gente, avevano rubato la terra ad altri indiani.

E poi, sentite questa frase, che potrebbe uscire direttamente dalla bocca di Trump:

Solo le pallottole e i muri ti garantiscono dei vicini onesti.

Il personaggio più enigmatico è Eli, che poi verrà chiamato il Colonnello: sarà il capostipite della ricchezza dei McCullough. Ma quanta fatica ha fatto a reinserirsi nel mondo dei bianchi dopo esser stato venduto dalla sua famiglia comanche? E come si fa a far coincidere questa figura di adolescente inquieto e confuso con quella del vecchio che fa decimare la famiglia del vicino, che pure conosceva?

E’ un romanzo con mille sfaccettature. Per quanto se ne possa scrivere, non se ne renderà mai la ricchezza: leggetelo!

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