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Coral Glynn (Peter Cameron) @Adelphi

Coral Glynn è un’infermiera privata che va ad assistere una anziana malata terminale in una villa. Là c’è il figlio, reduce di guerra col corpo sfigurato.

Quando la donna muore, lui le chiede di sposarlo.

Lei è una timida cronica, lui non è più abituato a trattare con la gente e fa gaffes a non finire (come quella di offrirle, come talamo nuziale, il letto in cui è morta la madre).

La coppia parte male fin dall’inizio, sembrano caduti in una cosa più grande di loro al solo scopo di non vivere nella solitudine tutta la vita.

A ciò si aggiunge un barbaro omicidio nel bosco vicino: Coral viene coinvolta perché sapeva qualcosa ma non ha parlato subito.

Il maggiore ha un amico di lunga data, con cui ha avuto una storia.

Ecco gli elementi base di questo romanzo, e tutti ruotano attorno a una spaventosa incomunicabilità.

Eppure, alla fine, si arriverà ad una specie di chiusura felice…

Una lettura piacevole per l’isolamento fiduciario, anzi, forse proprio adatta: si vive l’uno accanto all’altro e non ci si conosce.

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Manuale del boia, Charles Duff @Adelphiedizioni

Pura ironia.

Non comicità, che è una cosa diversa: pura ironia. L’arte di dire una cosa affermandone il contrario.

E’ quello che fa questo giornalista, classe 1894 (morto nel 1966), con la pena di morte: lui è contrario, ma non fa altro che parlarne come la più alta istituzione nazionale, come il faro dei paesi più progrediti, come l’emblema del progresso.

E fa così con tutti gli aspetti della pena di morte: analizza il ruolo del boia, che dovrebbe essere pagato meglio, tenere conferenze in giro ed essere asssimilato all’artista; confronta la pena di morte per impiccagione con la pena di morte per ghigliottina o sedia elettrica (ne deduce che la modalità inglese è la migliore in assoluto); suggerisce di sfruttare la popolarità delle esecuzioni per aumentare la tiratura dei giornali e di rendere pubbliche le impiccagioni. E via di questo passo.

Nonostante l’argomento, e certe parti che entrano nel dettaglio anche cruento degli incidenti che si possono verificare (solo casi isolati, per carità!!), Charles Duff riesce a strappare più di un sorriso.

Ormai è assodato che la pena di morte non funziona da deterrente nei casi di omicidio: nei paesi dove è stata introdotta o eliminata, il tasso di tali crimini non ha subito modifiche significative. Dunque, se un paese vuole mantenerla, meglio che ricorra ad altre scuse.

Io personalmente sono contraria, ma non per ragioni umanitarie: credo semplicemente che certi crimini (contro i minori, contro l’umanità) abbiano bisogno di punizioni (ebbene sì, proprio punizioni, non recupero del condannato) molto più incisive. La morte pone fine a tutto, anche alla comune sofferenza umana. Troppo comodo.

Ma lasciatemi fare un ultimo commento.

Riguarda George Bernard Shaw, noto vegetariano. Ho scoperto che era favorevole alla pena di morte. A certe condizioni:

Uccidete (gli irrecuperabili) con garbo e contrizione, e possibilmente senza che se ne accorgano.

Se non sbaglio, questo è utilitarismo puro: facciamo sparire il singolo per tutelare la comunità dai criminali irrecuperabili (sacrifichiamo uno a favore del maggior numero). D’accordo o meno, quello che mi lascia perplessa, è che lui era vegetariano. E’ uno di quei vegetariani che nessuna lista pro-vegetarianesimo si dimentica mai di nominare.

La mia è una sensazione strana, che non so spiegare. Eppure, teoricamente non c’è contraddizione tra l’amore per gli animali e l’amore per il maggior numero. Sembra logica applicata. Eppure…

Forse è colpa di Duff, e della sua ironia che ti fa mettere tutto in dubbio:

Ci sono momenti in cui Shaw sembra essere uno strano vegetariano spietato e assetato di sangue.

L’essere umano è Contraddizione.

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