Tag Archives: Impero Austroungarico

Una storia romantica – Antonio Scurati

Da un vincitore dello Strega mi aspettavo di meglio.

Sottolineo che questo è un romanzo storico, non lasciatevi fuorviare né dal titolo né dalla copertina di questa edizione.

La vicenda principale è ambientate nel marzo del 1848, durante le cinque giornate di Milano, ma viene rivissuta da uno dei suoi protagonisti, il senatore del Regno d’Italia Italo Morosini, solo nel 1885, quando lo stesso riceve un plico anonimo ove è narrato il tradimento ai suoi danni della moglie Aspasia col suo migliore amico, Jacopo.

Niente da dire sulla ricostruzione storica, né sulle licenze che l’autore si è concesso (e che ha espressamente elencato alla fine del volume). Lo stato d’animo del 1848, del popolo italiano (milanese) oppresso, della voglia di libertà e della confusione, morale e politica, di quei tempi, è reso molto bene.

Il linguaggio e lo stile ricalcano quelli delle opere dell’epoca. La ragione di questa capacità di resa storica è in parte dovuta al fatto che Scurati ha fatto largo uso di documenti originali con tanto di trascrizioni vere e proprie (minute di discorsi, lettere, libri, articoli di quotidiani…).

Bene si sente, dunque, la voglia di libertà e di martirio che si è impossessata dei milanesi di ogni ordine e grado davanti alle angherie del vecchio Radetzsky, e leggendo ci si infiamma per il tradimento del re Carlo Alberto, dopo che il popolo ha giocato il tutto per tutto sulla propria pelle.

Di più: leggendo, ci si chiede dove è finito il patriottismo di quegli anni, e che fine ha fatto l’amore per il suolo italiano che imbeve ogni parola dei personaggi. La dignità italiana, questa sconosciuta, dove è finita? (c’è mai stata? Italiana nell’insieme intendo, non piemontese o lombarda o veneta)

La debolezza del romanzo io la vedo nei protagonisti.

Forse il ricorso a documenti reali è una delle ragioni per cui i personaggi sono mossi da motivazioni deboli. I pensieri di Italo, Aspasia e Jacopo sono come segmentati, non sono ben legati tra loro; a volte perdo il nesso di causa ed effetto tra un pensiero e il successivo.

Già il fatto che Jacopo si innamori di Aspasia dopo averla vista pochi minuti (il tempo necessario per salvarla da uno stupro), è più romanticistico che verosimile. Però è il male minore: siamo nell’Ottocento, loro sono giovani, dai, ci può stare.

Ma guardiamo, ad esempio, agli spostamenti fisici dei personaggi: sembra che si muovano solo per andare in cerca dei luoghi in cui si svolgono le azioni principali e dove compaiono gli eroi più famosi.

Un altro esempio: Italo, ormai sessantenne, è appena venuto a conoscenza del tradimento giovanile della moglie. Che fa? Va al caffè a prendersi l’aperitivo e a leggere il giornale. Curati ci prova a giustificare questa ricerca dell’abitudine, ma il risultato è debole.

Oppure: un misterioso sconosciuto si siede vicino ad Italo al caffè e gli rivela che il suo amico Jacopo in realtà non è morto. E Italo che fa?

(…) profondamente scosso dopo aver sentito che quel tizio, anche se per errore, sosteneva di aver conosciuto Jacopo, era già pronto a rifugiarsi nuovamente nella lettura del giornale.

Insomma: ti hanno appena detto che il tuo migliore amico si è ciullato tua moglie; tu lo credevi morto, e invece uno ti dice che è ancora vivo. E tu che fai? Leggi il giornale. No. Mi dispiace: un romanziere dovrebbe rendere meglio la vicenda. Non dici che è “profondamente scosso” e subito dopo gli fai prendere il quotidiano in mano. Come minimo, devi fargli chiedere spiegazioni!

Insomma: la psicologia dei personaggi è sfalsata e frammentaria. Sembra un puzzle di emozioni raccolte alla rinfusa, ben descritte nella loro individualità ma collegate male.

Ho poi il dubbio, che nella foga di inserire testi originali, l’autore si sia lasciato trascinare la penna, e alcune parti, fossi io stata un’editor, le avrei bannate, considerando la sensibilità del lettore comune (se bisogna dar ascolto a tale sensibilità ai fini commerciali).

Però io non sono una editor e non ho neanche una cultura letteraria.

Qualcuno di voi lo ha letto? Che ne pensate?

Leave a comment

Filed under book, Libri, Libri & C., Scrittori italiani

Le passioni della mente – Irving Stone

Romanzo biografico su Sigmund Freud

Irving Stone è conosciuto principalmente come autore di biografie romanzate. Lui stesso, in un video su youtube, si definisce un Bookworm, uno che va pazzo per i libri. Il suo primo incontro con Freud è stato a diciannove anni, quando, appena entrato all’università, ha fatto una capatina nella biblioteca, e si è portato via, tra l’altro, “Psicopatologia della vita quotidiana”: che coincidenza! Questo è proprio il titolo che ha fatto innamorare me, di Freud, quando avevo sedici anni! Ed è anche il libro che Freud ha scritto per il vasto pubblico, mentre prima i titoli si indirizzavano principalmente al mondo medico, visto che la psicanalisi doveva ancora farsi accettare come scienza.

Ma torniamo alla biografia.

Il romanzo inizia quando Freud ha poco meno di trent’anni e sta facendo la corte a Martha, sua futura moglie. Si è appena laureato e il suo sogno sarebbe quello di lavorare nell’università, come ricercatore, ma non ce la fa. Intanto però mette da parte un bel po’ di esperienza con le malattie organiche… Ci vuole molto prima che lui si accorga di aver dato inizio ad una nuova scienza della psiche (ricordo che allora la psicologia non era considerata come una scienza), e non gli mancano i detrattori.

Pian pianino, l’impalcatura della psicanalisi cresce e si espande a tutto il mondo. Prima di arrivare a questo, però, il dottor Freud dovrà superare molte difficoltà: dall’antisemitismo (lui era ebreo, sebbene non praticante), al baronaggio, alle invidie, alle guerre… Ci sono diversi periodi in cui Freud ha difficoltà a comprarsi un abito nuovo o un nuovo paio di scarpe, soprattutto all’inizio della sua carriera.

Ci sono due punti importanti che caratterizzano Freud (così come molti altri personaggi famosi):

1: non si demoralizzava quando riceve critiche, anche se pesanti, e anche se queste provenivano da persone di cui lui aveva un’altissima stima. Era convinto, appassionato, innamorato di quello che stava studiando e continuava per la sua strada.

2: pian pianino si costruì una rete di amicizie. E che amicizie! Breuer, Adler, Rank, Steiner, Jung, Ferenczi, Lou Salomé… Tutta gente con la quale poteva discutere e lo aiutava a diffondere le sue idee. Arrivò ad avere dei contatti anche con Thomas Mann ed Einstein.

A me la psicanalisi piaceva molto una volta, prima di scoprire che non spiegava tutto; dunque la biografia interessava. Devo però ammettere che questo romanzo è troppo lungo (873 pagine): in particolare, l’autore avrebbe potuto risparmiarci alcuni casi psicanalitici; ne vengono riportati davvero tanti, molti dei quali già letti nei testi originali di Freud; forse qui era il caso di essere un po’ più sintetico (anche perché poi, alla fine, le cause delle malattie per la psicanalisi sono sempre le stesse, più o meno).

Inoltre, Stone avrebbe fatto bene ad essere più sintetico anche sulle parti che riguardavano le vacanze: ogni anno in estate la clientela di Freud andava in villeggiatura, e siccome il dottore restava quasi senza nulla da fare, si godeva anche lui le vacanze. Ecco: descrivere le varie case o alberghi con i dintorni, nonché le attività con cui trascorrevano le giornate (passeggiate e passeggiate!), alla fine allunga molto il libro senza dire nulla di concreto sulla vita del protagonista.

A parte questi due punti, libro consigliato a chiunque interessi la vita di questo pioniere della mente umana.

 

Leave a comment

Filed under biographies, book, Libri & C., Scrittori americani, self-help

La tedesca, di Alessio Alessandrini, presentazione a S. Stino di Livenza (VE)

image

Sono stata ieri sera a questa bella presentazione del romanzo (basato su fatti realmente accaduti) del prof. Alessandrini. Ha parlato per un’ora e mezza senza mai far calare l’attenzione e mentre spiegava la genesi e la storia del libro, ha proiettato foto e documenti d’epoca davvero interessanti.

Non si tratta di una storia facile, perché al centro c’è la vicenda di una donna uccisa dai partigiani. L’autore ha subito messo in chiaro che lo scopo non era prendere le parti di partigiani o di fascisti, ma di raccontare dei fatti che stavano per venir dimenticati (come dimostrano le croci accanto a molti nomi elencati nella parte dei ringraziamenti). Considerando questo obiettivo, mi ha lasciata un po’ perplessa quando ha detto che una volta pubblicato il romanzo, sia i discendenti della vittima che quelli degli assassini, non abbiano più voluto aver a che fare con lui (salvo un paio di eccezioni).

Gli uni avrebbero voluto che il libro dipingesse tutti i partigiani come sadici assassini; gli altri avrebbero voluto che i loro avi fossero stati scagionati, e che la vittima apparisse in veste di spia dei tedeschi.

Alessandrini, che ha lavorato almeno cinque anni su fonti documentali di varia origine, non ha potuto prendere le parti di nessuno: da un lato le carte dimostravano che la Tedesca si era davvero prodigata presso i comandi di occupazione tedesca per aiutare i suoi compaesani; dall’altro il valore della resistenza dovrebbe essere, come ha detto l’autore “ormai sedimentato”, e non si dovrebbe aver paura di riferire eventi come questi, anche se macchiano l’idea monolitica che tendiamo a farcene.

Alessandrini ha ammesso di essersi chiesto se, sulla scorta di tutta la documentazione raccolta, dovesse pubblicare un saggio o un romanzo. Ha optato per il romanzo in modo da salvaguardare anche il lato emozionale della vicenda personale, senza però mai rinunciare a delle digressioni sulla Storia di quel periodo.

Penso abbia fatto bene.
Innanzitutto, un romanzo ha più probabilità di venir letto di un saggio.
E poi, anche se ci vantiamo della nostra razionalità, di fatto siamo esseri emozionali: sono le emozioni alla fine a farci muovere (come ci suggerisce anche l’etimologia del termine).
Se è vero che la storia che non si conosce è destinata a ripetersi, è anche vero che ciò che conta è il modo in cui si conosce la storia. Un elenco di date e battaglie non ci smuove niente tra le costole. Ma se ci affezioniamo a una figura di cui leggiamo gioie e timori, la nostra empatia diventa un pochino più forte.

Certo, alla fine qualcosa però bisogna leggere… e qui mi tocca dire che alla presentazione ieri sera c’erano poche persone di S. Stino. Un po’ vergognoso: l’autore meritava davvero una platea più polposa.

Quando mi sono trasferita da Gainiga a S. Stino ero tutta contenta perché, sapendo che c’era addirittura (!) un centro culturale, mi son detta: chissà quanta gente legge in quel paese!

Come non detto.

Ma torniamo al libro. A Flaibano, in Friuli, dove la Tedesca ha vissuto, i cittadini attendevano l’uscita del romanzo con trepidazione.
Come dicevo, la storia si stava perdendo: nessuno conosceva i dettagli, non si capiva bene chi era stato ad uccidere la donna, c’era il dubbio che qualche concittadino avesse partecipato all’esecuzione e, non sapendo come erano andate le cose, giravano invenzioni anche piuttosto truculente. Era una vicenda di cui si preferiva non parlare e in paese aleggiava un vago senso di colpa per non aver potuta salvare la Tedesca. Il libro ha fatto luce, ha fatto diradare la nebbia che campeggiava nella memoria e nelle conoscenze di molti anziani presenti in sala.

Non ho ancora finito di leggere il romanzo, sono solo a pag. 50.
Se la vicenda e il lavoro documentale mi sono abbastanza chiari, non posso ancora giudicare granchè il romanzo in sé. Di sicuro è un lavorone e capisco quando l’autore dice che è stata una fatica raccogliere tanti dati.
Però non posso sempre parlar bene dei libri, qualche pecca la devo trovare. E a mio parere ci sono troppi avverbi in -mente.

Un ultimo appunto: la copertina riporta il quadro di Salvatore Errante Parrino, anche lui a sua volta scrittore, il cui ultimo libro lo ho recensito qualche post qui sotto.

Leave a comment

Filed under Libri & C.