Ho rivisto ieri il film “Il discorso del re”: bello, ti ispira a darti da fare, ti dona fiducia nell’amicizia.
Quattro premi Oscar.
Colin Firth, che interpreta il ruolo del re Giorgio VI, padre della regina Elisabetta, è un uomo traumatizzato da un’infanzia all’ombra di un padre-padrone e di tate senza scrupoli, nonché della sfortuna fisica (rachitismo).

Riesce tuttavia a riscattarsi dalla balbuzie che lo affligge dai cinque anni e a portare avanti la monarchia attraverso la seconda guerra mondiale.
La moglie, interpretata da Helena Bonham Carter, è saggia e composta.
Insomma, tutti eroi senza macchia e senza paura. La bellezza del film ti fa dimenticare che la realtà non è mai unidimensionale.
Ho iniziato a leggere il libro della giornalista Kitty Kelley, “I segreti della corona”, e già alle prime pagine ci ricorda che la dinastia dei Windsor non è inglese al 100%, perché è ha radici tedesche. L’inglesizzazione si è resa necessaria nel 1915 ed è stata portata avanti da Giorgio V, il nonno della regina Elisabetta, che ha rinnegato parenti e amici tedeschi pur di salvare la corona dall’ondata antiprussiana che era sorta in quegli anni.
Ma questo non è così grave: le monarchie e gli aristocratici erano tutti imparentati tra loro (e credo lo siano ancora).
Quello che esce dalle prime pagine del libro, però, è un’immagine molto meno favoleggiante dei genitori della regina Elisabetta:
“… erano stati restii a opporsi a Hitler e (che) come primo ministro vedevano meglio Chamberlain di Churchill”.
La madre della regina Elisabetta “ricevette solo un’istruzione approssimativa, ma molto attenta alle virtù necessarie a un buon matrimonio”. Fu una regina amatissima, molto presente in tantissime cerimonie ufficiali: “tagli dei nastri, visite ai reggimenti, vari di navi e posa delle prime pietre”.
“Fu geniale nel promuovere se stessa e il marito, soprattutto negli anni della guerra, quando sostenne il debole e incerto uomo che aveva sposato e gli conferì l’aspetto di un re”.
Era talmente amata, che la stampa britannica si autocensurava: non dissero mai una parola in merito alla sua propensione all’alcool e al gioco d’azzardo, minimizzandole come hobby di una vecchia signora, e non venne mai condannato il suo appoggio alla minoranza bianca che governava in Rhodesia. Era una figura intoccabile.
Sembra comunque che, lungi dall’essere dolce e premurosa come Helena Bonham Carter, fosse dura, dispotica e decisa a diventare regina ben prima di sposare il marito (tant’è che ci furono chiacchiere di lei col cognato David, che invece preferiva le donne filiformi e sposate, e che infatti ha rinunciato al trono per un’americana divorziata).
Ovvio, che nessuno diffuse la notizia che le principesse Elisabetta e Margaret nacquero con l’inseminazione artificiale: sembra infatti che il padre, per una serie di fattori psicofisici, non fosse in grado di procreare.
Niente di grave, fino a qui.
Ma mi sono buttata giù questi pochi appunti per ricordarmi di dubitare sempre delle storie troppo romantiche.
Sempre.