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UN GENITORE QUASI PERFETTO – Bruno Bettelheim

Sono quasi 600 pagine, ma scritte in modo molto amichevole e, soprattutto, senza tecnicismi ne’ estremismi: solo buon senso! Lo consiglio a tutti i genitori (anche ai papà, che di solito sono meno portati alla lettura di testi del genere).

Il principio è che per essere genitori passabili (la ricerca della perfezione in questo campo rischia di fare più male che bene) bisogna avere fiducia nella propria capacità e nelle capacità (mentali ed emotive) del proprio figlio. Non guasta inoltre una certa capacità di immedesimazione nei panni dei bambini, per quanto possa essere difficile ricordare come ci sentivamo trenta o quarant’anni fa.

Il succo è sempre quello: inutile fare grandi discorsi, perché i figli sono più impressionati dalle emozioni provate dal genitore che dalle sue intenzioni coscienti; e anche se non sanno verbalizzare, captano le nostre insicurezze meglio di un radar. Dunque… prima di fare un figlio: tutti dallo psicologo!!

Scherzo. Ma non tanto.

Il libro è diviso in capitoli per argomento. Ho trovato particolarmente interessante quello che riguarda le punizioni, perché spiega nel dettaglio perché sono inutili e come possono diventare controproducenti.

Inoltre, bisogna stare attentissimi alle critiche:

(…) muovendo delle critiche a un bambino, nonché imponendogli quello che deve fare, si riduce il suo rispetto di sé perché si richiama la sua attenzione sulle sue carenze. Allora, anche se ubbidisce, in realtà non ha imparato nulla di utile, perché non viene incoraggiata la formazione di una personalità autonoma.

E pensare che anche oggi non mi rivolge la parola se non per criticare qualcosa!

Il fatto è che invece di sgridare i figli o di imporgli di smettere quello che stanno facendo, bisogna spiegargli il PERCHE’. Dunque, se al supermercato il piccolo tocca tutto, col rischio di far cadere la montagna di lattine o i vasetti di vetro dei sottaceti, non basta dirgli “non toccare!”, bisogna farlo ragionare su come ci sentiamo quando lui si comporta così, o su quello che può pensare il proprietario del supermercato se lo vede toccare i suoi prodotti in quel modo.

Infine, tra le tante dritte che questo libro può dare (raccomando anche il capitolo incentrato sulla scolarità), vi lascio questa:

Le biografie dei grandi uomini del passato sono piene di riferimenti alle lunghe ore trascorse da giovinetti in riva al fiume immersi nei propri pensieri, o a vagare per i boschi in compagnia del cane fedele a sognare i propri sogni. (…) Nelle classi borghesi, la giornata di ogni bambino è densa di attività organizzate: riunioni dei boy scout o delle guide, lezioni di musica o di danza, attività sportive; questi bambini quasi non hanno il tempo per esser semplicemente se stessi.

In fondo lo diceva Goethe: il genio si nutre nella solitudine. Mi immedesimo in queste frasi: perché mio figlio raramente ha delle ore totalmente vuote. Col risultato che quando gli capita, viene da me e mi chiede: Mamma, che faccio??

La prossima volta gli risponderò: vai nel bosco a fantasticare.

 

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La missione teatrale di Wilhelm Meister, di Goethe

Guglielmo Meister nasce in una famiglia di commercianti e fin da piccolo mostra una spiccata inclinazione per il teatro e l’arte. Da dove nasceranno vocazioni simili quando tutti ti danno contro, non lo scopriremo mai… ad ogni modo, quando si rassegna a intraprendere la professione di famiglia, per un puro caso finisce in una compagnia teatrale, e qua rimane. E’ interessante la parte in cui si trova di fronte all’alternativa se compiacere un potente mecenate o se lasciare libero sfogo alla propria arte nello scrivere un canovaccio o nello scegliere l’argomento di un discorso da sottoporre al principe per accalappiarne la benevolenza: riesce a farlo senza abdicare troppo alle proprie convinzioni (questo lo vedrei poco realizzabile nel nostro tempo mediatico). Soprattutto mi è rimasto impresso il fatto che Meister può liberamente dedicarsi alla sua vocazione solo quando i legami con la famiglia di origine sono tagliati, il padre morto, l’azienda di famiglia nelle mani salde del cognato, e tutti che lo credono disperso in guerra: prima di essere a conoscenza di questa situazione, viveva sempre coi sensi di colpa per il lavoro di riscossione crediti che aveva messo da parte.
Questa dovrebbe essere la prima versione di un romanzo che ha visto varie stesure, e infatti alla fine resta il dubbio che alcuni nodi non siano sciolti, soprattutto il nodo sentimentale (quante donne, troppe!), però al di là della fabula, rimangono impresse le riflessioni di Goethe sull’arte:
“Come ti sbagli, mio caro amico, se tu credi che un tale lavoro, che a concepirlo ti occupa tutta ‘anima, possa esser fatto in ore rubacchiate e interrotte. No, il poeta deve vivere tutto per sè, tutto per le cose sue predilette.”
“La passione innata per la poesia, come ogni altro naturale istinto, non può esser repressa senza rovinar la creatura”
“Lo spirito si travaglia, si affanna sempre a cercare come potrebbe giungere a uno stato di libertà e di purezza integrale, e le contingenze del momento lo costringono ognora ai negozi di mezzo carattere, ascosi, forse anche obliqui: ad appigliarsi a un male invece che all’altro e, nei casi più fortunati, a capitare dalla padella nella brace. Quando ciò si ripete con insistenza, ne subiscono il dominio i migliori cervelli, e gli uomini impulsivi e appassionati ne sono cacciati in una sorta di demenza che col tempo diventa del tutto inguaribile”.
Goethe ne scrive come di mali conosciuti per esperienza diretta.

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Goethe, di Italo Alighiero Chiusano

Forte questo Chiusano: biografia ironica, perfino allegra, come la si può scrivere solo se, oltre a conoscere il soggetto fino agli alveoli polmonari, anche lo si ama (ma le due cose possono considerarsi divisibili?)

Di Goethe non conosco che pochi testi per lettura diretta, e come uomo non mi sarebbe piaciuto: è affetto da una certa boria, per quanto in parte giustificata, ed è troppo legato al potere, anche se riesce a stare abbastanza bene in equilibrio; inoltre i suoi libri sono intessuti di massime e note sulla natura umana che denotano acume spirituale, ma poi Goethe mi cade nei casi pratici della vita, come quando fugge davanti alla malattia e alla morte della moglie che se ne va tra atroci tormenti. Certo, i difetti delle autorità costituite si perdonano facilmente, o si dimenticano…

Però mi piace che avesse interessi così diversificati, dalla geologia alla teoria dei colori, alla mineralogia, alla biologia, alla religione, alla pittura (con tanto di programmi per imparare a disegnare). Aveva una personalità sua, forse un po’ spinta artificialmente: capisco i granchi architettonici, possono capitare a tutti, ma non mi puoi ignorare di proposito Spoleto e la basilica di Assisi!

E che schiera di amici! Il rapporto più intenso era forse quello con Schiller, ma nella lista c’erano tantissime persone di elevata cultura e interessi tra i più diversi.

Mi lascia perplessa la scelta della moglie: lui che godeva delle conoscenze femminili tra le più distinte del secolo, sceglie come compagna per la vita la Vulpius, optando per la tranquillità domestica, la remissione, l’ordine e la gaiezza a scapito della cultura e accettando sgrammaticature… orpo!! Mi tocca dar ragione a Baudelaire!

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