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Perché io credo in Colui che ha fatto il mondo (Antonino Zichichi)

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Durante la lettura di questo libro sono passata da stati di esaltazione ad altri di pura delusione (e anche alcuni di frustrazione, visto che Quark e teoremi vari per me erano piuttosto incomprensibili).

L’esaltazione era massima quando leggevo frasi del genere:

La scelta tra utensili di pace e ordigni di guerra non è di natura scientifica ma culturale.

La cultura dominante ha confuso la Scienza e le sue applicazioni, come se si trattasse della stessa cosa.

Nel mondo è il potere politico che decide come usare i risultati delle scoperte scientifiche. L’uso della Scienza non è più Scienza. L’uso della Scienza si chiama Tecnologia. La scelta tra tecnologia buona e tecnologia selvaggia è nelle mani del potere politico.

L’arroganza nasce dall’ignoranza.

Logica e scienza dovrebbero far parte del patrimonio culturale di tutti.

Queste sono affermazioni che non possono non suscitare consenso.

Le braccia mi sono cadute quando Zichichi ha iniziato a parlare della teoria dell’evoluzione.

Dunque: il suo libro aveva lo scopo di dimostrare che Scienza e religione non sono contrapposte, e che la Scienza non nega l’esistenza di Dio (e dei miracoli!).

Quando ha affrontato il tema della nascita dell’uomo, è partito a dire che la Teoria dell’evoluzione è piena di lacune, che mancano molti anelli e che la Teoria non è scientificamente dimostrabile perché è avvenuta una sola volta, non è riproducibile né matematicamente dimostrabile.

Il che, in sé, è vero.

Quale il problema?

Il problema è che Zichichi non mi fornisce un’alternativa.

O meglio: tacendo, ammette implicitamente che l’altra alternativa conosciuta, la teoria creazionista, potrebbe avere qualche fondamento.

La teoria creazionista ritiene che l’uomo è stato creato da Dio così come è oggi. Non si è evoluto da un antenato comune ai primati. E Zichichi afferma:

Se l’uomo dei nostri tempi avesse una cultura veramente moderna, dovrebbe sapere che la teoria evoluzionistica non fa parte della Scienza galileiana. A essa mancano i due pilastri che hanno permesso la grande svolta del milleseicento: la riproducibilità e il rigore. Insomma, mettere in discussione l’esistenza di Dio, sulla base di quanto gli evoluzionisti hanno fino a oggi scoperto, non ha nulla a che fare con la Scienza. Con l’oscurantismo moderno, sì.

Ora, ci meravigliamo che negli Stati Uniti, il 40% della popolazione non crede nella teoria evoluzionistica?

Sono milioni e milioni di persone che credono che l’uomo è stato creato così com’è da un Dio (personale).

Ma non è finita qui. Sentite questa:

Nel corso del Secondo Millennio, le grandi conquiste dell’Arte (Rinascimento) e della Scienza (Galilei) sono dovute alla Fede Cattolica e ai valori della sua cultura. Nel Terzo Millennio sarà la Chiesa l’unica forza in grado di denunciare e affrontare il pericolo di olocausto ambientale.

In conclusione, il saggio di Zichichi ha mancato lo scopo: nel tentativo di conciliare religione e scienza è molto più efficace un Mancuso, che è un teologo, di un Zichichi, che è uno scienziato.

Alla fine, tutto si riconduce a una questione di fede:

La Fede è un dono di Dio: chi ce l’ha è credente. Chi non ce l’ha è ateo. (p. 153)

Grazie.

Utilissimo, davvero.

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Il dolore innocente (Vito Mancuso)

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Se Dio è onnipotente, perché permette il dolore innocente e, in particolare, l’handicap? Forse non lo impedisce perché non è onnipotente?

Sono domande che teologi e credenti si pongono dall’alba delle religioni.

Secondo l’OMS, nel mondo nascono circa 8.000 bambini al giorno con qualche forma di handicap, dalle più lievi alle più gravi. E Dio che fa?

Mancuso, teologo laico, ha affrontato il problema dopo la morte di quello che, se fosse nato, sarebbe diventato suo figlio: cercando una risposta tra gli scritti cristiani, si è accorto che mancava un testo che approfondisse direttamente la questione.

Mancuso si dedica prima a una carrellata storica, esaminando le varie risposte che sono state date nei secoli e tra le religioni principali.

Esaminiamo le varie possibilità.

O Dio vuole la sofferenza innocente, o non la vuole.

Se la vuole, ci possono essere varie ragioni, così riassumibili:

  • punizione: per secoli la nascita di un figlio disabile viene fatta risalire a qualche malefatta dei genitori, soprattutto di natura sessuale
  • previsione: per secoli, in varie religioni, la nascita è considerata il segnale di qualcosa che doveva succedere
  • salvezza: la sofferenza diventa un ostacolo da superare per mondare dai peccati, propri o altrui.

Se Dio non vuole la sofferenza innocente, allora la stessa si verifica a dispetto (o con il permesso) divino (ma non approfondisco qui le varie ipotesi).

L’analisi storica delle varie risposte alla domanda iniziale occupa gran parte del saggio, fino a pag. 141 (su 209 pagine totali).

Quando poi Mancuso arriva alla sua conclusione, a mio modesto parere, non convince del tutto.

Prima ricorre al concetto di Contraddizione, che é un elemento essenziale della natura e della religione cristiana: pensate a una cellula che deve morire per permettere la sopravvivenza dell’organismo (apoptosi), o a una stella che deve esplodere per espandere nell’universo gli elementi chimici che renderanno possibile la vita, o a Gesù che era Dio e uomo, e che muore per far vivere… (e già qua, mi si chiede di tornare ai dogmi, dunque si abbandona il ragionamento logico seguito fino a poche pagine prima).

la legge che governa lo svolgersi della vita sulla terra è basata sulla morte

Poi considera l’handicap come la notte dello spirito, un passaggio necessario per far tabula rasa di nozioni e false credenze prima di arrivare alla vera conoscenza/illuminazione.

E infine si aggrappa alla Libertà, sommo concetto che, sembra, il nostro Dio ha tenuto in massima considerazione: il Dio cristiano sarebbe un dio impersonale che al momento della creazione ha dato delle informazioni top-down ma che poi si è ritirato per lasciar lavorare l’uomo e la natura in completa libertà.

L’unica condizione è che Dio, per far nascere la libertà della natura, rinunci a manifestarsi come persona, ma si manifesti solo come deitas, come principio divino impersonale, che agisce solo immettendo informazione top-down.

Sbaglio o questa frase si sconfessa da sé? Se Dio è impersonale, se non ha individualità, allora come fa a “rinunciare” a manifestarsi come persona? La rinuncia è una decisione che presume una persona che prende atto di varie opzioni tra cui scegliere. Dunque la persona c’era prima, e poi è scomparsa perché ha deciso di fare così?

Forse non ho una formazione sufficiente per capire certi passaggi.

Riassumendo: la natura tende alla Vita in un processo di prove ed errori.

Ma allora, perché continuiamo a parlare di Dio e a tenere in piedi istituzioni enormi come le gerarchie ecclesiastiche?

Continua a sfuggirmi qualcosa.

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Processo al Papa – Geoffrey Robertson

Mi ero riproposta di arrivare almeno a metà libro prima di scriverne, ma non ce la faccio.
L’autore, Robertson, è un giurista, dunque analizza l’atteggiamento del Vaticano nei confronti delle molestie ai minori da parte dei preti dal punto di vista del diritto (canonico, internazionale e dei vari stati nei quali i crimini sono stati commessi). Non sono ancora arrivata al punto in cui scende nei particolari delle leggi, perché fino ad ora, e sono a pag. 59, non ha fatto altro che riportare casi di crimini ripetuti e insabbiati dalla Chiesa.

Quello che ne esce è un sistema organizzato al fine di mettere a tacere gli scandali. Il silenzio delle vittime è obbligatorio, secondo il diritto canonico, e spesso, davanti a casi conclamati di abuso su minori, le vittime sono state “indennizzate” (con tetti di spesa ben identificati dalle alte sfere) a patto che mantenessero il silenzio. Addirittura in Irlanda sono state stipulate in segreto delle polizze assicurative per risarcire i danni nel caso in cui le vittime si facessero sentire.

La procedura è sempre la stessa: appena qualcuno “parla”, si cerca di farlo tacere. Sfruttando l’influenza morale o ricorrendo alle minacce (della serie: se parli sei in peccato!). Tutte le energie della Chiesa erano rivolte alla copertura dello scandalo, non alla tutela delle vittime, e i colpevoli venivano ogni volta trasferiti in altre parrocchie, lontane e all’oscuro dei fatti, dove di solito i crimini si ripetevano. Il problema è ancora più grande quando i trasferimenti sono stati fatti dai paesi del primo mondo a quelli del terzo mondo (sud America e Africa, principalmente) dove i controlli sono molto minori).
Tutti i casi dovevano essere sottoposti alla Congregazione per la Dottrina della Fede (stiamo parlando del periodo in cui a capo di questo organo c’era Ratzinger, prima che diventasse Papa).
Dunque, le alte sfere sapevano.

Ma sentite questa:

Nel 2001 il Vaticano si è congratulato con il vescovo Pierre Pican di Bayeux per non aver consegnato alla polizia un prete pedofilo e per avergli affidato un altro incarico nella parrocchia nonostante la sua ammissione di colpa. “Mi congratulo con lei per non aver denunciato il sacerdote all’autorità civile” ha scritto il cardinale Castrillon Hojo, con l’approvazione personale di Giovanni Paolo II e di altri prelati, tra cui il capo della CDF, il cardinale Ratzinger. L’episodio è stato reso noto dopo che il prete era stato condannato a diciotto anni di carcere per ripetuti stupri e violenze ai danni di dieci ragazzi; (…) Una copia dell’encomio espresso dal papa è stata inviata a tutti gli altri vescovi per incoraggiarli a risolvere casi di pedofilia all’interno della Chiesa in modo riservato e indipendente rispetto alle leggi dello Stato di appartenenza; dunque la Santa Sede ha stabilito la prevalenza del codice canonico su qualsiasi altro diritto penale (…)

Cioè: questo nasconde un criminale, e il Papa di allora (stiamo parlando di Giovanni Paolo II) e il futuro Papa (Ratzinger) non solo lo elogiano, ma mostrano a tutti gli altri vescovi come lo hanno elogiato perché è stato bravo.

Quella volta che è successo nella mia ex parrocchia, alla domenica andiamo a messa e non troviamo più il solito sacerdote, don S., ma addirittura il vicario del vescovo, che ci ha fatto tutto un discorso sul silenzio e sulla pericolosità delle chiacchiere… io e i miei non capivamo di cosa stava parlando, ci chiedevamo solo come mai c’era lui e non il solito sacerdote. “Ma che sta dicendo?” ci chiedevamo di fronte ai giri di parole che scendevano dal pulpito.
Don S. era stato trasferito in fretta e in sordina in un’altra parrocchia. Non ho ancora capito chi è stata la vittima, in quel caso, ma per quanto ne so non ci sono state denunce all’autorità. Magari è stato trasferito per altri motivi?
Siamo tutti bravi a indignarci quando gli scandali scoppiano in TV, ma se ci scoppiano in casa, ci sono mille e una ragione per tenerli nascosti.

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