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La strada nel bosco (Colin Dexter) @SellerioEditore

L’inizio di questo romanzo giallo è fuori dal coro: l’ispettore Morse, infatti, è in vacanza, e ad occuparsi del caso sono rimasti i suoi colleghi, alle prese con un poema che è stato pubblicato sul giornale e che sembra essere stato scritto per dare degli indizi circa la scomparsa, successa un anno prima, di una ragazza svedese.

E anche lo svolgersi della trama è particolare: l’ispettore è uno che si perde nelle proprie fantasie, e spesso nel libro si trovano lettere scritte al giornale da emeriti sconosciuti che cercano di interpretare il poema sulla donzella svedese, spargendo qua e là dubbi ed indizi.

A ciò si aggiunge una fascinosa donna innamorata dell’ispettore, uno scheletro nel punto più fitto del bosco e un giro di pornografia che colpisce alcuni insospettabili.

Non posso dire altro, ma il fatto che in Italia questo giallo sia stato pubblicato da Sellerio già ci dà un’idea sulla particolarità del libro (anche se io lo ho letto nell’edizione spagnola): non è solo una questione di ricerca dell’assassino.

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La scultrice (Minette Walters)

In questo giallo del 1993, uscito in Italia per la Sperling & Kupfer, tutto gira attorno alla giovane Olive Martin, condannata a 27 anni di carcere per aver ucciso e fatto a pezzi la madre e la sorella più giovane.

Rosalind Leigh, scrittrice in crisi con un recente lutto alle spalle, è costretta dalla sua agente ad indagare sul caso.

Quando incontra per la prima volta Olive, l’impatto è subito negativo: la ragazza è obesa, criptica e restia a parlare. È in carcere perché si è dichiarata colpevole ma qualcosa non torna…

Al di là del giallo, l’autrice cerca di indagare come ognuno di noi si lascia fuorviare dall’aspetto fisico di una persona. Infatti, nessuno ha mai messo in dubbio la colpevolezza di Olive perché era molto, molto grassa.

Una persona con un tale aspetto fisico non può che soccombere a qualche tipo di disturbo mentale, così pensano i personaggi di questo romanzo.

Anche al di fuori della finzione letteraria molta gente la pensa così, sebbene cerchi sempre di giustificare razionalmente il proprio giudizio negativo.

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Dentro l’acqua – Paula Hawkins @edizpiemme

Dopo il successo di “La ragazza del treno”, sono stata felicissima quando mi hanno regalato “Dentro l’acqua”. Devo ammettere tuttavia che questo romanzo non mi ha entusiasmato moltissimo.

In breve: Jules deve prendersi cura della nipote Lena perché sua sorella Nel è morta in seguito a una caduta da una scogliera. Si scopre che Nel stava indagando sulla scogliera stessa, facendo domande a destra e a sinistra per scrivere un libro sui suicidi là avvenuti.

A ciò si collega la morte di Katie, amica del cuore di Lena: anche Katie è caduta (o si è suicidata?) dalla scogliera.

Ma bisogna risalire nel tempo per capire le vere ragioni degli ultimi avvenimenti: in ciò, ci aiuta Nickie Sage, una vecchia medium mezza matta che (ovviamente… e qui ecco un altro stereotipo) nessuno ascolta.

La storia e il legame tra gli omicidi è decente, e mi piace l’idea di un luogo in cui vanno a morire donne problematiche (mi piace l’idea delle donne problematiche!), ma secondo me la costruzione generale lascia un po’ a desiderare.

Innanzitutto, il romanzo è diviso in quattro parti: le prime due sono dedicate all’approfondimento psicologico dei vari personaggi. Praticamente: metà libro. Per metà libro non si scoprono intrallazzi né si delineano chiari moventi. Si intuiscono, sì, ma i personaggi sono reticenti, tanto, tanto reticenti. Parlano a metà, non dicono: capisco che sia funzionale al thriller, ma la gente, la gente vera, non fa così. La verosimiglianza deve sempre tenere, anche se non si può rivelare tutto: è questo il difficile dei thriller.

Altro difetto: alcuni personaggi parlano in prima persona, altri vengono descritti in terza. E guarda caso, uno di quelli in terza persona è un omicida. La scelta della persona in questo caso ha dato un indizio indiretto…

Infine: Lena, la figlia di Nel Abbott (una delle donne “cadute” dalla scogliera) è di un’antipatia unica. Lo stereotipo dell’adolescente problematica è noioso, noioso, noioso. E antipatico.

I segreti ti possono tenere la testa sotto il livello dell’acqua?

Mah.

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La donna in gabbia – Jussi Adler-Olsen

Jussi Adler-Olsen

Ecco un altro libro che non avrei mai comprato se non fossi rimasta senza nulla da leggere in vacanza, con solo un’edicola (e pure misera) a disposizione.

Siamo in Danimarca, giorni nostri. Una giovane (ovviamente bella e intelligente e promettente e moralmente ineccepibile) politica viene rapita e rinchiusa in una camera iperbarica per cinque anni, non si sa perché e non si sa da chi. Ogni anno una voce le chiede se conosce il motivo per cui viene tenuta prigioniera, ma lei non ne ha idea, così la puniscono (o spengono la luce, o la riaccendono o modificano la pressione). La minaccia viene verbalizzata quando si scopre chi è il colpevole: farla morire in un giorno preciso ripristinando la pressione naturale (dunque, facendo scoppiare il suo corpo).

L’investigatore che si è messo in testa di indagare sulla scomparsa di Merete Lynggaard, Carl Morck è pigro ma acuto, ed è aiutato da un (forse) siriano molto sveglio (ma misterioso). Il caso gli è stato affidato perché è stato appena aperto un dipartimento deputato alle ricerche su vecchi casi irrisolti.

Prima sciocchezza: l’investigatore prende in mano il caso giusto in tempo per salvare la tipa (e stiamo parlando di cinque anni di prigionia). Seconda sciocchezza: i cattivi in questione, sono troppo cattivi e ridanciani, e gente così vendicativa di solito non dispone fin dalla tenera età della tecnologia necessaria a mettere in pratica i propri sogni di distruzione (questi avevano la camera iperbarica in casa, si può dire). Terza sciocchezza: il fratello della vittima che è celebroleso per un incidente, inizia a parlare nell’ultima pagina.

Potrei continuare. Ma la cosa fastidiosa non è stata tanto la somma delle sciocchezze, quando la tendenza dell’autore a divagare. Per esempio, secondo me si potevano tagliare le parti dedicate al caso parallelo del ciclista, che non c’entra nulla con la donna in gabbia. Oppure, tutte quelle perdite di tempo dovute alla burocrazia, alla descrizione della sfilza di persone da contattare per arrivare a quella giusta, l’attacco hacker…

Insomma, iniziato per forza e finito perché mi dava fastidio lasciarlo a metà (e un po’ perché volevo sapere se la Merete si salvava e chi era che la teneva in gabbia, va bene…)

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