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La trama della vita – Jerome Kagan

Genetica o ambiente?

Ecco di cosa tratta questo saggio di Kagan. Genetica e ambiente sono due fili che si intrecciano fino a dar vita a un tessuto il cui colore è una cosa diversa da quello dei fili che lo compongono: i fili possono essere bianchi e neri, ma il tessuto finale sarà grigio. Ecco perché è così difficile capire da cosa derivano alcuni tratti del nostro carattere: perché predisposizione e cultura sono così ben intrecciati tra loro da perdere la loro identità originaria.

L’influenza dell’ambiente comincia a farsi sentire già dentro alla pancia della mamma:

(…) alcune madri canadesi che nel 1998 erano state esposte a una violenta tempesta di ghiaccio quando si trovavano nel secondo trimestre di gravidanza ebbero maggior probabilità di dare alla luce bambini che presentavano impronte digitali diverse sulle dita corrispondenti delle due mani: un segno di sviluppo disturbato che si riscontra con frequenza in adulti affetti da schizofrenia.

Ma non tutti quei bambini sono diventati schizofrenici da adulti!! (Per la cronaca, la differenza nelle impronte digitali delle due mani ce l’ho pure io…)

La predisposizione però, sebbene non ci possa aiutare nel prevedere come si svilupperà un certo bambino, ci può dire con un buon grado di certezza cosa quel bambino NON diventerà: è raro, se non impossibile, che una personalità sensibile e ipereccitabile (carattere dovuto a una certa conformazione del cervello presente fin dalla nascita) da adulto diventi estroversa ed espansiva.

Kagan scende molto nel dettaglio dell’analisi sia dei fattori genetici (tipi temperamentali, segni biologici, reattività), sia dei fattori ambientali (pedigree familiare, ordine di nascita tra fratelli, classe sociale, etnia, dimensioni della comunità, periodo storico, sesso…).

Vi dirò: per i miei scopi, è sceso anche troppo nel dettaglio. Nonostante alcuni paragrafi fossero interessanti, e anche se ho apprezzato molto i suoi commenti sull’impossibilità di sfruttare la scienza per indirizzare moralmente certe scelte, alla fine il succo di tutto è che genetica e ambiente si mescolano, si mescolano, si mescolano.

Un colpo al cuore me l’ha l’epigenetica: certi eventi significativi nella vita di una persona possono modificare l’espressione genica. E i geni così modificati possono essere trasmessi alla prole.

Dunque, mai dare niente per scontato.

Niente è immodificabile (buddhismo a manetta).

Questo ci dà sempre speranza, ma anche più responsabilità.

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Fuoriclasse – storia naturale del successo (Malcom Gladwell)

E’ interessante vedere come vengono tradotti i titoli nelle varie lingue. In tedesco, il titolo è Ueberflieger, che vuol dire sì fuoriclasse, ma indica più precisamente qualcuno che vola più in alto. E in tedesco è più significativo anche il sottotitolo: Perché alcune persone hanno successo e altre no (mentre in italiano leggiamo “Storia naturale del successo”: dove quel “naturale” è un’aggiunta arbitraria rispetto alla versione originale in inglese).

Ad ogni modo, questo libro non è un saggio di self-help. Anzi, ammetto che ti smonta un po’. Siamo lontani dalle visioni di Tony Robbins, che ti dice che puoi fare tutto ciò che vuoi se ti applichi.

No, Gladwell è molto più realistico: i fuoriclasse sono arrivati dove sono non solo grazie al loro talento e alla loro determinazione (leggi: capacità innate e buona volontà), ma anche, se non soprattutto, grazie a una concomitanza di… possibilità e vantaggi.

Non usa la parola “fortuna“, né tantomeno “culo“, ma il concetto è questo…

Facciamo un confronto con il tormentone dei manuali di autoaiuto che si leggono in giro, e prendiamo l’esempio delle 10.000 ore: ti dicono che puoi diventare un virtuoso di violino, un eccelso giocatore di pallacanestro, un famosissimo scrittore se ti applichi con costanza all’attività che hai scelto. Diecimila ore è la quantità di tempo indicativo che ti serve per arrivare ovunque nella vita.

Dicono.

Ma Gladwell ci fa notare: ok 10.000 ore. Ma per avercele, queste 10.000 ore, devi trovarti nella situazione adatta. Come ci arrivi ad avere tutto questo tempo a disposizione se non sei di buona famiglia, se non hai chi ti aiuta, se devi lavorare dodici ore al giorno per guadagnarti la pagnotta?

Oppure, prendiamo l’esempio dei geni matematici. Gladwell ci fa fare conoscenza con un ragazzo americano, Langan, le cui competenze di calcolo sono eccezionali: un quoziente intellettivo che fa vergognare Einstein, superiore anche a quello di Oppenheimer; Langan si è fatto conoscere al pubblico americano grazie a un quiz televisivo. Eppure questo ragazzo svolge un lavoro umile, uno di quelli con cui hai difficoltà a pagarti il dottore quando serve. Non ha saputo mettere a frutto le sue abilità.

Perché? Perché venendo da un ambiente svantaggiato, non possedeva le competenze sociali necessarie per farsi strada nel mondo universitario. E non è colpa sua se è nato in una certa famiglia e in un certo ceto.

Altri esempio di “condizioni favorevoli” sono l’anno di nascita (a volte anche il mese, per la scelta dei ragazzi nelle squadre di hockey), il ceto di appartenenza, il periodo in cui si frequenta l’università o si apre una certa attività, ecc…

Gladwell porta esempi molto dettagliati, mini-biografie, alla maniera americana.

Non so però se è un libro che può aver… successo. Credo di no, perché questo saggio è uscito in un momento in cui vanno alla grande i libri di self-help che ti dicono che puoi fare tutto quello che vuoi se lo vuoi (addirittura alcuni ti dicono che puoi fare quello che vuoi solo pensandoci), libri scritti da guru che danno speranza, che ti galvanizzano, che ti fanno uscire di casa per andare a correre e perdere quei trenta chili di sovrappeso che ti hanno chiuso le possibilità di trovare la bonazza di turno.

Gladwell è più equilibrato. Più realista.

La massa non vuole realismo, vuole reazioni di pancia, estremismo.

Ecco, in questo io facevo parte della massa.

A me piace la speranza.

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