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Il bordo vertiginoso delle cose (Gianrico Carofiglio) @GianricoCarof

Il titolo, preso da un verso di Browning, è perfetto per questo romanzo: il bordo delle cose è quello su cui si trova il protagonista, Enrico Vallesi, che ripercorre la sua vita nel presente e nel passato, quando andava alle superiori.

La sua gioventù è stata segnata da mille paure: quelle che, una volta arrivato sul bordo di qualcosa, una volta provata la vertigine di guardare in basso, lo bloccavano.

Ha fatto così con la sua vita professionale: ha scritto un libro che ha avuto successo, ha provato l’ebbrezza di diventare uno scrittore che vive delle sue opere e poi non è più riuscito a scrivere.

Ha fatto così con l’amico Salvatore, che lo ha iniziato all’ambiente della sinistra estrema e violenta.

Ha fatto così con Celeste, la supplente di filosofia di cui si era innamorato e che a più di vent’anni di distanza gli resta ancora in testa.

Ma quando, adulto, solo, bloccato, legge sul giornale di una rapina finita male a Bari, sua città di nascita, il bordo delle cose si inclina, e lui scivola verso il destino che non ha mai avuto il coraggio di guardare in faccia.

Molla tutto e parte senza sapere bene perché.

Quando, ragazzo, Vallesi è entrato nel mondo della sinistra estrema, non si era reso conto di cosa lo aspettava.

Si trovò là, in un palazzo fatiscente, in mezzo a giovani che si allenavano alle lotta e all’uso delle armi, senza aver ben chiaro in mente quale era lo scopo finale di tutte quelle attività.

Lui non è andato fino in fondo, si è fermato prima, ma credo che in questo romanzo si spieghi bene come avveniva l’adesione di alcuni estremisti: per amicizia, più che per convinzione politica. La convinzione politica, a volte, arrivava dopo.

E’ un fatto importante, questo, perché si applica a tantissimi ambiti, non sono violenti.

Tu sei là, che leggi, e mentalmente dici a Vallesi: ma che fai, ma non ti rendi conto di cosa può succedere? Però l’essere umano funziona così, a volte anche da adulto.

Lettura piacevole che ti diverte e ti fa pensare.

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Il colibrì (Sandro Veronesi) @lanavediteseoed

Per me è raro leggere il vincitore dello Strega nello stesso anno in cui è stato nominato: di solito compro i libri ai mercatini dell’usato, ma questo mi è arrivato in regalo (finalmente qualcuno che mi regala libri).

A dispetto di quello che si può dire dei premi letterari, per quanto accusati di brogli e favoritismi, il vincitore dello Strega è comunque sempre un bel libro, curato, con una prosa ricercata. Non come i titoli che sono usciti durante il lockdown e che parlavano del lockdown mentre era in corso (ma si può scrivere un buon romanzo in un mese??).

Marco Carrera, oculista, fin dall’adolescenza è conosciuto come il Colibrì, perché è piccolo ma aggraziato. Il nomignolo gliel’ha dato la madre, ma anche quando il suo problema di statura sarà superato grazie ad una terapia a base di ormoni, il soprannome gli resterà attaccato e acquisterà un nuovo significato.

Un colibrì è un uccellino che sbatte le ali settanta volte al secondo in modo da riuscire a restare fermo in volo e non cedere alla forza di gravità. Questo è quello che fa Marco Carrera: subisce una serie di lutti pesanti, non riesce a unirsi alla donna che ama dall’adolescenza, la moglie ha perso la ragione, il fratello non gli parla da anni, eppure trova sempre la forza di andare avanti, non collassa, non cade.

Un romanzo sulla resilienza?

In realtà è un romanzo che parla a tutti noi: a chi non capitano lutti e disgrazie? Eppure ognuno a modo proprio trova in sé le ragioni per continuare a vivere, e, a volte, anche per godersela.

Il messaggio che più mi piace, però, è quello che Marco Carrera e quelli come lui hanno la propria dignità: anche se non correno a destra e sinistra, anche se non si pongono obiettivi grandiosi, anche se non sono costantemente in affanno per raggiungere un obiettivo prestigioso, anche se “stanno fermi”, loro sono dignitosi, loro… valgono.

E’ un messaggio in sordina, eppure potente, che mi richiama alla memoria lo Stoner di Williams.

E’ grazie a questi piccoli esseri coraggiosi se la generazione futura avrà la forza di opporsi a chi negherà la dignità a chi non può rivendicarla con la forza (i deboli, gli immigrati, le minoranze, i disabili…).

O per lo meno così ho interpretato io il libro.

Un breve commento sullo stile: i capitoli non sono in ordine cronologico, la narrazione va avanti e indietro negli anni, fino ad arrivare a un ipotetico 2030.

Non sono d’accordo con molti booktuber che sostengono che la prosa sia semplice e adatta a tutti, anche ai lettori non abituali: sebbene ogni capitolo sia a sé (messaggi telefonici, dialoghi, lettere, prosa “classica”, flusso di coscienza ecc…), il registro medio è piuttosto alto, soprattutto in quelle parti prive di punti per pagine e pagine.

Ma a me non ha disturbato.

L’unica pecca è che devi metterti a leggerlo quando sai che non hai altri impegni: non puoi mollare una frase infinita per andare a mescolare il risotto.

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Ritratto di signora – Henry James

Erano anni che leggevo solo romanzi contemporanei, e passare ad un autore dell’Ottocento è stato quasi uno shock culturale. Dopo poche pagine mi sono addirittura chiesta se ero ancora capace di leggere o se non mi fosse venuto un attacco improvviso quanto precoce di Alzheimer… ma alla fine ce l’ho fatta, e ci ho preso gusto.

Adoro l’ambiente descritto da James: gente che non deve lavorare per vivere e che può passare tutte le sue giornate a chiacchierare, viaggiare, leggere, visitare musei. Che invidia! E quanti miliardari oggi esistono che, non dovendo lavorare, si danno a questi piaceri?

La capacità di James di entrare nella psiche delle persone è inimmaginabile. E’ un grande nel giustificare i cambi di umore e nel descrivere i moti dell’animo. Le sfumature dei pensieri sono tratteggiate così bene che i personaggi sembrano persone reali, e James un chirurgo che sia entrato nelle loro teste per vedere cosa c’è.

La seconda metà del libro l’ho trovata molto più intrigante della prima, e sono caduta dal pero quando ho letto che Pansy non era la figlia della prima moglie di Osmond… ovviamente non ho visto nessun film tratto dal libro, ma ora sarei curiosa di vedere come un regista possa aver reso tutte le sfumature che rendono unico questo libro.

Il comportamento di Isabel, dall’alto della mia appartenenza al ventunesimo secolo, non lo capisco. Si sposta Gilberto Osmond perché si è lasciata irretire dalla sua doppiezza, e quando si rende conto che lui l’ha sposata solo per il suo denaro (è una ricca ereditiera), invece di lasciarlo… torna da lui. Perché?? Perché doveva accettare la responsabilità della sua scelta matrimoniale.

In realtà le ragioni di Isabel sono tutte ben sviscerate da James. Ci troviamo davanti un personaggio molto complesso, che all’inizio è bramoso di libertà e anticonformismo, ma che alla fine, per essere fedele a se stesso, sembra cedere proprio al conformismo. E non si capisce dove sta il limite tra rispetto delle apparenze e rispetto delle proprie responsabilità.

Così Isabel decide di essere infelice, di continuare a vivere con un uomo egocentrico che gode nel farla soffrire. E lo decide a dispetto di tutti i pretendenti che farebbero carte false pur di salvarla da quella situazione.

Non c’è lieto fine. La protagonista nel corso del romanzo non cresce, ma scende.

Isabel è diventata così reale, che quando finisci il libro continui a pensare a lei e a cosa si potrebbe dirle per convincerla a mollare quel sadico di suo marito. Però, pensandoci, alla fine la sua non è debolezza: non resta con Osmond solo per adeguarsi alle aspettative della società. Lo fa perché ha fatto una promessa, perché vuole assumersi la responsabilità della sua scelta. Nel bene e nel male, questa è la sua grandezza.

 

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I Medici – Un uomo al potere (Matteo Strukul)

Lo avevo comprato in vista di un viaggio a Milano in treno (ancora prima che venisse selezionato per il Premio Bancarella), e devo dire che tra andata e ritorno è risultato essere della lunghezza giusta!! (Cioè: l’ho finito che mi mancavano ancora due fermate, ma ho fatto in tempo ad attaccar bottone col vicino e non mi sono annoiata… dramma evitato).

Cercavo qualcosa di leggero, ma che non fosse TROPPO leggero, perché sennò dopo mi vengono i rimorsi per il tempo buttato via. Così ho optato per un romanzo storico, tanto per ripassare un po’ il nostro passato (che, diciamolo, non studiamo più una volta usciti da scuola).

Questo libro fa leggere volentieri, anche se mi chiedo se le scene di sesso erano tutte (ma proprio tutte) necessarie. Forse sì, visto che l’autore si richiama espressamente alla letteratura “popolare”.

Lo stile è molto veloce, composto da frasi, periodi, paragrafi e capitoli brevi, il che facilita la lettura; e poi è interessante il periodo storico, il Rinascimento, mentre i personaggi sono pieni di sfaccettature (Leonardo Da Vinci è uno dei miei miti, non a caso ho chiamato Leonardo mio figlio!).

Un romanzo così è il modo migliore per far ripassare la storia agli italiani.

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