Lo avete visto “Il Collezionista di Ossa” (o avete letto il libro)? Quello dove Denzel Washington è un criminologo disabile bloccato a letto e deve indagare su un serial killer insieme alla poliziotta Angelina Jolie?
Ecco, “Il Valzer dell’impiccato” continua quella storia: i due stanno per sposarsi e stanno pensando ai preparativi, quando entra in scena un altro serial killer, il Compositore, che lascia sul luogo del rapimento della sua vittima un cappio fatto con corde di strumenti musicali.
Di diverso, c’è l’ambientazione: stavolta l’assassino scappa a Napoli ed entrano in scena diversi personaggi delle forze dell’ordine italiane.
Jeffery Deaver ci avvisa fin dall’inizio che non andrà per il sottile in merito alle procedure e sedi delle nostre forze di polizia, ma, sebbene fossi stata avvisata, non pensavo mi desse così fastidio incappare in certe semplificazioni.
Soprattutto mi hanno dato fastidio alcuni luoghi comuni, seppur velati, sui carabinieri e sul carattere italiano in generale. Credo che Jeffery Deaver fosse animato dalle migliori intenzioni: conosce il nostro paese, non voleva offendere nessuno. E’ però prima di tutto uno scrittore/imprenditore, che non poteva non fare l’occhiolino al suo bacino di utenza statunitense, che certe aspettative le vuol vedere realizzate e che è molto più ampio dello sparuto gruppo di lettori italiani.
Se da un lato non mi piace che si parli delle forze armate italiane come un coacervo di rami intricati e in lotta tra loro, dall’altro mi è piaciuta l’entrata in campo della guardia forestale Benelli che all’inizio sembra sulle tracce di un pericoloso criminale e alla fine si scopre che sta cercando un semplice contraffattore di tartufi.
Questo però non è bastato a convincermi a continuare la lettura.
Sospendo a pag. 92 (su 503)